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Clochard. La clochard morta a Termini 35 anni fa, dal ricordo sboccia la solidarietà

Pino Ciociola mercoledì 31 gennaio 2018

Il «miracolo di Modesta». Millenovecentottantatré, oggi, 31 gennaio. La donna è anziana, riversa a terra, agonizza, passano ore. L’ambulanza non la raccoglie, è sporca, ha i pidocchi. Infine Modesta Valentini muore. Lì. Sul marciapiede dove viveva alla stazione Termini, troppo poco pulita per meritare d’essere salvata. Trentacinque anni dopo c’è davvero tanta gente a ricordare Modesta alla cerimonia voluta e organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, ieri sera.

A pregare, insieme, e lasciarle poi un fiore, al binario uno della stazione capitolina, sotto la targa dedicatale. Sulla quale si legge anche «Simbolo delle persone che vivono per strada» e «perché nessuno debba essere più abbandonato». La paura uccise Modesta, «questa sorella », dice monsignor Gianrico Ruzza, vescovo ausiliare di Roma centro.

«La paura è sempre un segno di morte ed è figlia dell’indifferenza», cioè «un grande male», che «come ci ricorda il Papa, genera la cultura dello scarto, che permette che alcuni non abbiano la dignità della vita». Allora «vorrei richiamare tutti a collaborare nella nostra città affinché non ci siano le situazioni di degrado cui purtroppo quotidianamente assistiamo». E che non sono solamente quelle dei senza fissa dimora, ma anche ad esempio «quelle di coloro che perdono il lavoro e di chi non riesce a ottenere un alloggio degno di questo nome».

Alcuni clochard, molti giovani e diversi giovanissimi. Sorridono, tengono in mano quel fiore che doneranno a Modesta, i treni alle loro spalle partono e arrivano come sempre, i freni fischiano. «Nonostante siano passati trentacinque anni da quella triste notte – spiega Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio – , credo che essere qui così in tanti questo abbia un grande significato. Credo sia il 'miracolo di Modesta', più ci allontaniamo dall’anno in cui lei morì, più ci avviciniamo a tante persone che vivono in condizioni di difficoltà e vulnerabilità a Roma».

Essendo «vigili su tante situazioni» e «solidali con chi è più in difficoltà», come tanti gruppi, «i più vari, che ogni giorno girano per la città a fare amicizia e sostenere concretamente chi vive per strada». Si recita il 'Padre nostro', dopo avere ascoltato il vescovo Ruzza, lo stesso Impagliazzo e Claudia Cattani, presidente della Rfi: «Non credo che in questa stazione oggi accadrebbe quel che accadde nel 1983 – spiega lei –. La sensibilità verso le persone che hanno bisogno è assai aumentata e anche noi come Ferrovie dello Stato è solidale». Di nuovo monsignor Ruzza: «Dio ci chiede di accogliere sempre l’altro, che, anche se diverso, anche se ci provoca, è comunque per noi un dono».

Non s’è esaurita ieri sera la memoria di Modesta. La cerimonia al binario uno della stazione Termini è stata solo il primo appuntamento di solidarietà della Comunità di Sant’Egidio per non dimenticare quella donna e con lei chi vive in povertà estrema, in strada, al freddo dell’inverno e all’indifferenza. Domenica prossima infatti i senza fissa dimora di Roma, i volontari e chi vorrà unirsi saranno a mezzogiorno a Santa Maria in Trastevere per una solenne celebrazione durante la quale, oltre a quello di Modesta, verranno ricordati i nomi di quanti sono morti in strada negli ultimi anni. Poi, nelle prossime settimane il ricordo di Modesta verrà ancora celebrato in diverse parrocchie e luoghi di preghiera di Roma e di altre città.