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Buco di 5 ore. Il naufragio di Cutro, parte l'inchiesta sui ritardi nei soccorsi

Vincenzo R. Spagnolo, inviato a Cutro (Crotone) venerdì 3 marzo 2023

Quello che resta del barcone naufragato a Cutro, in Calabria. 68 i morti accertati

Quali procedure e quali protocolli hanno seguito la Guardia di Finanza e la Guardia costiera, fra le 23.03 di sabato e le 4. 10 di domenica scorsi? Quali comunicazioni sono intercorse fra i due corpi dopo la prima segnalazione di Frontex del caicco in navigazione verso le coste calabresi? In base a quali regole di ingaggio hanno assunto le decisioni di rientrare, la Gdf, e di non uscire in mare, la Guardia costiera, alla ricerca del barcone segnalato da Frontex?

Mentre sale il numero delle vittime accertate del naufragio di Steccato di Cutro, giunto a 68, e si cercano una trentina di dispersi, la procura di Crotone ha deciso di mettere sotto la lente il funzionamento della macchina dei soccorsi. Dopo giorni di dichiarazioni caute, a fine mattinata il procuratore Giuseppe Capoccia ha deciso di aprire un secondo fascicolo (al momento senza indagati e senza ipotesi di reato) insieme al pm Pasquale Festa, in parallelo con l’indagine per naufragio e omicidio colposo aperta a carico dei presunti scafisti.

L’acquisizione di messaggi e brogliacci.

La procura ha affidato ai carabinieri la delega, col compito per ora di acquisire dalla Guardia costiera, dalla Guardia di Finanza e dall’agenzia Frontex atti , mail, brogliacci e registri relativi alle attività compiute fra sabato e domenica, con riferimento alle 5 ore intercorse fra il primo avvistamento del barcone da parte dell’aereo di Frontex e la telefonata in inglese al 112 che segnalava il naufragio, chiedendo aiuto. Gli accertamenti dovrebbero servire a chiarire se ci siano state omissioni, errori o sottovalutazioni nell’adempimento dei doveri e delle attività di soccorso.

Non è da escludere che, dopo la lettura degli atti richiesti e dopo la verifica dei protocolli operativi, possano ascoltati in procura, come persone informate sui fatti, i comandanti provinciali di Gdf e Guardia costiera. Il comandante della Capitaneria di Porto di Crotone Vittorio Aloi si è detto pronto: «Saremo sentiti e ci farà piacere chiarire a chi dovere quando ce lo chiederanno, atti e brogliacci alla mano». Una volta ascoltati i chiarimenti, la procura valuterà se iscriverere qualcuno nel registro degli indagati e per quali ipotesi di reato.

Cinque ore su cui chiarire.

Si sarebbe potuto tentare di salvare i 180 migranti a bordo del caicco? Resta l’interrogativo cruciale a cui dare risposta. Tutto parte alle 23.03 di sabato 25 febbraio, quando l’Agenzia europea Frontex segnala che il velivolo Eagle 1 ha avvistato un’imbarcazione a 38 miglia a sud est di Isola Capo Rizzuto a «una velocità di 6 nodi», con una persona visibile a bordo e che «non evidenziava elementi che facessero pensare a una unità in distress», pericolo. Cosa fa la Guardia costiera? «Abbiamo immediatamente informato dell’avvistamento il Centro di coordinamento internazionale e le altre autorità italiane competenti, fornendo la posizione dell’imbarcazione, rotta e velocità».

La telefonata e le discrepanze.

Dopo la segnalazione, la Gdf invia una motovedetta e un pattugliatore, che rientrano per il mare agitato (forza 4). «Alle ore 3.40 circa la Sala Operativa del Comando Provinciale GdF di Vibo Valentia - attesta una relazione - comunicava all’Autorità Marittima di Reggio Calabria che le due unità navali della Guardia di finanza sono state costrette ad interrompere la navigazione per avverse condizioni meteo marine».

Nella relazione, citata dall’agenzia Adnkronos, si aggiunge che «gli operatori di sala richiedevano alla medesima Autorità l’intervento di proprie unità navali per raggiungere il target, senza ricevere riscontro». Un’altra versione però colloca la telefonata alle ore 3.48. Secondo alcune fonti, i finanzieri avrebbero detto di non aver individuato il bersaglio segnalato fa Frontex, chiedendo poi se fossero state avvistate situazioni critiche, ricevendo risposta negativa e confermando: «Noi dal radar non battiamo nulla».

Intervento di polizia, non Sar.

Fino a quel punto, non si sa dove sia il barcone né lo si ritiene in pericolo (nonostante ci sia mare forte e sia nverno) e l’operazione è considerata di law enforcement, di polizia, e non un evento Sar di ricerca e salvataggio. Così, le navi della Guarda costiera non escono in mare. Eppure, dice il comandante Aloi, «le nostre motovedette avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8». E altri particolari potrebbero arrivare dall’informativa che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi terrà il 7 marzo alla Camera ed l’8 marzo al Senato. Mentre non è ancora chiaro se il titolare dei Trasporti Matteo Salvini, da cui dipende la Guardia Costiera, riferirà a sua volta in Parlamento. Presso la procura di Roma, intanto, i parlamentari di Avs hanno presentato un esposto per chiedere di indagare sui fatti.

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