Attualità

ETNIE E INTEGRAZIONE. Guarnieri: «La terza generazione ora vuole integrarsi»

Paolo Lambruschi venerdì 2 agosto 2013
Aria nuova nel movimentato associazionismo di rom, sinti e camminanti Cresciuto con l’arrivo di circa 30 mila balcanici arrivati dalla ex Jugoslavia 20 anni fa e altrettanti rom romeni giunti tra il 1995 e il 2007. Pochi sanno infatti che  grazie alle maternità precocissime c’è nei campi e sul territorio una larghissima presenza di "immigrati di terza generazione", ragazzi nati in Italia da genitori, a loro volta nati in Italia, ma tutti privi di una autorizzazione stabile al soggiorno. Tra i balcanici c’è poi un’alta percentuale di apolidi emigrati per fuggire dalle guerre degli anni Novanta e dalle persecuzioni etniche, casi che le autorità governative italiane non hanno tutelato obbligando i richiedenti a esibire un certificato di iscrizione anagrafica nel proprio Paese nonostante siano nati in Italia. Basta parlare con Nazzareno Guarnieri, rom abruzzese di 60 anni, una laurea in psicologia e cento mestieri alle spalle, per avere uno sguardo obliquo e prospettive innovative sui problemi dei rom. Presidente della Fondazione Romanì, sta girando l’Italia per lanciare la campagna nazionale "Tre erre", che sta per "Rispetto per te stesso, rispetto per gli altri e responsabilità per le tue azioni". Un programma, più che una campagna.«Senta - attacca - sono decenni che il mio popolo è rappresentato da attivisti che fanno i rom per professione. Quanti soldi sono stati spesi per progetti mai decollati? I campi sono una vergogna, da quanto se ne parla? Eppure sono ancora lì. Non parliamo dei problemi di abbandono scolastico o delle difficoltà ad avere un alloggio popolare, come pure ci spetterebbe. Finora c’è stato molto assistenzialismo e inefficiente per giunta, Il punto è che se sei un’attivista a tempo pieno e vivi di progetti, forse ti interessa di più la tua ideologia che non trovare una soluzione. Noi vogliamo ribaltare la situazione e parlare di cittadinanza attiva anche tra i rom».Attraverso quale strada? «La nostra campagna parte dalla persona, dal rispetto di sé e degli altri e dalla responsabilità Vogliamo formare 15 giovani attivisti che abbiano terminato gli studi superiori o corsi di laurea, ci sono diversi rom che studiano, che abbiano una loro professione e si dedichino nel tempo libero al loro popolo. Che siano insomma leader, in grado di mettere l’interesse comune prima del proprio collaborando con le amministrazioni, ma con maggiore indipendenza. Partiamo lanciando messaggi nuovi, ad esempio dalla nostra cultura. Sul nostro sito c’è già il numero zero della nostra rivista. E l’anno prossimo lanceremo una campagna biennale per ottenere lo status di minoranza linguistica».