Attualità

TASSE E SOCIETA'. Gli amministratori: «Il non profit ci salva, assurdo tassare la carità»

Marco Iasevoli sabato 18 febbraio 2012
«Guardi, forse non ci siamo capiti, qui l’Ici la pagano anche le "cucine popolari". Sì, quelle che permettono ai poveri di mangiare. Di farsi una doccia calda. E questo tutti i santi giorni. Sa che le dico? Ben vengano norme più chiare, così quest’anomalia, che come amministratore mi imbarazza non poco, finisce per sempre...». Fa una pausa Claudio Piron, assessore alle Politiche scolastiche di Padova. E in uno strano silenzio riassume tutto quello che c’è da dire: insieme all’emendamento chiarificatore sull’Imu per gli enti non commerciali, c’è bisogno di una «vagonata di onestà». Di dire finalmente le cose come stanno. «Lo scriva, lo scriva: sono i comuni – quelli che la tassa già la riscuotono – a pretendere quell’onestà. Siamo noi. Tutti. A prescindere dal colore politico».Claudio Piron si anima, mostra il volto di un non profit – laico e religioso – che paga già, a volte solo per non saper «né leggere né scrivere» tutto quello che c’è da pagare, in primis sugli immobili dati in affitto e quelli usati per trarne lucro. E auspica che la definizione "commerciale" non sia il pretesto per andare a toccare chi con modesti introiti finanzia attività gratuite destinate alle fasce deboli, o per portare sul lastrico le scuole materne paritarie, che nella sua regione sono il 70 per cento del sistema e si occupano di oltre centomila bambini. «Come farebbero a reggere? Non ci voglio nemmeno pensare...», ripete sottovoce Piron. Dunque «bisogna distinguere», e gli unici a poter entrare dentro le singole realtà sono i comuni. A tratti l’assessore sembra quasi malinconico per la strumentalità che rende buio il dibattito nazionale: «A chiacchiere tutti parlano del valore sociale ed economico del non-profit, poi nei fatti... Ma le faccio un esempio: scuole e associazioni della mia città si sono alleate per combattere la dispersione scolastica. Ogni bambino che lascia gli studi costa alla collettività 6mila euro. Se riescono a recuperne 10, le istituzioni dovrebbero restituire 60mila euro a chi se n’è preso cura...».E allora? Le norme annunciate da Monti non produrranno le nuove grandi entrate annunciate da qualche sindaco e dai giornali? «Per quanto ho inteso e per quanto spero – ribatte Lorenzo Guerini, sindaco di Lodi ed ex presidente di Anci Lombardia – l’esecutivo non toccherà oratori, scuole (nelle quali a mio avviso prevale la finalità educativa) e attività con indirizzo sociale. In tal caso nel mio comune ci saranno variazioni per cifre davvero minime, anzi "temo" di perdere la Casa della gioventù, che a mio parere paga perché abbiamo un regolamento molto restrittivo...». Guerini, tra l’altro, è responsabile Welfare dell’Anci nazionale, e come membro del direttivo bacchetta sia chi ha dato stime sulle maggiori entrate sia l’esecutivo che non ha ancora presentato il testo ai comuni.La chiarezza dell’emendamento in arrivo, ripetono all’unisono, è positiva, aiuterà ad evitare ogni ambiguità. «Noi sindaci abbiamo il diritto e il dovere di verificare tutto e tutti, senza guardare in faccia a nessuno, e se ci sono norme più precise rispetto a prima è buono e importante», tuona Marco Macciantelli, sindaco di San Lazzaro di Savena (Bologna). Ma ci sono ora tesori nascosti alle casse dei comuni (e dello Stato, visto che l’Imu andrà in parte a Roma)? Enzo Cuomo, primo cittadino di Portici e presidente di Anci Campania, allarga le braccia e sorride: «Ma i nostri uffici comunali già sanno benissimo dove la Curia svolge attività sociali in supplenza delle istituzioni e dove i suoi immobili sono locati. Io non ho mai avuto problemi a chiedere l’Ici ad enti ecclesiastici, non c’è mai stato bisogno di una commissione tributaria». Pochi chilometri più a sud è molto più duro il sindaco di Potenza, e presidente dell’Anci lucana, Vito Santarsiero: «Non sarà certo questa misura a risolvere il problema della finanza dei comuni, è un palliativo, un piccolo canale nel contesto di uno Stato che ci usa come gabellieri. Da noi le strutture della Chiesa, ad esempio, pagano tutte la Tarsu». Per farla breve, l’ex sindaco di Terlizzi, Enzo Di Tria, sintetizza così: «Fa bene Monti a rispettare e far osservare le leggi per la concorrenza, ma nella mia città non cambia niente: la Chiesa e il non profit, per quanto ho visto ogni giorno, non lucrano su nulla».La speranza è che le norme arrivino presto e le polemiche svaniscano ancor prima, magari con un bagno di lealtà. Osvaldo Napoli, ascoltato parlamentare del Pdl, ma soprattutto "ministro degli Esteri" dell’Anci e sindaco di Valgioie, prova a mettere definitivamente le cose in chiaro: «C’è chi specula ideologicamente su una vicenda che è nitida e cristallina: gli immobili commerciali non sono stati mai esenti, ed è giusto che continui a essere così. Ma sarebbe folle pensare di tassare la carità, l’educazione, il non profit, la salute. Questo è bene comune, e il bene comune non si tassa». Napoli prende fiato e gira un consiglio a Monti: «Dica parole chiare e scriva una norma chiara. C’è chi si muove con il solo obiettivo di fare del male al mondo cattolico».