Attualità

Intervista. Lorenzin: «Un piano per la natalità»

Arturo Celletti venerdì 21 marzo 2014
«I risparmi sulla sanità verranno reinvestiti nella sanità. Tutti, non una parte. Tutti quei 10 miliardi che recuperemo nei prossimi tre-quattro anni». Beatrice Lorenzin per qualche istante resta in silenzio. «Potevamo utilizzarli per tagliare le tasse, ma abbiamo deciso che c’è un interesse superiore: la salute». I primi minuti sono un monologo del ministro sulle sfide che prendono forma dietro il Patto per la Salute. Lorenzin le racconta con numeri e con immagini. «A giorni vedrò Padoan (il ministro dell’Economia, ndr) per la stretta finale e a maggio si chiude. Ma serve determinazione e buona fede. Quella del Mef e quella delle Regioni». L’ufficio del ministro è grande e arredato con sobrietà: c’è un divanetto di pelle chiara e una scrivania piena di documenti e con le ultime agenzie di stampa. Parliamo di tagli alla spesa, di Terra dei fuochi, di lotta all’azzardo, di corruzione nella sanità. E anche di stile di vita. «Alimentazione corretta e un po’ di sport ogni giorno ti allungano la vita. Ma io dovrei stare zitta: mangio in modo assolutamente sballato, non so più cosa sia una palestra, insomma sono un pessimo esempio. Ma ora devo ricominciare a prendermi cura di me oltre che degli altri». Ride Beatrice Lorenzin. Solo per qualche secondo. «Sul diabete con un corretto stile di vita si possono risparmiare fino a tre miliardi di euro ogni anno. E invece stili di vita sbagliati creano danni drammatici. Se uno beve, mangia grasso, fuma, rischia di ammalarsi seriamente e presto. E allora dico: la nuova frontiera è l’educazione». Ministro che vuol dire recuperare 10 miliardi dalla sanità e reinvestirli nella sanità? Vuol dire fare una rivoluzione. Basta sperperi, basta cattive gestioni. Le faccio un esempio: la razionalizzazione delle degenze ci porterà 900 milioni in tre anni per fare i nuovi Lea e inserire le malattie rare, oggi ignorate. Abbiamo giganteschi margini per recuperare fondi e reinvestirli in tecnologia, ricerca, risorse umane. Sono questi i pilastri. Abbiamo il dovere di rendere le strutture sempre più all’avanguardia, di rimettere a posto gli ospedali, di potenziare la medicina del territorio. E poi pensiamo a un’altra emergenza che va superata: abbiamo il blocco del turn over, i medici giovani non entrano più. Non bastano e non servono parole: serve un’immediata risposta e Economia e Regioni devono fare la loro parte, altrimenti la Sanità rischia di diventare un dramma sociale.Si spieghi...La forza del nostro sistema sanitario è che diamo sanità a tutti su tutto il territorio; diamo i farmaci più costosi e innovativi. E senza distinzione d’età. Un malato di ottant’anni ha lo stesso diritto a essere curato di uno di venticinque. Ora però siamo a un bivio e senza una vera rivoluzione ci sarà chi comincerà a interrogarsi se è giusto spendere migliaia di euro per "regalare" tre anni a un vecchio senza lunghe prospettive di vita. Io questa scelta non l’accetto, questa è eutanasia. Non ci sto a interrogarmi se trapiantare solo un giovane. È terribile pensare che una parte della società rischia di essere abbandonata perchè mancano risorse e c’è l’obbligo di scegliere.Anche Napolitano parla di fine vita e propone un dibattito in Parlamento.Serve un dibattito vero in Parlamento e nel Paese. Un dibattito sensibile alla sofferenza dei malati, su come aiutarli e su come sostenere la vita in tutti i suoi aspetti e in tutti i suoi momenti. Cerchiamo però di parlarne pensando alle persone, con umanità e compassione, senza cadere in uno scontro tra ideologie che non serve.Pensare alla vita vuol dire pensare anche ai bambini...Già, i bambini. Devono tornare a nascere e serve educare alla maternità. Ho in testa una nuova sfida, un grande piano nazionale di fertilità. Il crollo demografico è un crollo non solo economico, ma anche sociale. È una decadenza che va frenata con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie. Bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema, bisogna prendere decisioni per aiutare la fertilità in questo Paese e io ci sto lavorando. Sia chiaro: nessun retropensiero e nessuno schema ideologico, ma dobbiamo affrontare il tema di un Paese dove non nascono i bambini.Aiutare a nascere vuol dire anche pensare alla famiglia...L’abbiamo chiaro qui al ministero della Salute. E le voglio rispondere con i fatti: siamo decisi a rimettere