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Migranti. Raduan, a 7 anni dalla Siria a Trento per curare l'osteogenesi imperfetta

Antonio M. Mira venerdì 20 aprile 2018

Bambini siriani rifugiati (Ansa)

Il piccolo Raduan, bimbo siriano di 7 anni, sorride e fa ciao con la manina, l’unica parte del corpo che può muovere. Da gennaio è in Italia con la famiglia grazie ai corridoi umanitari. Quattro giorni fa hanno ottenuto lo status di rifugiati. Un’iniziativa che ha strappato la giovane famiglia al dramma di uno dei campi profughi a Tripoli in Libano, e il bimbo a un destino segnato. Un corridoio molto particolare, il primo sostenuto anche economicamente da un’amministrazione locale, la Provincia autonoma di Trento che con una delibera di giunta, dopo una mozione del consiglio, ha deciso di finanziare i corridoi: l’80% dei 100mila euro necessari, il resto dal Centro Astalli che con la cooperativa Villa Sant’Ignazio e la Comunità di Sant’Egidio sta gestendo accoglienza e integrazione.

Iniziativa nell’ambito del progetto della stessa Comunità di Sant’Egidio, insieme alla Tavola Valdese e alla Federazione delle Chiese evangeliche, già affiancato dai corridoi umanitari promossi della Cei.

Trent’anni il papà, 27 la mamma, cinque figli da 2 a 12 anni. Vivevano a Homs, città a metà strada tra Damasco e Aleppo, in gran parte distrutta ma ancora al centro delle cronache per alcuni attacchi missilistici ad una base governativa. «Anche la loro casa è stata distrutta – ci racconta Stefano Canestrini, coordinatore del Centro Astalli di Trento –. Così un anno e due mesi fa sono fuggiti in Libano. Erano in 15».

E a Tripoli è cominciata «la vita da invisibili», come la definisce il presidente del Centro Astalli, Stefano Graiff. Fino a gennaio hanno vissuto in un palazzo non terminato, senza porte e finestre, e coi pavimenti in cemento grezzo, dicono Giuseppe e Sebastiano, i due operatori del Centro Astalli che sono andati a prenderli. Una situazione terribile, soprattutto per il piccolo Raduan. La malattia, infatti, ha fatto del suo corpo un fragile fuscello. Osteogenesi imperfetta o 'ossa di cristallo', viene chiamata. Le ossa si fratturano in continuazione e il corpo non cresce, fino all’adolescenza, ma ormai è tardi.

Così nella fuga in Libano, è stato trasportato con una coperta trasformata in barella. Poi per più di un anno la vita in un unico stanzone. Per dormire solo dei materassini. «Condizioni igieniche precarie. Costretti a vivere chiusi lì dentro. Una prigione senza catene», racconta Giuseppe. I bambini in tutto quel tempo non hanno mai visto altro che quel palazzo. L’unica a uscire era la nonna. «Era la più forte, dispensava sorrisi a tutti. La separazione è stata straziante», aggiunge Giuseppe.

Dopo cinque giorni nei quali i due operatori trentini hanno vissuto assieme alla famiglia e comunicando solo grazie ai traduttori dei cellulari, la partenza in un clima di gioia. «Per la prima volta l’applauso c’è stato al decollo e non all’atterraggio. Partito dalle manine dei bambini». Una prima sosta a Roma dove Raduan è stato ricoverato al Bambino Gesù per accertare lo stato della sua malattia. «Malgrado l’immobilità sorride sempre, è vivacissimo e ha un’intelligenza superiore. Gli piace la musica e sta imparando a suonare la pianola», ci racconta Canestrini.

Attualmente la famiglia è ospitata a Villa Sant’Ignazio dove vivono altri migranti, ma sarà presto trasferita in un appartamento preso in affitto. Raduan è seguito dal servizio pediatria di Trento e avrà l’assistenza scolastica a domicilio, mentre i fratelli hanno già cominciato la scuola. «Tutta la famiglia ha avuto uno screening sanitario. I bambini non avevano mai visto un medico né erano stati vaccinati».

Il papà segue un corso di italiano per poi essere inserito in percorsi lavorativi. «Ha tanta voglia di imparare». «La barriera principale è stata quella linguistica – spiega Eleonora, che si occupa dell’inserimento –. Ma sono molto intuitivi. Fondamentale è stata la mediazione culturale per cogliere la complessità e porci nel modo più opportuno».

L’assessore provinciale alla sanità, Luca Zeni ricorda come il Trentino accolga 1.603 richiedenti asilo, mille dei quali in appartamenti. «C’è un’integrazione positiva che fa cadere i pregiudizi. La campagna elettorale ha dimostrato come una strategia di paura permette di capitalizzare. Ma questo avvelena il clima mentre è possibile una gestione tranquilla». Un evidente riferimento al recente danneggiamento nel comune di San Lorenzo del B&B che doveva ospitare sette rifugiati.

Coi corridoi umanitari sono già arrivati in Trentino 54 persone di 10 famiglie, come spiega il consigliere provinciale Mattia Civico, esponente della Comunità di Sant’Egidio che ricorda la frase di uno di loro: «Qualcuno è stato con noi, qualcuno ci ha aspettato, qualcuno ci ha preparato un posto».