Attualità

I naufragi nel Mediterraneo. I cattolici: prevenire altre stragi

Mimmo Muolo giovedì 23 aprile 2015
Mai più tragedie come quella del Canale di Sicilia. È l’accorato appello del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, a pochi giorni dall’ennesima ecatombe del mare, cui si aggiungono le voci di tutto il mondo cattolico attraverso un documento dal titolo quanto mai esplicito: «Fermiamo la strage dei migranti», firmato dalla Caritas italiana, da organismi del settore e dalle maggiori aggregazioni laicali del nostro Paese. (IL TESTO). «È arrivato il momento in cui si devono percorrere tutte le strade, si devono adottare tutte le soluzioni per evitare altre tragedia», ha detto ieri il vescovo Galantino a margine del convegno "Cibo per tutti? Nutrire il pianeta è compito nostro", svoltosi ieri a Roma e nel quale il presule aveva appena tenuto un intervento. «L’immigrazione è un problema complesso – ha ricordato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana – e non può essere risolto con la semplificazione o con l’affondamento dei barconi, che semmai può essere soltanto un passo». «Mi auguro – ha aggiunto il vescovo – che le soluzioni da adottare non siano frutto di animosità, pressapochismo o peggio ancora di gente che vuole solo lucrare qualche voto in più su questa tragedia, ma che sia invece il ritrovarsi insieme di uomini e donne di buona volontà che abbiano il potere di fare qualcosa perché si eviti quello che sta succedendo». Galantino, poi, in una intervista alla Radio Vaticana, ha anche invitato a rivedere la scelta che ha portato alla fine di Mare Nostrum: «Ritengo sia sotto gli occhi di tutti come il cambio da Mare Nostruma Triton abbia abbia fatto, forse, risparmiare i soldi, ma aumentare i morti». «Si parla – ha sottolineato – di 130-150mila persone salvate da Mare Nostrum. E allora, se questa, in questo momento, è l’unica azione che siamo in grado di fare per evitare morti, riprendiamola seriamente in mano, semmai allargandone anche la responsabilità e la titolarità». Quanto infine al rifiuto delle Regioni e dei Comuni che non vogliono accogliere rifugiati, essi «si commentano da soli», ha detto. Il tema dell’immigrazione, ha poi fatto notare il vescovo, viene affrontato «come un’emergenza mentre non è più un’emergenza». L’agenda politica, dunque, «deve tornare a prendere in considerazione questo problema dell’accoglienza», fuori dalla logica emergenziale. «Ma è anche vero – ha riconosciuto Galantino – che l’Italia da sola non può farcela».Sul problema dell’accoglienza è intervenuto, in un’intervista a La Stampa anche il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin. «C’è un compito di regolazione dei flussi migratori che spetta all’autorità – ha detto –, non si può dire che va bene tutto, sempre. La legalità va coltivata e promossa da tutti. Non credo però che certe soluzioni di chiusura siano risolutive: la storia l’ha dimostrato. I muri hanno creato ancora più odio. Possono apparire efficaci a breve termine, ma non portano pace».Ampio il fronte delle voci cattoliche sulla questione. Nell’appello «Fermiamo la strage dei migranti» una ventina di organismi tra i quali la Caritas, la Focsiv, l’Azione cattolica e le Acli chiedono al governo italiano di farsi promotore di azioni immediate presso la Ue. Nel documento, infatti, si chiede «la costituzione di una agenzia europea per le migrazioni, l’attivazione urgente di un’azione europea per arrivare alla stabilizzazione della Libia, attraverso la formazione di un governo di unità nazionale» e «di intercettare i flussi, prima che arrivino i profughi, attraverso la costituzione di corridoi umanitari e uffici riconosciuti dall’Onu che diano visti umanitari in Egitto, Tunisia, Marocco e Algeria».Anche per monsignor Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes, la politica Ue è lacunosa: «Nelle iniziative annunciate – rileva – sono presenti verbi come distruggere, contrastare, respingere, ma sono completamente assenti verbi come salvare, accogliere, tutelare». Oltre a «contrastare i trafficanti», «occorre un piano di pace e di ristabilimento della sicurezza delle persone sulle sponde africane, libiche ed egiziane del Mediterraneo, attivando anche progetti di cooperazione internazionale per il rientro delle persone, la ripresa delle attività lavorative, il ristabilimento dei presidi sanitari, la riapertura delle scuole».