Attualità

Azzardo. «Misure insufficienti». Dalle sigle no-slot critiche al governo

Diego Motta mercoledì 6 settembre 2017

Un primo passo, non risolutivo. A metà del guado, il governo promette di continuare la battaglia contro l’azzardo dimezzando i punti d’offerta sul territorio nei prossimi anni e presentandosi domani a Roma, in Conferenza Stato Regioni, forte della diminuzione di un terzo delle vecchie slot machine, appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Ma tra il 'già' (fatto) e il 'non ancora', si nascondono le perplessità della società civile, disposta a riconoscere l’impegno e la buona fede dell’esecutivo, ma determinata ad andare avanti senza fare sconti nella lotta contro le ludopatie.

In serata, la nota della Consulta nazionale antiusura chiude una giornata di confronto aperto nella sede della Caritas ambrosiana di Milano, lasciando pochi spazi alla mediazione. «Netto dissenso», è la posizione rispetto al piano di riordino avanzato dall’esecutivo. Da un lato c’è il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che ha annunciato che l’effetto delle misure decise porterà per la prima volta dopo molti anni a «un’inevitabile riduzione delle entrate », dall’altro il cartello delle associazioni con le sette richieste rivolte alle istituzioni nei mesi scorsi, ancora valide nonostante alcuni progressi fatti e diversi inaccettabili ritardi.

Non piace soprattutto la scelta di privilegiare la diminuzione delle macchinette Awp (più datate) rispetto alle nuove Vlt, nuova frontiera dei consumatori, mentre sembrano minimi gli interventi per arginare il sommerso e l’online. Su un punto solo, c’è piena sintonia: l’incapacità dimostrtata dalla politica fin qui di fermare gli spot delle major. «Basta con la pubblicità ingannevole» ha tuonato monsignor Alberto D’Urso, presidente della Consulta nazionale antiusura, in prima linea contro il proliferare delle sale slot. «Il nostro lavoro in materia è stato insufficiente – ha riconosciuto Baretta –. Alle 22.01, alla fine della fascia introdotta a tutela del pubblico generalista, in effetti parte un bombardamento di messaggi per lo spettatore che non possiamo approvare».

Toccherà all’Agcom, verosimilmente, indicare un percorso. Sugli altri interventi, il confronto tra le parti rimane in salita. «Cambiare passo è necessario – ha spiegato a nome di Caritas italiana, Luciano Gualzetti, direttore di Caritas ambrosiana –. L’o- biettivo è costruire una regolazione rinnovata, non arrivare a un semplice riordino». Parole in sintonia con quanto sostiene il sociologo Maurizio Fiasco, che ha chiesto innanzitutto di «far prevalere l’interesse pubblico, dopo anni in cui lo Stato si è fatto promotore» del boom del settore. «Per questo, serve uno spostamento delle competenze dal ministero dell’Economia a quello della Salute pubblica».

L’emergenza sociale va combattuta nei piccoli paesi come nei quartieri periferici delle città e la ricerca di una 'distanza di sicurezza' tra bar e tabacchi con slot e i cosiddetti luoghi sensibili (scuole, parrocchie, ospedali) resta un tema che divide soprattutto governo ed enti locali. I 500 metri indicati da alcune Regioni non sono un dogma per Baretta, che anzi va oltre e chiede che siano sindaci e governatori a gestire «la distribuzione territoriale» delle macchinette, basta che «non nascano nuove Las Vegas in periferia». Posizione apprezzata dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, presente in quanto rappresentante dei Comuni. «È più importante ridurre i punti gioco rispetto alle macchinette » ha spiegato Gori, ribadendo la condivisione dei primi cittadini al piano. Critiche, invece, da parte della Regione Lombardia, secondo cui l’esecutivo «fa finta di contrastare il dilagare della ludopatia», tagliando soprattutto gli apparecchi meno redditizi.

L’ultimo duello riguarda l’utilizzo obbligatorio della tessera sanitaria da parte di chi scommette. Per i sindaci si tratta di una mossa utile perché elimina sul nascere la possibilità che videopoker e slot machine diventino una tentazione crescente soprattutto per i minori, che già hanno alzato in modo preoccupante le percentuali di consumo di azzardo, mentre secondo la Consulta nazionale antiusura, l’ipotesi di un utilizzo di questo strumento «va corredata con norme e dispositivi rigidi che impediscano la formazione di database di nuovi clienti utilizzabili a fini di marketing » da parte dei colossi del settore.