Attualità

La riforma. Italicum, firma anche Alfano

Angelo Picariello giovedì 23 gennaio 2014
La legge elettorale va. A un passo dal ritornare nel pantano, nel pomeriggio - pomo della discordia una norma "salva-Lega" - l’Italicum a tarda sera approda in commissione Affari Costituzionali alla Camera senza grandi modifiche rispetto all’intesa raggiunta fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Il via libera all’adozione del testo base arriva da tutti i partiti "contraenti", ossia tutte le componenti della maggioranza di governo, più Forza Italia. Il voto in Commissione potrebbe esserci già stasera.Il mancato inserimento della clausola "territoriale", che avrebbe consentito l’ingresso in Parlamento a un partito che, pur sotto la soglia minima nazionale avesse superato il 10 per cento almeno in tre regioni (come accade ora col Porcellum) favorisce l’ok al testo del Nuovo Centrodestra, dopo l’irritazione che era trapelata di Angelino Alfano per l’asse preferenziale Fi-Lega che quella previsione sembrava prefigurare. Una situazione imbarazzante, dato che il turno amministrativo in arrivo vede di nuovo insieme nelle realtà locali il centrodestra nell’antica configurazione. Decisiva, per il dietro front del pomeriggio, anche la rivolta nei gruppi del Pd che già faticano a digerire il rientro al centro della scena di Silvio Berlusconi e proprio non erano disposti ad accettare questo "regalo" al centrodestra, mentre a sinistra continua la protesta di Sel, a serio rischio di non rappresentanza. Nelle liste è previsto l’obbligo del 50 per cento per ciascun sesso con il sistema dell’alternanza. Fra le novità introdotte il no alle candidature multiple. Confermate invece le tre soglie (5% e 8% rispettivamente per i partiti coalizzati e per quelli non coalizzati e 12% come minimo per essere coalizione) e il premio di maggioranza del 18% a chi ottiene «almeno il 35% di voti validi del totale nazionale», che avrà così 340 seggi. In caso di ballotaggio invece (quando nessuno raggiunge il 35%) il vincitore otterrà 327 seggi. I seggi verranno assegnati attraverso una ripartizione nazionale, e le circoscrizioni dovrebbero ricalcare per numero ed estensione le province. Ogni circoscrizione potrà esprimere da 3 a 6 eletti. Regolamentata anche l’elezione del Senato, che però nell’intesa dovrebbe diventare non più elettivo con modifica costituzionale. In serata il cambio di passo veniva confermato dalle parole di Matteo Salvini che, fiutata l’aria, rifiutava sdegnato «aiutini» di cui la Lega non avrebbe bisogno. Poi nella riunione del gruppo Pd in Commissione era la responsabile Riforme del partito, la renziana Maria Elena Boschi, a ribadire: «Si va avanti senza modifiche e tutti i capigruppo ci metteranno la faccia», diceva ai suoi. Ma nella maggioranza resta molto critica la posizione dei popolari Per l’Italia e dei montiani di Scelta civica che considerano il loro via libera solo "tecnico", ma non si co-intestano il testo e si riservano emendamenti su vari punti. Emendamenti sui quali preannuncia convergenza anche il Ncd. In particolare, fra i profili indicati a rischio di costituzionalità, come insiste a far notare il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, c’è il pericolo, che permane, di far lievitare di oltre il doppio i voti del partito-guida in caso di non superamento della soglia da parte dei partiti alleati. Soglie che sono ancor più elevate per i partiti non coalizzati. «Intere aree sociali, e non solo al centro, rischiano di restare senza rappresentanza e non è un bene», segnala Andrea Olivero di Per l’Italia. Ora ci saranno 24 ore di tempo, o poco più, per presentare gli emendamenti. In ballo anche la proposta di introdurre la preferenza, sulla quale anche la minoranza Pd, complice il voto segreto, potrebbe dare battaglia.