Attualità

Italia-Francia, braccio di ferro sui migranti

Marco Iasevoli martedì 16 giugno 2015
Uno scontro duro, lontano dal politicamente corretto. La Francia attacca, Renzi risponde con parole pesanti. «Non devono passare, è l’Italia che deve farsene carico», dice il ministro dell’Interno transalpino Bernard Cazeneuve a proposito dei migranti bloccati da giorni a Ventimiglia. «I toni muscolari non aiutano, nessun egoismo nazionale può chiudere gli occhi. Se come Europa non saremo solidali tutti insieme, siamo pronti a fare la nostra parte da soli. Siamo un grande Paese, non abbiamo paura», replica il premier italiano. La tensione tra Stati cresce a dismisura. Il peso dei populismi che dettano la agende interne influenza i governi. E il 'pressing' sui primi ministri sarà sempre più forte sino al fatidico Consiglio Ue del 25 giugno, in cui occorrerà - sul serio e senza balbettamenti - decidere cosa fare. L’Italia continua a lavorare perché l’Europa non vada incontro ad una disfatta, Renzi domani vedrà Cameron e domenica avrà un faccia a faccia cruciale con Hollande. Ma per il momento un buon esito è lontano. Specie se si usano toni come quelli degli Interni francesi, che quasi 'dettano' la linea all’Italia: «Le regole di Dublino vanno rispettate. I migranti registrati in Italia devono restare lì. Su 8mila che hanno varcato la frontiera ne abbiamo riportati in Italia 6mila. Questo va fatto per garantire l’accoglienza dei rifugiati». Il 'serrate le fila' di Parigi è contro i migranti economici, e Cazeneuve si spinge a dire come dovrebbe muoversi Roma: «Bisogna che l’Italia accetti di creare dei centri», prosegue, per distinguere chi scappa dalla miseria (i quali dovrebbe essere rispediti nel Paese d’approdo) dai rifugiati e da chi ha diritto d’asilo. «Ma non abbiamo bloccato le frontiere», chiude il ministro francese. Su quest’ultimo aspetto, però, la stessa Ue non sembra convinta, al punto che la Commissione ha ordinato delle «verifiche» sul rispetto di Schengen. «Siamo al corrente dei controlli che stanno avvenendo alle frontiere dell’Italia con Francia, Austria e Svizzera, e ricordiamo che tutti gli Stati membri devono rispettare gli accordi di Schengen e le norme Ue sull’asilo». Renzi però ad un piano alternativo ci sta pensando sul serio, anche se ha ordinato ai suoi di mantenere l’assoluto riserbo. «L’Italia non può consentire alla Francia, come a nessun altro, di avere le navi nel Mediterraneo e di lasciare i migranti in Italia. O è un problema europeo o siamo in grado di affrontare da soli questa problematica», dice a margine del bilaterale con il presidente messicano Enrique Pena Nieto. La verità è che a Palazzo Chigi stanno già lavorando ad un piano di accoglienza nazionale per l’elevata quota di migranti che resterà in Italia, a prescindere da ogni accordo sulle quote, sui rimpatri e su altre soluzioni di cui pure si parla come i permessi umanitari temporanei. L’ipotesi che sta balendando nella testa del premier è quella di nominare un ministro dell’Immigrazione, perché il Viminale e le forze dell’ordine sono in affanno. Un piano con soldi veri, da mettere in legge di stabilità e sui quali si potrà chiedere eventualmente lo scomputo dal calcolo del deficit, specie se l’Ue farà troppo poco. Il premier sta camminando su un campo minato. È consapevole che la linea politica leghista ha attecchito, e anche M5S ha trovato in questo tema il tallone d’Achille dell’esecutivo. Ma Renzi non vuole allinearsi, è convinto di dover dare al Paese un’altra prospettiva. Dimostrare che il governo gestisce il fenomeno e non lo subisce. E non dare ai cittadini l’impressione che ci siano in giro, incontrol-late, decine di migliaia di persone. Invece ci vuole una strategia per accogliere, selezionare, orientare, per liberare strade, piazze e stazioni. Un altro aspetto della strategia del 'facciamo da soli' potrebbe essere un potenziamento della cooperazione con i Paesi di transito, sempre chiedendo a Bruxelles di non computare sul deficit la spesa per prevenire i viaggi della speranza. Più difficile immaginare che il piano-B sia un’iniziativa di politica internazionale unilaterale, come piantare campi profughi a Tobruk coperti da incursori italiani senza che sia arrivata a un punto la difficile trattativa Onu con i due governi libici. Così com’è difficile immaginare che l’Italia si metta a presidiare il Mediterraneo da sola come qualche mese fa o che si avventuri in iniziative di polizia contro gli scafisti 'non coperte' dal consenso internazionale. L’ambizione, il 'piano A', resta ovviamente un’azione comune Ue. I fronti intanto si accavallano. Ieri Renzi ha avuto un faccia a faccia con Alfano in vista del vertice tra ministri dell’Interno di oggi. Anche l’Onu è tornata a farsi sentire: l’Alto commissario per i Diritti umani Zeid Ràad Al Hussein ha esortato l’Unione europea a compiere «passi coraggiosi»: l’Ue, spiega Zeid, dispone delle capacità per «dare rifugio, su un certo numero di anni, a un milione di rifugiati sfollati dai conflitti in Siria e altrove». Dal punto di vista dell’iniziativa internazionale, è giunto al Comitato militare europeo anche il piano da 1.200 pagine redatto dal controammiraglio Enrico Credendino per combattere il «business model» degli scafisti. Se ne discuterà al coordinamento dei ministri degli Esteri.