Attualità

Una seconda vita. L’abbazia di Morimondo ritorna alla sua comunità

Giorgio Paolucci giovedì 18 novembre 2021

Particolare dell’abbazia cistercense di Morimondo a sud di Milano, al confine con il territorio di Pavia

Nelle campagne lombarde ci sono gioielli di storia, di arte e di fede che a distanza di secoli continuano a brillare e a mandarci messaggi che parlano al presente. L’abbazia di Morimondo ne è esempio insigne e proprio oggi avviene un passaggio che suona come promessa per una sua ulteriore valorizzazione. Dopo un lungo percorso, viene firmato l’atto di trasferimento della chiesa abbaziale e degli edifici pertinenti dal Demanio (che li deteneva da fine del ’700) al Comune. In questo modo, commenta il sindaco Marco Marelli, «tutto il complesso monastico ritrova la sua unità originaria e torna ad appartenere alla comunità di Morimondo. Dopo il lavoro dell’amministrazione comunale per il recupero e il restauro della parte di monastero acquistata nel 1982, che ha dato una nuova visibilità a tutto il borgo e al territorio assumendo una valenza simbolica rappresentativa, nel prossimo futuro verranno realizzati interventi di valorizzazione della parte che verrà ora trasferita, facendo leva su finanziamenti che di volta in volta verranno concessi».

Particolare dell’abbazia cistercense di Morimondo a sud di Milano, al confine con il territorio di Pavia - .


L’insediamento cistercense vide la luce il 4 ottobre 1134, quando 12 monaci e l’abate Gualchezio giunsero da Morimond, la loro casa madre in Francia, 'figlia' dell’abbazia di Citeaux. I monaci fondatori impiegarono 160 anni per completare il complesso, interrotti da saccheggi e demolizioni. 'Quaerere Deum', cercare Dio attraverso la preghiera ed il lavoro: è il senso della vocazione dei religiosi che abitarono l’abbazia, divenendo artefici di un’imponente opera di bonifica e trasformando le paludi in terreni fertili e dando un forte impulso allo sviluppo agricolo.

Il movimento cistercense, mosso dalla volontà di riportare la vita monastica alla piena adesione alla Regola benedettina, promosse un ritorno alla sobrietà nella liturgia e nel canto e ridiede importanza al lavoro manuale. Nella medesima logica anche l’architettura assunse caratteri semplici e funzionali, segni della povertà e dell’essenzialità della vita monastica interamente affidata a Dio. Gli edifici sono sobri, le proporzioni, la luce e l’acustica fanno da naturale richiamo alle realtà spirituali: qualcuno ha definito l’architettura cistercense un autentico libro sacro scritto nella pietra, che rimanda all’umanità e alla divinità di Cristo.

Particolare dell’abbazia cistercense di Morimondo a sud di Milano, al confine con il territorio di Pavia - .



«Nel corso dei secoli agli edifici originari sono state apportate varie modifiche, aggiunte e rifacimenti, ma la struttura medioevale ha mantenuto un proprio assetto ancora oggi riconoscibile – spiega l’architetto Giovanni Carminati, che insieme al collega Alessandro Rondena, scomparso nel 2015, ha curato i lavori di restauro durati 30 anni –. È stata un’avventura professionale e umana che ci ha segnato profondamente, un’esperienza di immedesimazione con la vita dei monaci e con l’eredità viva che ci consegnano: la capacità della fede di permeare e trasformare tutta l’esistenza e di comunicare bellezza e gusto per ogni aspetto della vita. È un lascito prezioso in questi tempi difficili, un messaggio di speranza e di operosità che viene riproposto a quanti oggi visitano l’abbazia'.

In questa prospettiva opera da tempo l’attività della Fondazione Abbazia Sanctae Mariae de Morimundo, che si propone di valorizzare il patrimonio spirituale e culturale del luogo e del monachesimo cistercense attraverso varie iniziative tra cui visite guidate, laboratori per le scolaresche ed eventi culturali e artistici.