Attualità

Migranti. Monsignor Perego: «Cie e profughi, cambiare passo»

Paolo Lambruschi lunedì 30 dicembre 2013
Il primo scorcio del 2014 deve portare passi concreti nell’agenda migratoria in Italia e in Europa. A partire dall’attenzione alla forte mobilità dei giovani, al dramma delle famiglie rifugiate, alla partecipazione dei migranti alla vita sociale e politica. In concreto, i prossimi quattro mesi devono servire per riformare la Bossi-Fini e varare le legge sull’asilo. Lo chiede la Fondazione Migrantes che rilancia le parole di Papa Francesco e chiede provvedimenti che cancellino la vergogna di due tragedie del 2013: i 366 profughi annegati a Lampedusa e i sette lavoratori cinesi morti nella fabbrica di Prato. «La questione dei profughi, del traffico di esseri umani e della tratta e la gestione dei flussi migratori che comprende il lavoro forzato degli irregolari – spiega don Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione della Cei – vanno affrontate in chiave di politica nazionale ed europea. Perciò il tempo che ci separa dalle elezioni europee della prossima primavera rappresenta un momento importante per passare dalle parole ai fatti, salvando la qualità della democrazia d’Europa dagli assalti estremisti. Lampedusa con i suoi morti ricorda il dramma delle guerre alle porte dell’Europa, dimenticate, tollerate e spesso alimentate da armamenti europei, ma anche l’incapacità di leggere e gestire un nuovo fenomeno di mobilità. Prato, con i lavoratori di origine cinese morti sul lavoro ricorda la necessità di una nuova battaglia sociale che riparta dai diritti dei lavoratori e rinnovi anche le regole dell’economia».Sospesa per ora la protesta di Ponte Galeria cosa va fatto per risolvere la questione dei Cie?Il tema non riguarda solo la politica italiana. I Cie sono uno strumento condiviso del governo europeo dell’immigrazione con tempi diversi di trattenimento dei migranti. Ad esempio ritengo importante l’idea di diminuire in Europa da sei a due mesi la permanenza. Poi bisogna superarli, è sbagliata l’idea securitaria di reclusione di chi non ha documenti o permessi. Il riconoscimento dell’identità si può effettuare ugualmente in carcere se uno ha compiuto reati o in un centro di accoglienza. Il rafforzamento dell’identificazione sociale è il primo passo per l’inclusione. A Ponte Galeria ad esempio convivono reclusi, richiedenti asilo e vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo. Questo crea situazioni esplosive. L’associazionismo cattolico con l’iniziativa "L’Italia sono anch’io" da due anni lotta per la cittadinanza e il voto amministrativo per i migranti. È il momento di cambiare la legge Bossi-Fini? Non solo, è tempo di rivedere tutta la questione migratoria. La Bossi-Fini va cambiata per favorire in campo lavorativo l’incontro tra domanda e offerta. Ma serve poi una legge autonoma sull’asilo, o più in generale sulla protezione internazionale sussidiaria e umanitaria. Bisogna cambiare quindi la legge di cittadinanza concedendola al figlio di stranieri che studia nelle nostre scuole e a chi è nato in Italia dal migrante che vi lavora regolarmente da anni. E a questi soggetti va riconosciuto il diritto di voto amministrativo. Ogni forma di esclusione, di privazione dei diritti produce le nuove vergogne denunciate da Papa Francesco.