Attualità

Quirinale. In carcere, coi malati, sul taxi. Immacolata e gli altri, eroi degli ultimi

Pino Ciociola e Saveria Maria Gigliotti sabato 25 febbraio 2023

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Li ha scelti «fra i tanti esempi, nella società civile e nelle istituzioni», significativi di «impegno civile», di «dedizione al bene comune» e di «testimonianza dei valori repubblicani», spiega il sito del Quirinale. Questa mattina, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha conferito trenta onorificenze al “Merito della Repubblica Italiana” a cittadine e cittadini che appunto si sono distinti «per un’imprenditoria etica, per l’impegno a favore dei detenuti, per la solidarietà, per il volontariato, per attività in favore dell’inclusione sociale, della legalità, del diritto alla salute e per atti di eroismo». Una sorta di moderni eroi del nostro Paese.

Come, per esempio, Immacolata Carpiniello, 49 anni, da ieri “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica“, che è amministratore della cooperativa sociale “Lazzarelle”, nata nel 2010, fatta di sole donne, che produce caffè artigianale (secondo l’antica tradizione napoletana) nel carcere femminile di Pozzuoli. E il 90% delle “lazzarelle”, una volta uscite. non vi sono più rientrate.

Come Antonio Petralia, 55 anni, “Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica”, che è amministratore delegato della Eurosets srl di Medolla (Modena) e ha assunto una giovane donna salvata da un’apparecchiatura costruita dalla sua stessa azienda: Saida Ibnou–Bouzid soffre di una malattia congenita che provoca serie difficoltà respiratorie, nel luglio 2021 peggiora e le funzioni respiratorie di Saida vengono sostituite dall’apparecchiatura “salvavita” la cui tecnologia «è brevettata dall’azienda» di Petralia. Lui si informa sulle condizioni della ragazza, la invita allo stabilimento e le propone di lavorare per la Eurosets.

O, ancora, come Caterina Bellandi, 57 anni, “Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica”, che dopo la morte del compagno Stefano, tassista, inizia a guidare il suo taxi trasformandolo in «motore d’amore» e dedicando parte della giornata ad accompagnare i bambini malati all’ospedale Meyer di Firenze per le cure. Così, conosciuta come “zia Caterina”, ha anche creato una rete di persone che, attraverso la onlus “Milano 25”, collabora con lei nelle iniziative a favore dei malati.

Impossibile raccontare tutte le storie di questi trenta eroi (di don Panizza parliamo sotto ndr).

Come Fatima Zahra El Maliani, 22 anni, “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”, studentessa universitaria che gestisce il doposcuola Unicef-Younicef presso la sede di “Casarcobaleno” di Torino, che da bambina ha frequentato il Sermig («Mi ha stravolto la vita») e iniziato il suo percorso aiutando i bambini e accogliendo le donne senza casa e insegnando italiano ai migranti. Poi Valeria Favorito, 34 anni, “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica”, colpita da bambina da gravi forme di leucemia, ha subito due trapianti di midollo (nel 2000 e il donatore fu Fabrizio Frizzi, poi nel 2013) e dedica il suo tempo libero a incontri e conferenze per diffondere la cultura del “dono” soprattutto fra i giovani, ha scritto due libri per raccontare la sua storia e coi proventi delle vendite finanzia borse di studio per la ricerca biomedica.

Mattarella ha scelto anche Fabio Cervellieri, 37 anni, e Stefano Falchi, 52 anni, carabinieri, entrambi da ieri “Cavalieri dell’Ordine al Merito della Repubblica. L’appuntato Cervellieri, in missione a Pristina (Kosovo) nel 2021 incontra una bimba di 4 anni affetta da diabete mellito, acquista l’insulina e un apparecchio per misurare la glicemia, poi attraverso l’associazione “Aquile tricolori” contatta l’Umberto I di Roma per trasferire la bambina in Italia, dove poi viene curata e seguita. Falchi effettua l’intervento di aiuto della bambina, insieme a Cervellieri, promuove un’ulteriore raccolta fondi in Sardegna, dove presta servizio, e ottiene un soggiorno gratuito per la bimba e a famiglia in un villaggio turistico. I due carabinieri e la bambina, intanto tornata a casa, non hanno mai smesso di sentirsi.

Da ieri è “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica” anche Simona Fedele, 32 anni, autista dell’Atac capitolina. Mentre è in servizio, si accorge che alcuni giovani prendono in giro un ragazzino con insulti, risatine e spintoni, ferma l’autobus e con la scusa di controllare la porta posteriore del mezzo, lascia il posto guida, si avvicina al ragazzino, porta con sé accanto al posto di guida, chiedendogli di avvisare i genitori e di farsi trovare alla fermata seguente.

