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PALAZZO CHIGI. Il sollievo di Monti: «Passo giusto, ma non abbiamo bisogno di aiuti»

Marco Iasevoli venerdì 7 settembre 2012
​Ieri mattina, quando gli investitori hanno d’improvviso abbandonato il "bene rifugio" dei bund tedeschi, Mario Monti ha capito che era fatta. Che Draghi l’aveva spuntata, che Angela Merkel aveva resistito alle pressioni interne e lasciato al falco Jens Weidmann, capo della Bundesbank, il compito di "lasciare agli atti" i dubbi tedeschi: «Ora tutti hanno capito che l’euro non crollerà, e questo non è un regalo all’Italia, è un bene per tutti», dice il premier agli europarlamentari del Ppe incontrati a Fiesole. Parole accompagnate da un monito alla delegazione italiana: «Niente trionfalismi, non ha vinto né perso nessuno, dobbiamo aiutare la cancelliera con la sua opinione pubblica. E io non vorrei che Weidmann si dimettesse...».È una strategia concordata, nel tardo pomeriggio, anche con Josè Manuel Barroso, presidente della commissione Ue ricevuto a Palazzo Chigi. I due, davanti alla stampa, fanno asse sul basso profilo: «Non commentiamo le decisioni di un’autorità indipendente, e - frecciatina a Berlino - non dovrebbe farlo nessuno Stato membro». Ma quello che pensano lo fanno capire eccome. Monti ammettendo che si tratta di un «passo avanti importante», che realizza «buona parte del disegno per cui ci siamo battuti nel Consiglio Ue di fine giugno». Ovvero: uno strumento in grado di porre rimedio agli spread «immeritati» senza umiliare un governo come il nostro sulla via del risanamento. Barroso limitandosi ad elencare quando e come la Bce è tenuta ad intervenire per tutelare la moneta unica.Ma la curiosità, a giochi fatti, è ora un’altra: l’Italia farà ricorso allo scudo dell’Eurotower? Monti ripete quanto già detto più volte: «L’Italia va avanti con disciplina e riforme che potranno non rendere necessario avere degli aiuti». Poi però lascia una porta aperta: «Da oggi chi ha messo i conti in ordine ha una possibilità in più, la parola "aiuti" è stata sdrammatizzata». Come a dire: se anche Roma dovesse affidarsi al bazooka Bce, lo farà senza doversi piegare.Barroso, al suo fianco e prodigo di complimenti, intanto guarda al 2013. Roma, dice il presidente della commissione Ue, «è nella direzione giusta, ha in mano il proprio destino, ma la strada è ancora tortuosa». Un «futuro di prosperità» è vicino, ma - messaggio ai partiti e agli elettori - occorre «prescindere da considerazioni politiche a breve termine e ignorare promesse illusorie di strade rapide». Alcune «tangenziali», insiste, portano solo in «vicoli ciechi».Ne parlano un’ora e mezza, Mario e Josè. Così come parlano di anticipare al primo gennaio 2013 la vigilanza bancaria europea e della road map che deve condurre a una più ampia Unione politica e fiscale. Resta però il tema delle condizioni per ricevere gli aiuti. Monti si è convinto che debbano essere «severe ma sostenibili», e gli piacerebbe dare valore "normativo" alle raccomandazioni della commissione Ue. In fondo, si ragiona a Palazzo Chigi, è bene che l’Europa tenga alta la pressione in campagna elettorale. È l’unico modo per salvare l’agenda-Monti.