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Appello delle ong. «Italia ripensaci, il Trattato contro il nucleare non è anti-Nato»

Luca Liverani venerdì 1 dicembre 2023

L'intervento di Alessja Trama al Palazzo di Vetro

L'appartenenza alla Nato non basta a giustificare il no dell'Italia all'adesione al Trattato per la messa al bando delle armi atomiche. Se la miglior difesa è l'attacco, la società civile impegnata per il disarmo nucleare alza l'asticella. La campagna “Italia, ripensaci” - promossa da Senzatomica e da Rete italiana pace e disarmo - lancia un appello perché l'Italia compia passi concreti per il disarmo nucleare. E lo fa alla II Conferenza degli stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw), nella sede delle Nazioni Unite di New York. Secondo il sondaggio Ican del 2021, l'87% degli italiani vorrebbe aderire al Tpnw, il 74% vorrebbe le testate nucleari fuori dal territorio nazionale. E il no alle atomiche nel mondo non si arresta: prossima l'adesione dell'Indonesia, quarto paese al mondo per popolazione.

La deterrenza nucleare - sottolineano le organizzazioni pacifiste italiane - non è nel trattato fondativo dell'Alleanza atlantica: prima del 2010 nei documenti Nato non si è mai parlato di armi atomiche. Una scelta politica, quindi suscettibile di mutamenti. Ad affrontare il nodo, intervenendo nella sessione della Conferenza dedicata all’universalizzazione del Tpnw a tutti i Paesi del Mondo, è Alessja Trama, coordinatrice delle politiche e della ricerca di Senzatomica. L'attivista conferma il sostegno alla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican, Premio Nobel per la Pace 2017), ma va dritta al cuore del problema, indicando il ruolo cruciale degli Stati parte del cosiddetto “ombrello nucleare”. Cioè di quei Paesi che, come l’Italia che ospita testate nucleari statunitensi negli aeroporti militari di Ghedi (Bs) e Aviano (Pd) - cioè Germania, Belgio, Paesi Bassi - ritengono di poter costruire la propria sicurezza sulla presenza degli arsenali nucleari e della loro minaccia.

«In molte occasioni, anche durante questo incontro, i membri della Nato hanno affermato di non poter aderire al Tpnw perché sarebbe in conflitto con i loro obblighi verso l'Alleanza atlantica. Ma che dire dei loro obblighi verso le Nazioni Unite? E verso i loro cittadini?», sottolinea Alessja Trama nella dichiarazione letta in plenaria. «La decisione di firmare e ratificare questo Trattato, come qualsiasi altro, deve essere presa su base nazionale, in modo libero e indipendente - aggiunge - e non dettata da un’istituzione sovranazionale o dai suoi membri dotati di armi nucleari».

La stessa sottosegretaria agli Esteri Maria Tripodi, dichiarando alla vigilia del vertice l'indisponibilità del governo italiano a partecipare alla Conferenze anche solo come paese osservatore, il 23 novembre aveva comunque detto che il governo italiano «condivide con gli Stati parti del Trattato l’obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari» e apprezza «il ruolo svolto dai Parlamenti e dalla società civile per il raggiungimento di questo obiettivo». Una risposta sollecitata dall'interrogazione della deputata del Pd Laura Boldrini, prima firmataria della risoluzione - votata all'unanimità a luglio, che chiedeva appunto al governo di valutare una propria presenza alla Conferenza dei paesi Tpnw a New York. L'ostacolo insormontabile sarebbe dunque l'adesione alla Nato. Quello che hanno detto con forza, intervenendo alla Conferenza, i rappresentanti di Germania e Belgio, ribadendo la necessità della «deterrenza nucleare». Più possibilista la posizione della Norvegia.

Ma per l'esponente di Senzatomica «il Trattato Atlantico non menziona le armi nucleari, mentre al contrario parla dell’importanza della democrazia e dello Stato di diritto». La Nato - ricorda - riconosce da tempo che il controllo degli armamenti e il disarmo svolgono un ruolo importante nella promozione della pace nella regione euro-atlantica: «Eppure sta scoraggiando i suoi membri dall’aderire al Tpnw. È tempo che i membri della Nato dimostrino una leadership di principio sul disarmo nucleare, come alcuni hanno fatto in passato», ha sottolineato Trama.

Aderendo al Tpnw, invece, «gli Stati Nato possono costruire una nuova norma globale contro le armi nucleari, contro la proliferazione e la corsa agli armamenti nucleari, aprendo percorsi per il disarmo». Senza dimenticare, sottolinea, «l’enorme contributo che potrebbero fornire agli sforzi compiuti nell’ambito del Tpnw per l’assistenza alle vittime e la bonifica dell’ambiente». In questo contesto, «la posizione dell’Italia è fondamentale. La presenza di armi nucleari statunitensi sul territorio italiano rappresenta un paradosso per l’aspirazione collettiva a un mondo libero dal nucleare», è stata la conclusione nella Trusteeship Council Chamber del Palazzo di Vetro. L’Italia con l’approvazione del Tpnw potrebbe «allineare la sua posizione internazionale alla crescente richiesta interna di disarmo e di adesione ai trattati internazionali, dedicati alla dignità umana e alla sicurezza globale».