Attualità

Riforme. Ingorgo al Senato. Renzi e il rebus riforme

Marco Iasevoli mercoledì 1 luglio 2015
L’ordine di Palazzo Chigi è perentorio: «Entro il 7 agosto dobbiamo portare tutto a casa». Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E il mare in questo caso è il maxi-ingorgo che a luglio investirà Palazzo Madama. Il 'cronoprogramma' prevede che, una dopo l’altra, siano portate in Aula e votate, nell’ordine, la riforma della Rai, le unioni civili e il superamento del bicameralismo perfetto. Un provvedimento più complesso e politicamente controverso dell’altro. Molto si chiarirà domani, quando si riunirà la presidenza della commissione Affari costituzionali per incardinare la riforma del Senato. Il vertice dell’organismo, la democrat Anna Finocchiaro, ha messo le mani avanti: «Evitiamo di darci date giugulatorie. Escludo tempi biblici, ma mi piacerebbe che potessimo ragionare con calma. Diciamo che non considero il 7 agosto - quando Palazzo Madama chiuderà i battenti, ndr - come una data ultimativa, tassativa. Procederemo subito con delle audizioni, che riguarderanno, sia chiaro, soltanto i punti di modifica introdotti alla Camera. Mi piacerebbe che ci concentrassimo soprattutto su due aspetti: il metodo di composizione del Senato e le sue prerogative ». Hai detto nulla: sono questi punti l’oggetto della trattativa continua tra Renzi e Bersani, tra maggioranza e minoranza democratica. Ma c’è un altro aspetto. In commissione Affari costituzionali maggioranza e opposizione sono pari, 14 a 14. E tra i renziani cresce il nervosismo verso il presidente del Senato Pietro Grasso. Toccherebbe a lui, sostengono, imporre al gruppo misto - che ora esprime solo senatori di opposizione - riequilibrare la propria presenza. Inoltre c’è un certo scetticismo circa la possibilità che la maggioranza riesca davvero a piazzare il previsto referendum confermativo insieme alle amministrative della prossima primavera. Tecnicamente, prima della riforma costituzionale vengono Rai e unioni civili. E nessuno esclude che Renzi possa, per arrivare prima alla terza lettura del Nuovo Senato - risultato politicamente più appetibile -, rinviare a settembre una di queste due misure. Motivi ce ne sarebbero in abbondanza. Per quanto riguarda Viale Mazzini, anche andando di corsa appare ormai scontato che i nuovi vertici verranno nominati comunque con la legge Gasparri. Circa le unioni civili, la commissione giustizia di Palazzo Madama non ha iniziato a votare ed è chiaro al premier che il provvedimento è fonte di forti tensioni con Ncd. Ieri in un’intervista il capogruppo degli alfaniani alla Camera, Maurizio Lupi, ha detto due «no» forti contro implicite equiparazioni al matrimonio tra uomo e donna e contro la cosiddetta 'stepchild adoption'. Rai e unioni civili, inoltre, sono alla prima lettura. Se slittassero, i tempi di approvazione si allungherebbero notevolmente perché da ottobre Camera e Senato entreranno nella 'sessione di bilancio', in cui tutti i fari si accendono sulla legge di stabilità.  La situazione è meno 'stressante' alla Camera, dove l’obiettivo fondamentale è chiudere entro il 7 luglio, senza correzioni, la terza e definitiva lettura della riforma della scuola. In teoria i numeri in Aula non lo richiedono, ma non si esclude di porre la questione di fiducia. Stallo invece sulla prescrizione: ieri al ministero della Giustizia si è tenuto un vertice di maggioranza per armonizzare la prescrizione con le nuove norme anticorruzione. L’obiettivo è tenere insieme punibilità e tempi certi dei processi. Pd ed Ncd per ora sono distanti.