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Intervista. Carlo Calenda: «ll decreto? Servono 50 miliardi»

Arturo Celletti sabato 21 marzo 2020

Carlo Calenda, oggi leader di Azione

Una smorfia amara e una prima ammissione. «L’Italia resterà ancora ferma. Non due settimane. Purtroppo di più». Carlo Calenda usa un’immagine, anzi un aggettivo, per spiegare con crudo realismo quello che succede. «L’Italia è ibernata». Proviamo a capire e l’ex ministro dello Sviluppo (oggi leader di Azione) anticipa la domanda. «È ibernata e per non morire ha bisogno di tutte le risorse che servono per tenerla in vita. Ripeto una sola parola: tutte».

Non basta il 'Cura Italia'? È troppo piccolo ed è enormemente complicato. Servivano 50 miliardi. Per sospendere sul serio le tasse. E per garantire la sopravvivenza anche ai lavoratori autonomi e ai professionisti.

Categorie escluse dalla cassa integrazione... In un momento così tutti i cittadini italiani vanno trattati alla stessa maniera. Non è solo una priorità economica, è anche un fatto simbolico: siamo tutti sulla stessa barca. E dunque? La cassa integrazione va dai 900 ai 1.100 euro. La stessa cifra serve per commercianti e lavoratori autonomi. In un momento così drammatico tutti devono poter avere i mezzi per sopravvivere.

Anche lo stop alle tasse non la convince fino in fondo. Come si può pensare di sospendere le tasse solo un mese e far pagare gli arretrati da maggio? Bisogna fare di più. È un obbligo fare di più. Le tasse vanno sospese per tutto il periodo di chiusura. Poi da gennaio si riprenderà a pagare con un piano di dodici rate.

Salvini parlava di uno stop delle tasse per tre anni... Vorrebbe dire far saltare la sanità, le pensioni. Vorrebbe dire il fallimento dello Stato. Salvini non ha responsabilità di governo ed è un maestro nel giochino al rialzo. Oggi però c’è un Paese alle corde e serve solo una cosa: responsabilità. E poi...

E poi cosa? Azzardo una previsione: l’Italia dopo il coronavirus sarà un’altra Italia. Capace di premiare merito e competenza. E di scegliere una politica che è capacità di governare e non tifo da stadio.

Il governo potrebbe 'stringere' ancora. Lei che dice? Dico che risponderò 'obbedisco' a qualsiasi decisione del governo: oggi la cosa peggiore sarebbe non seguire le indicazioni di Palazzo Chigi.

Sia onesto: non ha l’impressione che le decisioni vere siano arrivate tardi? I tecnici avevano capito e la politica tentennava: sì, c’è stata una grossa sottovalutazione. Un grosso errore politico. Si è provato a dire 'l’Italia riparte'. Si organizzavano aperitivi solidali.... La politica ha sbagliato: c’è stata una grave, inspiegabile superficialità.

Lei conosce il mondo delle imprese. Le fabbriche del Nord chiuderanno? Stanno già chiudendo. Sento tutti i giorni gli imprenditori e tutti mi ripetono una cosa: fermare l’attività produttiva è doloroso, ma oggi anche inevitabile.

L’Italia vara un piano da 25 miliardi, la Germania da 550... No, non è così. La Germania ha garantito 550 miliardi che, tradotto, vuol dire che sul piatto ne ha messi 15. Solo un venticinquesimo di quelli che accederanno alle risorse non avrà la forza di restituirle.

Lei ha sempre criticato durissimamente l’Europa. E oggi? È un minotauro. Con la testa delle istituzioni e il corpo degli Stati membri.

E le risorse sono di questi ultimi. Sì, sono i Paesi a comandare. Ma nell’epoca del coronavirus o si impongono fiducia e solidarietà o salta tutto o l’Unione muore. Ma vedo segnali che mi fanno sperare: rimettere il Quantitative easing agli stessi livelli della stagione Draghi è un passo decisivo. E lo è ancora di più il fatto che la Bce possa acquistare anche i titoli di Stato dei soli Paesi in difficoltà.

E se non bastasse? C’è il Mes, il fondo salva-Stati. È lo strumento della fine del mondo e ci si deve poter accedere senza dover accettare condizioni: non c’è stata una cattiva gestione delle finanze, ma c’è stata una terribile tragedia.