Attualità

DOMENICO RICCA. Il cappellano: «Il mio sogno: abbattere il pregiudizio»

Marina Lomunno martedì 23 aprile 2013
«Un trasloco è sempre segno di un cambiamento non solo materiale e i nostri ragazzi hanno bisogno di ri-orientare la loro vita, in alcuni casi di ricominciare da capo». Per questo, secondo don Domenico Ricca (per tutti don «Mecu»), salesiano, cappellano dal 1979 al «Ferrante Aporti» di Torino, l’inaugurazione di nuovi locali del carcere minorile è un passo importante soprattutto per i giovani detenuti.Cosa significa essere salesiani in un carcere minorile?Al Ferrante c’è una lapide che ricorda la visite di don Bosco fra queste mura. Da quando il carcere è stato aperto nel 1845, allora si chiamava «La Generala», i cappellani qui sono quasi sempre stati salesiani perché un carcere minorile è il luogo privilegiato per accettare la sfida di «educare buoni cristiani e onesti cittadini». Del resto i nostri ragazzi non sono così diversi dagli altri adolescenti. Noi cerchiamo di accompagnarli a progettare la loro vita, invitandoli a tenere qualche sogno nel cassetto perché per alcuni di loro intravedere il cambiamento è un sogno e noi dobbiamo aiutarli a realizzarlo.E il suo sogno qual è?Uno si è realizzato oggi: è 33 anni che attendo che in questo carcere venga adibito uno spazio a cappella accogliente, sempre aperta – se sarà possibile – e comunque un luogo per la riflessione sulla Parola e in alcuni momenti l’Eucarestia. L’altro sogno è quello di aprire le porte del carcere al territorio. Forse con la nuova struttura sarà più facile. A beneficiarne non saranno solo i ragazzi detenuti: anche chi entra dentro potrà rendersi conto che i giovani del Ferrante potrebbero essere nostri figli o figli dei nostri vicini di casa. Solo così si possono abbattere le barriere del pregiudizio. Più il carcere diventa un pezzo di città, più avremo possibilità di restituire alla libertà persone «rinate» evitando la piaga delle recidive.Qual è secondo lei uno dei nodi ancora da sciogliere nella giustizia minorile?Credo sia necessario insistere perché venga rispettata la territorialità della pena. Abbiamo molti ragazzi detenuti le cui famiglie non vivono in Piemonte e che devono fare lunghi viaggi per vederli. E poi ho un altro sogno: che non si costruiscano più carceri. La soluzione al sovraffollamento è più opportunità per tutti, specie per chi ha avuto meno degli altri