Attualità

Caivano. Il funerale di Antonio e la verità che dobbiamo dire

Maurizio Patriciello sabato 30 ottobre 2021

Palloncini bianchi sullo sfondo dei palazzoni di Caivano nel Napoletano

Sabato 30 ottobre. Alle 7.30 del mattino la salma di Antonio Natale, il 22enne scomparso da Caivano il 4 ottobre e ritrovato cadavere 14 giorni dopo, arriva al camposanto. La Questura ha vietato i funerali per esigenze di ordine pubblico. Si temono tafferugli, vendette. È ancora buio quando una folla di amici, parenti, semplici curiosi si assiepa davanti ai cancelli del cimitero, anche se solo a un esiguo gruppo sarà permesso l'ingresso.

Finalmente, dopo quasi un mese, Antonio potrà riposare in pace. Anna, la mamma, che in questi giorni si è ridotta a una larva, non smette di gridare il suo dolore. La salma è accolta da un lungo applauso, da striscioni con scritte affettuose, da centinaia di palloncini bianchi. Antonio non era un giovane qualsiasi: aveva, purtroppo, anche lui intrapreso la triste strada dell'illegalità che porta a facili guadagni. La droga, la maledetta droga, che tanta gente ha rovinato e continua a rovinare, ha cambiato i connotati al nostro quartiere e di tanta gente. Di droga, al "Parco verde", si vive e si muore. Senza la fatica di studiare, di lavorare, di impegnarsi, la droga permette a tanti nostri giovani di avere un tenore di vita altissimo. In poco tempo li manda in visibilio. Prima li esalta, e poi li distrugge. Li ammalia. Li contagia di delirio di onnipotenza.

Che fare? Che dire davanti a questa ennesima bara bianca? Tacere sarebbe facile, ma potrebbe essere un peccato di omissione. «Per amore del mio popolo non tacerò», la frase di Isaia che don Peppino Diana fece sua, mi rimbomba nella mente. No, non tacerò, non taceremo, non possiamo, non dobbiamo tacere. Se dovesse accadere costringeremmo i sassi delle strade a gridare al posto nostro.

La coreografia preparata per Antonio, nulla togliendo alle buone intenzioni, m'induce a riflettere che dalla «banalità del male» stiamo forse passando alla banalità della morte. Guardo la bara bianca e, come sempre, mi verrebbe da scappare via. Quando il 19 settembre del 1999 gli versai in testa l'acqua del Battesimo non avrei potuto immaginare di dover poi benedire la sua salma. No, non voglio dire parole di circostanza. Mi rifiuto, non voglio, non posso ripetere frasi in cui non credo. Non voglio ingannare nessuno. I palloncini bianchi tra poco voleranno in alto, i fiori domani saranno già appassiti, la folla di curiosi presto svanirà. Chi ha ucciso, Antonio? E dove sta, adesso?

Chiedo alla mamma di liberare il cuore dal veleno del desiderio di vendetta e affidare il figlio tra le braccia del buon Dio. Poi? Si può far finta di niente? Si può tacere sui fiumi di droga e delle centinaia di clienti che arrivano al "Parco Verde"? Si può lasciare piangere questa gente senza accennare al motivo per cui – in modo orribile e arbitrario – qualcuno ha decretato che la vita di Antonio dovesse essere stroncata? La verità ha le sue esigenze, non può essere barattata, non vuole essere sminuita. Occorre però intrecciarla alla carità. Mai l'una senza l'altra. Guai a separare queste gemelle siamesi, rimarremmo vittime del nostro insopportabile e inutile perbenismo. La verità vuole guarire, non tamponare. «Ferma il mio dir se non dico il vero» pregava Clemente Rebora.

Con tanta sofferenza, con gli occhi umidi e un groppone in gola; con il cuore gonfio, ancora una volta, la diciamo, la verità: «A nessuno è permesso di mettere a tavola il pane se non è stato impastato con il sudore della propria fronte. In caso contrario, quel pane diventa una pietra, non sazia, ma uccide. È pane avvelenato, pane velenoso... Chi non vuol lavorare, neppure mangi...». Un impressionante silenzio scende su di noi. Guardo Anna con tenerezza immensa. Dalla sera del 4 ottobre si è consumata: «Per un dolore tanto grande occorre una consolazione altrettanto grande. Noi uomini, con tutta la buona volontà, questa consolazione non la possediamo. Solo Dio può colmare l'abisso che le scelte e la morte di Antonio hanno scavato dentro di te. Apri, Anna, apri il tuo cuore a Dio. Non distruggerti, lascia a lui, giusto giudice, la vendetta e alle forze dell'ordine le indagini. Tu, riposati tra le sua braccia. Ne hai tanto bisogno…».