Un’altra neo “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica”, infine, è Carlotta Mancini, 24 anni. Lei e la sua sorella gemella Costanza hanno 17 anni quando la vettura su cui viaggiano finisce fuori strada e Costanza muore sul colpo. Da quel giorno, con il padre Giorgio, Carlotta è parte di una squadra di testimoni di “Verona Strada sicura” impegnata a diffondere messaggi per la sicurezza stradale nelle scuole nel territorio con cadenza settimanale, insieme a rappresentanti delle forze di polizia e familiari di vittime della strada: «Spieghiamo i rischi che si corrono quando si guida bevendo un bicchiere in più, quando si è stanchi - racconta -. E insegniamo la necessità di essere sempre svegli». (Pino Ciociola)

Panizza: i miei disabili premiati insieme a me​

«Grato e sorpreso». Non nasconde l’emozione don Giacomo Panizza, che ieri è stato raggiunto dalla notizia del riconoscimento del Quirinale mentre si trovava a un convegno sui temi del sociale. A lui e al suo “Progetto Sud”, di cui è presidente e anima a Lamezia Terme, va l’attenzione del presidente della Repubblica, «per l’impegno, di tutta una vita a favore dell’inclusione sociale attraverso una rete di volontariato che si occupa di individuare percorsi di recupero per persone in grave difficoltà» si legge nella motivazione.

«Questa onorificenza – spiega il sacerdote mentre le persone gli si avvicinano per congratularsi con lui – non è solo a me, ma a tutto il gruppo che insieme a me lavora per il bene delle persone più deboli e disagiate, impegnandosi quotidianamente sul fronte del riconoscimento dei diritti. Cerchiamo di fare qualcosa per la libertà e per il futuro della Calabria. Cerchiamo di costruire una Calabria con i piedi per terra, che si rifiuta di dire grazie ai favori di mafiosi o altri potenti e che ha tanta voglia di crescere. Crediamo nella dignità delle persone che vogliono vivere senza essere costrette, per esempio, ad andare a migliaia di chilometri di distanza per inventarsi un’altra vita».

Lo stesso “Progetto Sud”, come spiega don Giacomo, 75 anni, «è nato con persone in carrozzina che volevano fare qualcosa da qui e non andare a ricoverarsi fuori, lontano, magari per attendere la morte. Non sono da solo – aggiunge –, ma accanto a me ci sono persone che rivendicano diritti e sanno, a loro volta, che hanno anche il dovere di fare qualcosa per gli altri e con gli altri. In tutti c’è la consapevolezza che bisogna essere preparati, che, ad esempio, bisogna saper scrivere, avere dei diritti, essere persone cosiddette “normali” che si impegnano nel sociale, in politica votando ma anche candidandosi».

E questo è ciò che sin dal 1976 – anno in cui fonda “Progetto Sud”, una comunità autogestita insieme anche a persone con disabilità e con l’intento di “fare comunità” – don Giacomo ha concretizzato. Una parte delle attività hanno sede in un immobile confiscato alla ‘ndrangheta. L’altra viene svolta nel tessuto sociale e diocesano collaborando con varie realtà che operano a favore dei più deboli. Una comunità che con gli anni ha ampliato la sua azione in attività di volontariato e di recupero di minori, tossicodipendenti, immigrati, malati di Aids, prostitute, poveri e bambini affetti da autismo, radicandosi non solo nel territorio locale e regionale, ma varcando anche i confini nazionali, creando un gruppo di reti allo scopo di favorire la diffusione di poli di inclusione e integrazione fra soggetti differenti, curando e tutelando i diritti di cittadinanza e cooperando con molte realtà italiane e straniere per potenziare il protagonismo dei diversi mondi vitali della società, accompagnando percorsi di empowerment di persone e gruppi vulnerabili.

Un impegno, quello di don Giacomo, riconosciuto, non solo dalla Chiesa locale che in questi anni non gli ha fatto mancare, specialmente nei momenti di forte difficoltà, la sua vicinanza, ma anche dalla politica, dall’associazionismo e dal mondo del volontariato. Non meno importanti, le sue battaglie per l’affermazione della legalità in una realtà in cui, a volte, il confine con l’illegalità è sottilissimo e che in questi anni lo ha visto oggetto di intimidazioni, con attentati e minacce più o meno velate, per i quali si è anche visto assegnare la scorta. Ciò che non gli ha impedito di proseguire nella sua opera sia nel sociale che come sacerdote, alle cui cure sono stati affidati i fedeli della parrocchia di Jevoli, una frazione di Feroleto Antico a pochi chilometri da Lamezia Terme. (Saveria Maria Gigliotti)