mano ai ticket sanitari tenendo conto dei carichi familiari. Serve una svolta di equità. Le famiglie hanno pagato in questi anni di crisi il prezzo più duro. E con loro le fasce deboli. Disoccupati e cassintegrati ora non devono pagare.Anche questa sfida sarà operativa con il patto sulla Salute?Esatto e per questo serve essere chiari. Il patto deve essere quantificato dal punto di vista del valore monetario, qualificato dal punto di vista del progetto e misurabile: bisogna accettare dei sistema di valutazione che ci permettano di fare un bilancio non tra tre anni, ma passo dopo passo. Io voglio una verifica in tempo reale e se non lo fanno, sarà il ministero a muoversi a livello centrale.Nel patto ci sarà anche una dichiarazione di guerra al gioco d’azzardo?Il gioco d’azzardo è un dramma vero, un problema sociale che si è trasformato in emergenza sanitaria. E allora nei nuovi Lea ci sarà la ludopatia: sfideremo il gioco non a chiacchiere ma in modo concreto con l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. E questo vorrà dire che ci saranno risorse per curare una dipendenza come alcol e droga. I malati di gioco vanno seguiti. Ci sono famiglie sul lastrico, serve assistenza psicologica.Ministro la terra dei fuochi è un’emergenza o no?È un’emergenza drammatica e qui nessuno minimizza. Questo è un governo che si è mosso con decisione, io non mi sono accontentata dei report dell’Istituto superiore di sanità che ho letto e che non hanno dato risposte sufficienti alla popolazione. Quei dati non bastano a me e non bastano alla gente che ha paura. La gente ha paura?Le racconto un episodio: ero in treno e per caso c’era nel mio vagone un gruppo di medici di Acerra. Mi hanno spiegato come la popolazione vive il dramma. Uno mi ha raccontato un episodio: "Un bambino aveva mal di testa da due giorni e la mamma e il papà erano talmente spaventati che hanno preteso che gli si facesse una tac. Temevano che avesse il cancro...". Vede, noi non possiamo ignorare i segnali che ci vengono dal territorio e lo screening di massa servirà a questo: a evitare che si viva nel terrore. Abbiamo messo solo su Terra dei fuochi e sulla questione Ilva a Taranto 50 milioni di euro. L’Istituto superiore di sanità sta lavorando e a giorni si capiranno nei dettagli gli esami che andranno fatti. È un lavoro imponente, ma in pochi mesi avremo la verità e se l’emergenza sarà confermata interverremo con un’operazione di massa e con i migliori medici.Saviano accusa il governo di minimizzare...Questo è il primo governo che ha fatto un provvedimento eccezionale e senza precedenti, i processi alle intenzioni sono inaccettabili. Screening di massa così non si sono mai fatti prima, senza tenere conto del fatto che i fondi per la prevenzione sono gestiti normalmente dalle Regioni. E ora tutte le altre mi chiedono di fare lo stesso anche da loro. La Terra dei fuochi è un’emergenza e non mi fermo, non sottovaluto. C’è la salute della gente e ci sono i prodotti agricoli: chi coltiva sui siti a rischio o fa a sue spese le analisi con l’Istituto superiore della sanità o non mette i prodotti sul mercato. Insomma stiamo lavorando con serietà e rigore e non serve disfattismo ma un controllo attento e costruttivo dell’operato delle istituzioni. La popolazione è la sentinella migliore, ci aiuti a controllare, ci dica "guardi ministro la regione non ha fatto ancora questo o quello", ci guidi nell’azione di controllo. Il mio telefono è sempre acceso. Ma processi preventivi no, questi davvero sono inutili. È un disfattismo nazionale che non fa mai vedere nulla di positivo.Ministro la Sanità è ancora malata e la politica ha colpe vere...È così: dove c’è un problema di Sanità in Italia c’è un problema di manager e di governance. Non sono mai i medici i colpevoli, è la politica che per anni ha riempito la sanità italiana di cattivi manager dandogli obiettivo falsi ed ecco il risultato: mezza Italia è commissariata. Le Regioni gestiscono la sanità ma devono farlo puntando al merito. Poi chi sbaglia paga e noi anche su questo abbiamo idee. Il manager che non funziona o va a casa o viene affiancato da una task force decisa dal ministero che in pochi mesi potrà rimettere a posto le cose. Sarà così perchè l’Italia deve voltare pagina e perchè la salute è una priorità che ci impone un cambio di passo: privilegi e posizioni di potere verranno scardinati e i diritti dei cittadini torneranno al centro dell’azione politica.