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Intervista. De Luca: «Governo centralista, altro che autonomia»

Angelo Picariello venerdì 24 novembre 2023

«Questo governo si è dimenticato del Sud». Vincenzo De Luca nel giorno in cui gli arriva un durissimo attacco, attraverso un comunicato, che definisce «audace», di 14 esponenti del governo di cui 9 ministri (che lo accusano di «atteggiamento menefreghista» su Caivano dove, assicurano, «la bellezza prevarrà sulla bruttezza»), se la cava con laconica ironia: «La nota conferma che a Caivano sono stati avvistati 14 membri del governo», ironizza il governatore campano, che in mattinata aveva parlato di «pellegrinaggio di ministri, abbiamo installato una tenda della Protezione civile, - aveva aggiunto - li ospitiamo lì». Poi, arrivata la replica del governo, attacca fra i firmatari il «ministro-ferroviere», lo definisce così, Francesco Lollobrigida: «Il testimonial scelto non appare adeguato all’obiettivo», dice.


Lei denuncia, fra l’altro, la paralisi totale sui fondi di Sviluppo e coesione per il Sud.

Su questo ci sono stati ritardi gravi già da parte del governo Draghi, che avrebbe potuto approvarli ad agosto scorso. Ma quello che sta facendo il governo Meloni è al di là del bene e del male. È un delitto tenere bloccati da un anno e mezzo oltre 20 miliardi destinati al Sud.

In tre anni di emergenze il divario del Sud è aumentato?

È in atto un fenomeno drammatico di nuova migrazione dal Sud: stiamo perdendo giovani laureati e diplomati. Non si riesce a superare la logica della “spesa storica”. Il Pnrr ha tradito la sua ragione di fondo: ridurre il divario Nord-Sud sul piano infrastrutturale, occupazionale e di genere. Il 40 % di risorse al Sud è inesistente. Ormai le politiche di coesione non esistono più.

E ora si annuncia l’autonomia differenziata. Come giudica questo governo che l’attacca così pesantemente?

È un governo ammalato di “annuncite”: il Sud è cancellato. Si centralizza tutto sulla presidenza del Consiglio creando una palude burocratica impressionante, altro che autonomia. Anche noi l’abbiamo chiesta, ma siamo fermamente contrari al progetto Calderoli. Per completare il quadro: si tagliano le pensioni oltre i 1.700 euro; e i grandi servizi di civiltà (sanità pubblica, scuola e trasporto locale) sono fortemente penalizzati. Quanto allo stile istituzionale di questo governo, siamo a livelli imbarazzanti.

Lei accusa il Pd di giocare a fare “lotta continua”, senza visione di governo. La contromanovra è un primo segnale diverso?

Non è una contromanovra. Una proposta di governo alternativa deve avere contenuti definiti e coperture finanziarie certe. È importante, tuttavia, cominciare ad assumere atteggiamenti che rendano credibile una forza di opposizione. Intanto, occorre contrastare, nel merito, i tagli alle pensioni e la clamorosa insufficienza dei fondi sanitari, rispetto ai quali verificheremo la coerenza di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, nel momento del riparto del fondo sanitario nazionale.

Il Pd, lei denuncia, non parla più ai territori e ai ceti più disagiati.

Il Pd deve partire dal mondo del lavoro e dalla povera gente; ma deve darsi un programma in grado di parlare alla maggioranza della società italiana; ai ceti imprenditoriali e professionali; e deve colmare vuoti programmatici clamorosi: sicurezza, riforma della giustizia, eliminazione della palude burocratico-amministrativa e del numero chiuso a Medicina, piano per il lavoro al Sud….

Tuttavia lei nel Pd ha detto di credere ancora.

Quella del Pd è un’operazione politica importante nata dal crollo delle grandi ideologie, dal frantumarsi dei blocchi sociali, dalla crisi delle grandi organizzazioni politico-sindacali. Non è la “sinistra”: è il “partito democratico”, con una componente interna di sinistra, ma esprime una sintesi fra le grandi culture democratiche del Paese.

Ma il Pd è ancora un posto per cattolici?

Il Pd deve tornare alle ragioni originarie: una forza politica laica in cui la tradizione politica e culturale del cattolicesimo democratico non è un optional, ma parte essenziale. Senza questa sensibilità e questi valori, il Pd non esiste. Questo vuol dire, ad esempio, affrontare senza ideologismi il tema dei diritti civili; capire che quando si affrontano questioni dai risvolti etici profondi (maternità surrogata, omotransfobia…) occorre sensibilità, capacità di ascolto e rispetto.

Non scarseggia un po’ anche una cultura di pace, in questo Pd?

Mi ha colpito in questi mesi il cinismo e l’indifferenza con cui anche il Pd si è rapportato al “tema guerra” e alle tragedie delle popolazioni civili. Sembrano diventati tutti iperrealisti. Non si comprende che oggi la priorità è il cessate il fuoco dovunque ci siano conflitti. È straordinaria la testimonianza di papa Francesco. Mi sembra, al di là delle apparenze, la più realistica e foriera di risultati possibili. Ricordo con orgoglio il fatto che la Regione Campania, un anno fa, ha promosso una grande manifestazione per la pace, con la parola d’ordine “cessate il fuoco”.

Insomma, questo nuovo Pd proprio non le piace.

Il “nuovo” Pd è quello vecchio. Il rinnovamento vero dovrebbe partite da una domanda: chi lo ha portato al disastro elettorale? Chi ha scelto programmi e alleanze in questi 10 anni; chi porta la responsabilità di aver consegnato l’Italia a gente francamente improbabile? Non si può parlare di rinnovamento se i responsabili dei disastri politici sono tutti in campo, come fossero turisti svedesi.

Nel presentare il suo libro “Nonostante il Pd” mostra grande attivismo. Quale è il suo obiettivo? Se lo chiedono in molti.

È quello di far vivere le ragioni di fondo del Pd. Una grande forza politica nazionale è indispensabile perché un’opposizione forte e autorevole consolida la democrazia italiana, ed è necessaria in un Paese segnato da fratture profonde territoriali e sociali. Ma ho anche l’obiettivo di combattere il correntismo volgare, l’ipocrisia, la presunzione di superiorità morale ancora presente nel Pd. E ho anche l’ambizione di trasmettere ai giovani che vogliono impegnarsi in politica il principio a cui io mi ispiro da sempre: e cioè, che la verità viene prima delle bandiere di partito.