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INTERVISTA. Giorgetti: «Frenare il gioco? Il Parlamento se vuole può farlo»

Vincenzo R. Spagnolo sabato 7 settembre 2013
«In Senato ho visto una levata di scudi etica, di cui va preso atto anche se chi ha votato quella mozione non ha tenuto conto delle conseguenze economiche. E comunque la preoccupazione per le ludopatie non è estranea al governo: stiamo lavorando a una riduzione del numero di macchinette da gioco presenti in Italia...». Di quanto? «Un terzo delle 430mila attuali...». Alberto Giorgetti è in viaggio per Verona. Domani compirà 46 anni e chissà, spegnendo le candeline, quale desiderio esprimerà. Uno, nei suoi confronti, l’ha formulato giovedì l’Aula di Palazzo Madama: un secco argine al dilagare dell’azzardo legalizzato, che sta mettendo sul lastrico migliaia di famiglie. A botta calda Giorgetti non ha gradito, rimettendo la delega sui giochi, che poi il ministro Saccomanni gli ha confermato: «Hanno fatto demagogia», ha detto al Corriere della Sera. Ora, a mente fredda, integra il giudizio: «Qualcuno mi attacca dicendo che sono un uomo della lobby dell’azzardo. Un’etichetta che già mi aveva procurato minacce serie, via web, che ho denunciato a varie procure. Ma io non lo sono affatto: sono solo preoccupato, come sottosegretario, delle coperture economiche di ogni decisione».E, in concreto, la moratoria si può fare, sottosegretario?Il Parlamento, se ritiene, può decidere di limitare drasticamente il gioco legale. Dico solo che, nel farlo, dovrebbe porsi il problema concreto delle coperture che verrebbero meno, a iniziare dai 620 milioni di euro ora utilizzati a supporto della cancellazione della prima rata dell’Imu.Già, il frutto del contenzioso fiscale coi concessionari. Ma non erano 98 miliardi?L’aveva stimato la Corte dei Conti. Solo che non si tratta di danno erariale, ma di servizi non erogati e i concessionari stanno vincendo i contenziosi giudiziari. Così, il governo ha fatto una valutazione pragmatica, decidendo di chiudere la vicenda con un’autoadesione e calcolando una cifra congrua. Ma è una valutazione del governo, appunto.E, dunque, il Parlamento potrebbe modificarla?Se lo vorrà, potrà farlo, nei limiti del rispetto delle leggi e della certezza del diritto. E tenendo conto, anche qui, delle conseguenze sulle coperture. Sono entrate correnti e, se ci si rinuncia, in questo momento sarebbe arduo reperirne altre analoghe...È lo stesso ragionamento che lei ha fatto in Senato per i 6 miliardi versati all’erario dal settore. A proposito, non c’è un calo rispetto agli 8,1 del 2012?Era solo una proiezione, probabilmente inferiore al reale importo. E comunque, stiamo studiando criteri per rimodulare l’offerta di gioco e, possibilmente, elevare la soglia di tassazione.Davvero? E di quanto?Ci stiamo ragionando. Non vogliamo però che sia così alta da far di nuovo crescere l’offerta "in nero". C’è il rischio che, bloccando drasticamente il gioco legale, si favorisca il proliferare di quello criminale...Eppure le mafie s’infiltrano anche in quello legale. Le inchieste giudiziarie lo confermano.Vero. Ma il fatto che la gran parte di giochi e scommesse, negli ultimi 10 anni, sia stato portata alla luce del sole, favorisce le indagini. Dal 2009 esiste un Comitato per la prevenzione e la repressione: fra 2011 e 2012, Polizia, Carabinieri e Gdf hanno effettuato 54mila controlli, denunciando 1.200 persone, con 1.400 sequestri, 2.800 sanzioni e 1.800 violazioni. Dati che non vengono mai citati...Ma una parte cospicua del Paese s’indigna per uno Stato biscazziere, con anziani e ragazzi che bruciano nelle slot pensioni e paghette. Il Senato l’ha ascoltata. Il governo vuole farlo?Il governo sta ragionando sui decreti derivanti dall’articolo 14 della delega fiscale, anche in base agli orientamenti espressi in Senato. Nei decreti delegati, punteremo fra l’altro ad aumentare la tutela dei soggetti deboli, minori compresi, e su una revisione della normativa in materia di pubblicità. Inoltre, non abbiamo ancora emanato un bando specifico per l’apertura delle sale da poker reali, non virtuali, nelle città: ci sembra giusto meditare su una decisione che oggi potrebbe non essere accolta positivamente...E le nuove sale? Può assicurarci che non ne sarà aperta una in più? Ci sono sindaci coi comuni "tappezzati"...Il nodo primario è quello dei diritti in capo ai concessionari, che hanno vinto delle gare e spesso non sono neppure società italiane, ma europee. Ma abbiamo aperto un tavolo di riflessione, anche col ministro gli Affari regionali Delrio per coinvolgere le amministrazioni locali. Il problema è evidente e dobbiamo trovare un equilibrio tra quei diritti acquisiti e l’offerta, ormai reputata da parte del Paese eccessiva e inadeguata