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Senato. Approvato il ddl fallimenti. Ora è legge

Alessia Guerrieri mercoledì 11 ottobre 2017

L'aula della Senato ha dato il via libera al ddl fallimenti, la delega al governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza. Il testo che di fatto riforma il diritto fallimentare datato 1942, approvato stamane a Palazzo Madama con 172 voti a favore, 34 contrari e zero astenuti, ora diventa legge. Un passaggio parlamentare salutato con entusiasmo dal governo, a partire dal premier Paolo Gentiloni che su twitter commenta: «Diventa legge la riforma del diritto fallimentare. Un contributo per un'economia più sana che aiuterà la crescita». Soddisfatto anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando che, intervenendo a Palazzo Madama, spiega si tratta di «una riforma di portata epocale» perché «ci allineiamo all'Europa, diamo trasparenza alle procedure, evitiamo quelle zone di opacità» e soprattutto «cambia la figura del fallito».

Ecco le novità della legge

La liquidazione giudiziale. Dominus sarà il curatore, con poteri decisamente rafforzati: accederà più facilmente alle banche dati della Pa, potrà promuovere le azioni giudiziali spettanti ai soci o ai creditori sociali, sarà affidata a lui (anziché al giudice delegato) la fase di riparto dell'attivo tra i creditori. Ci sarà però una stretta sulle incompatibilità.

Prevenire la crisi. Per facilitare una composizione assistita, arriva una fase preventiva di allerta attivabile direttamente dal debitore o d'ufficio dal tribunale su segnalazione (obbligatoria per fisco e Inps) dei creditori pubblici. In caso di procedura su base volontaria, il debitore sarà assistito da un apposito organismo istituito presso le Camere di commercio e avrà 6 mesi di tempo per raggiungere una soluzione concordata con i creditori. Se la procedura è d'ufficio, il giudice convocherà immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore e affiderà a un esperto l'incarico di risolvere la crisi trovando un accordo entro 6 mesi con i creditori. L'esito negativo della fase di allerta è pubblicato nel registro delle imprese. L'imprenditore che attiva tempestivamente l'allerta o si avvale di altri istituti per la risoluzione concordata della crisi godrà di misure premiali (non punibilità dei delitti fallimentari se il danno patrimoniale è di speciale tenuità, attenuanti per gli altri reati e riduzione di interessi e sanzioni per debiti fiscali). Dalla procedura d'allerta sono escluse le società quotate e le grandi imprese.

Regole processuali semplificate. Nel trattare le proposte, priorità viene data a quelle che assicurano la continuità aziendale, purché funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio. Si punta poi a ridurre durata e costi delle procedure concorsuali (responsabilizzando gli organi di gestione e contenendo i crediti prededucibili).
Il giudice competente sarà individuato in base alle dimensioni e alla tipologia delle procedure concorsuali, assegnando in particolare quelle relative alle grandi imprese al tribunale delle imprese a livello di distretto di corte d'appello.

Incentivi ristrutturazione debiti. Il limite del 60% dei crediti per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti dovrà essere eliminato o quantomeno ridotto.

Il nuovo concordato preventivo. Viene ridisegnato ammettendo, accanto a quello in continuità, anche il concordato che mira alla liquidazione dell'azienda se in grado di assicurare il pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari.

Insolvenza gruppo di imprese. Arriva una procedura unitaria per la trattazione della crisi e dell'insolvenza delle società del gruppo e, anche in caso di procedure distinte, vi saranno comunque obblighi di collaborazione e reciproca informazione a carico degli organi procedenti.