Attualità

Intervista a Corrado Passera. «Riforme senza logica Renzi? È vecchia politica»

Eugenio Fatigante giovedì 17 luglio 2014
C’è un aspetto che più di tutti tormenta Corrado Passera: «Ho la sensazione, per non dire la certezza, che qui si punti a cambiare solo in apparenza. Ma cambiare per cambiare non è un valore, bisogna cambiare per migliorare. Le pseudo-riforme di Renzi di nuovo non hanno niente. Si cambia senza ragionare sui contenuti. E questo è un gran problema». In una sosta romana del tour di presentazione del suo libro Io siamo (lunedì sarà a Napoli), parallelo alla costruzione del movimento "Italia Unica" che vedrà in autunno l’assemblea fondativa, l’ex manager-banchiere-ministro mostra tutto il suo scontento per lo stato dell’economia e delle riforme in discussione.L’Italia non è mai stata così vicina a cambiamenti istituzionali. Cosa c’è che non va?C’è che siamo riusciti a peggiorare il Porcellum con l’Italicum. E a mantenere un simil-Senato che rischia di allungare il processo legislativo, anziché snellirlo. A questo punto, meglio mantenere una sola Camera. E proprio non riesco a capire perché non si sceglie il vero doppio turno. L’Italicum è una riforma elettorale che obbliga invece ad allearsi fin dal primo turno, mentre in tutto il mondo ci si presenta da soli e solo dopo si fanno le alleanze.E come se lo spiega?Perché così tutti devono piegarsi ai padroni della vecchia politica, che continuano a manovrare le leve.Anche Renzi è secondo lei un padrone del "vecchio mondo", come Berlusconi e Verdini, più che un alfiere del nuovo?È così. Arrivato a Palazzo Chigi, ha puntato molto sulle riforme istituzionali, mettendo in piedi un meccanismo fatto su misura per le sue esigenze, per cui un partito del 20% può teoricamente arrivare a nominarsi il presidente della Repubblica e i giudici costituzionali. E ha trascurato gli interventi economici.Renzi è anche un populista?Lo dice lui che vuole parlare al popolo. Non è un giudizio di merito, è il suo metodo. È Renzi a dire che la politica è comunicazione. Io non credo in una politica così, credo invece nella valorizzazione dei corpi intermedi e delle comunità, cui va data la libertà di organizzarsi.Però anche Fi è d’accordo su queste riforme.È questo è un problema. Con il Ncd che ormai è solo un prolungamento del Pd, abbiamo un centrodestra che sancisce che per non essere irrilevanti bisogna accettare le riforme sbagliate di Renzi, lasciando così a Grillo il vessillo strumentale dell’opposizione democratica.Lo stato dell’economia la preoccupa?L’Italia è l’ultimo Paese che non riesce a uscire dalla recessione, c’è un numero sempre più elevato d’imprese in difficoltà e 10 milioni d’italiani hanno problemi di lavoro. Cosa diciamo loro?Renzi non sta dando delle risposte?Lei cosa dice? Finora abbiamo visto solo linee-guida di leggi-delega e nessun impegno vero sulla crescita, a parte gli 80 euro - da cui sono stati esclusi i veri poveri - e un intervento minimale sui contratti a termine che ha trascurato però l’apprendistato. Un errore, perché quest’ultimo poteva diventare un vero contratto d’inserimento al lavoro se si toglieva l’obbligo della formazione esterna regionale, mantenuto invece anche qui per esigenze clientelari difficili da smantellare. Condivisibili sono i propositi sul Terzo settore, dove peraltro sono state riprese molte delle nostre proposte. Pure qui, tuttavia, è stato scritto che la riforma è «senza oneri per lo Stato», quando invece in questo campo bisogna investire se si vuole far sviluppare la società.Lei propone invece un piano-choc?Per invertire le tendenze negative serve uno stimolo fortissimo all’economia. Da mesi, e nel mio libro, io parlo di 400 miliardi che si possono attivare senza mettere a rischio i conti pubblici, tra fondi Ue, investimenti privati, credito attraverso la Cdp, riduzioni d’imposte e di trasferimenti alle imprese. Più che gli 80 euro, per esempio, ai lavoratori si può dare la possibilità di utilizzare subito il Tfr senza oneri fiscali, che corrisponde a circa una mensilità in più all’anno. Inoltre vanno incoraggiati gli accordi aziendali che prevedono aumenti di produttività e servizi di welfare aziendale. E tutto nel rispetto delle regole Ue.Non è importante la partita della nuova flessibilità in Europa?Precisiamo: a fronte di riforme concrete e piani credibili, la flessibilità già c’è nel Patto Ue. I sacrifici, i famosi "compiti a casa" li abbiamo già fatti, ma paradossalmente ci comportiamo come un Paese che non li ha ancora fatti e parliamo della flessibilità come fosse uno strumento a sé.A proposito di Ue: in queste ore Renzi è impegnato sul fronte nomine.Non capisco questa insistenza sulla Mogherini quando abbiamo candidati naturali e non divisivi come Enrico Letta.Insomma, non vede nessuna vera svolta?Mi chiedo dove sia il "cambiaverso" renziano. Gli indicatori economici continuano a guardare nero, la tensione sociale aumenta. Ma non è solo Renzi a sbagliare. Guardiamo gli ultimi Def (i Documenti d’economia e finanza, ndr): prevedono tutti un aumento della spesa corrente e la pressione fiscale che resta elevata. Io ce l’ho con tutta la politica che non cambia realmente rotta e che resta miope di fronte alla povertà, ai bisogni di famiglie e imprese.Per alcuni lei punta solo a raccogliere l’eredità di Berlusconi come leader del centrodestra. Lo trova riduttivo?Perché riduttivo? Abbiamo messo in piedi un cantiere, per un centrodestra aperto a tutte le persone rimaste senza voce e rappresentanza, per costruire una forza popolare e liberale che si smarchi dai retaggi del passato.Il suo passato da ministro dello Sviluppo nel governo Monti non la rende meno credibile agli occhi dell’opinione pubblica?Prima di tutto invito a separare le cose utili per il Paese da colui che le dice. Non cerco consensi sulla mia figura ma sui nostri contenuti, non voglio l’ennesimo partito liderista. Però aggiungo che ho sempre fatto le cose che mi sono proposto. Ai vertici delle Poste ho mostrato che uno spicchio del settore pubblico poteva fare un salto di qualità. A Intesa Sanpaolo, assieme ai miei collaboratori, abbiamo mostrato che se tutte le banche del mondo si fossero comportate come noi, non ci sarebbe stata la crisi. E nei pochi mesi da ministro sono riuscito a far scendere le bollette dell’energia, aprire il mercato del credito, fare una delle migliori leggi sulle start-up, e molto altro.Veramente, l’altroieri Monti le ha ricordato che le sue analisi sullo sviluppo dovrebbero essere «un’autocritica».Monti rispondeva a mie affermazioni sul "tradimento" di quell’esecutivo, che in toto avrebbe dovuto fare di più per lo sviluppo, e sul fatto che Scelta civica sia nata come un partito vecchio. I fatti mi sembra che abbiano dato ragione più a me che al senatore a vita.