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Cutro. L'arcivescovo Panzetta: giustizia e verità, no a semplificazioni. Serve umanità

Antonio Maria Mira mercoledì 8 marzo 2023

L'arcivescovo di Crotone, Raffaele Panzetta

«La prima cosa che chiediamo è l’accertamento dei fatti. Quello che la gente ha gridato quando è arrivato il presidente della Repubblica, “giustizia!”. La verità è importante che sia chiarita, se c’è stata una falla nelle procedure. Poi dovremmo imparare da quanto accaduto, perché non si riproduca più».

Questa è «l’esigenza immediata», secondo l’arcivescovo di Crotone -Santa Severina, monsignor Raffaele Panzetta. Il pastore è accorso subito sulla spiaggia di Cutro, ha poi presieduto l’apertura della camera ardente, ha incontrato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e ha guidato la Via Crucis di domenica. E ora fa delle precise richieste.

Dopo la verità cosa serve?

Quando parliamo di migranti ci mettiamo tutto dentro, ma ci sono i richiedenti asilo, chi cerca lavoro, quelli che vogliono ricongiungersi ai parenti in Italia e in Europa. Un enorme calderone in cui non si capisce niente. Invece c’è bisogno che la legislazione, sia italiana sia europea, tenga conto della complessità e della drammaticità dei fenomeni migratori. Di semplificazioni in questi giorni ne abbiamo sentite di tutti i colori.

Lei durante la Via Crucis ha detto no ai muri e ai porti chiusi.

La Via Crucis non è un comizio, è un momento di preghiera e lì ascoltando il racconto della Passione del Signore emergeva proprio l’idea di relazioni aperte, di donazione di sé. Poi bisognerà dare corpo a queste parole. Non ci deve essere filo spinato ma una legislazione che permetta alle persone di entrare in Europa a partire dalle diverse esigenze. Abbiamo bisogno di scrivere una legislazione che sia umana, che tenga conto che queste persone arrivano con vissuti traumatici e una necessità di riscatto, che tutti noi, soprattutto noi meridionali, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle.

C’è voluto questo dramma per far accorgere delle migliaia di persone che giungono sulle coste calabresi, ottenendo sempre accoglienza, senza alcun gesto di intolleranza.

Questa umanità non si vede solo tra la nostra gente, ma è anche presente nelle nostre istituzioni. Conosco la Capitaneria di porto, la Guardia di finanza, tutte persone che si sono gettate in mare per salvare. Bisogna fare in modo che possano continuare a farlo, presentando il volto dell’Italia bello e accogliente. E soprattutto individuare perché questa catena di accoglienza sembra essersi inceppata.

È stata molto bella l’immagine dei sindaci in ginocchio, accanto a lei e all’imam davanti alle bare.

È stato davvero un momento forte. Non le nascondo che appena sono accorso sulla spiaggia, davanti al gazebo sotto al quale erano ammassati tanti sacchi bianchi con le persone dentro, anche lì mi sono inginocchiato. Una necessità del cuore. Sono davvero la carne di Cristo. Io l’ho fatto a partire da una profonda compassione umana ma anche profondamente religiosa. E penso che le persone che erano accanto a me hanno espresso il dolore e nello stesso tempo l’invocazione a Dio. Ci sono dei momenti in cui il linguaggio del corpo dice più di tante parole.

Come l’immagine del presidente Mattarella da solo davanti alle bare.

La sua presenza è stata tutta un segno. Ci ha insegnato il magistero dei gesti che è molto importante. Non solo si è fermato in silenzio davanti a quelle bare, ma ha ascoltato con un’attenzione incredibile, con lo sguardo negli occhi delle persone, e anche le grida dei disperati. È un alto magistero quello del presidente, senza parole ci ha insegnato quello che in quel momento era necessario: i problemi si affrontano standoci dentro, ascoltando, attraverso l’empatia, la compassione.

Papa Francesco è tornato a chiedere “un rinnovato impegno di accoglienza e solidarietà”.

Non basta salvare. Ora bisognerà vigilare perché, dopo l’attenzione dei riflettori, non siano dimenticate nel loro dolore ma continuino ad essere trattate come persone che hanno subito una ferita che segnerà per sempre la loro vita. Nella misura in cui si ipotizzerà un cambiamento legislativo bisognerà tenere conto di questo. Servono strutture adeguate. Noi conosciamo nelle nostre terre, sia in Calabria che nella mia Puglia, insediamenti di lavoratori che sono dei lager. Non può essere il futuro. Come comunità cristiana dobbiamo fare la nostra parte e saremo in prima linea.