Attualità

Le vittime di Pasqua. Di lavoro si muore. E la legge sulla sicurezza è ancora inattuata

Paolo Ferrario martedì 3 aprile 2018

Un'immagine dei vigili del fuoco accorsi nello stabilimento di Treviglio

Sono morti il giorno di Pasqua, per l'esplosione di un'autoclave in un serbatoio, due operai della Ecb Company srl di Treviglio, nel Bergamasco. Le vittime sono Giuseppe Legnani di Casirate d'Adda e Giambattista Gatti di Treviglio, due figli a testa. I due lavoratori erano stati chiamati questa mattina in azienda per un sopralluogo, dopo l'allarme lanciato da alcuni cittadini che avevano sentito un cattivo odore nell'aria. La Ecb, fondata nel 1966 da Lorenzo e Franco Bergamini, si occupa della lavorazione di sottoprodotti della macellazione avicola per la produzione di alimenti per animali da compagnia e lo scorso anno è stata acquisita dal gruppo tedesco Saria, produttore internazionale di prodotti agroalimentari. Un invito "a pregare per i morti sul lavoro a Treviglio, nella tragedia avvenuta proprio nel giorno di Pasqua" è stato lanciato dall'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nella messa di Pasqua celebrata in Duomo. La sicurezza sul lavoro "sarà una delle mie priorità" ha garantito l'assessore al Lavoro della Regione Lombardia, Melania Rizzoli, mentre il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan ha chiesto che venga fatta "al più presto chiarezza sui motivi dell'incidente e su eventuali responsabilità e negligenze". Ed è una strage continua: nel 2017 le persone morte sul lavoro sono state 1.115, negli ultimi 10 anni 13.100, e 154 dall'inizio dell'anno, secondo l'Osservatorio indipendente di Bologna.

Le leggi sulla sicurezza dei lavoratori e la prevenzione degli infortuni ci sarebbero anche. Il problema, come spesso capita in Italia, è che alle enunciazioni di principio non sempre seguono i fatti. È proprio ciò che è capitato al Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, il decreto legislativo 81 del 2008, che il prossimo 9 aprile compierà 10 anni. Varato sull’onda emotiva della tragedia della Thyssenkrupp di Torino (sette operai morti bruciati nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007), non è ancora stato completamente attuato. Secondo la denuncia dell’Anmil, l’associazione degli invalidi e delle famiglie delle vittime del lavoro, «sono ancora almeno una ventina i provvedimenti da attuare e alcuni riguardano materie anche di grande rilievo», sottolinea il presidente Franco Bettoni.

Tra le carenze principali, l’Anmil ricorda il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, «rimasto lettera morta per tutti quei settori ad alto tasso infortunistico e caratterizzati da forti complessità organizzative e da gravi fenomeni di concorrenza sleale». Unica eccezioni positiva, i cosiddetti ambienti confinati (tra cui, per esempio, le cisterne), per i quali è stato adottato un provvedimento specifico, il Dpr 177 del 2011. Quanto sia importante la qualificazione e la certificazione per la prevenzione degli infortuni, lo testimonia un recente studio pubblicato dall’Osservatorio Accredia, secondo cui le imprese che sono passate da un livello di sicurezza base a uno certificato, hanno registrato una riduzione del 16% degli infortuni, che nel 40% dei casi sono risultati meno gravi rispetto a quelle nelle aziende non certificate.

«Un altro aspetto non attuato della legge – prosegue Bettoni – riguarda il sostegno alla pariteticità e alla bilateralità, espressamente previsto dall’articolo 52 del Testo unico. Secondo il legislatore, anzi, la collaborazione tra le parti sociali avrebbe dovuto assumere un ruolo strategico, soprattutto per dare alla politica della prevenzione un valore aggiunto, in special modo per le medie, piccole e micro imprese. Questo complesso di norme inattuate – ribadisce il presidente dell’Anmil – produce effetti negativi, in primo luogo per l’assenza di tutela per i lavoratori. Parallelamente, genera profonde incertezze nella gestione della prevenzione da parte dei datori di lavoro».

Dieci anni dopo l’emanazione, il Testo unico 81 avrebbe anche bisogno di una semplificazione delle norme e di un riordino e razionalizzazione delle sue disposizioni. In sostanza, denuncia ancora l’Anmil, spesso è proprio la burocrazia, prevista dalla stessa legge, a frenare anche i buoni progetti di prevenzione degli incidenti sul lavoro.

«Né il decreto del Fare del 2013, né le varie riforme del mercato del lavoro, sembrano aver dato un contributo significativo all’auspicato processo di semplificazione e al conseguente innalzamento del livello di efficacia e di effettività delle tutele», rilancia Bettoni. Da questo punto di vista, anche il Jobs Act, che con i suoi decreti attuativi ha modificato la normativa sulla sicurezza su lavoro, «può considerarsi un’occasione persa non essendo riuscito ad affiancare obiettivi di semplificazione e razionalizzazione a quello del completamento del relativo quadro normativo». «In questo contesto – ribadisce il presidente dell’Anmil – la semplificazione del quadro legale e degli adempimenti inutilmente gravosi non può dirsi del tutto compiuta».

E ancora. All’appello mancano almeno altri due strumenti per la prevenzione degli incidenti, previsti dal Testo unico, di cui tanto si è parlato, soprattutto a ridosso di incidenti particolarmente “mediatici”: la patente a punti per l’edilizia, che secondo l’Anmil non è stata ancora varata anche «per l’ostruzionismo delle associazioni datoriali» e la Procura nazionale specializzata nelle indagini sugli infortuni sul lavoro.

Auspicata dallo stesso procuratore del processo Thyssenkrupp, Raffaele Guariniello, avrebbe dovuto accelerare i tempi delle indagini e, quindi, dei processi, per evitare che, come purtroppo accade con troppa frequenza, i fascicoli si prescrivano perché fermi alle indagini preliminari. Lasciando troppi lavoratori morti senza giustizia.