Attualità

La storia di Andrea. «Ho denunciato i corrotti. E sono rimasto solo»

Daniela Fassini giovedì 12 ottobre 2017

Andrea Franzoso, il “whistleblower” italiano che ha denunciato le spese pazze di Trenord Milano

«Tre ricercatrici mi hanno chiamato una settimana prima che scoppiasse lo scandalo dei docenti-baroni. Ho anche accompagnato un funzionario pubblico in questura. Mi aveva chiesto aiuto per denunciare la corruzione e il malaffare nella sua amministrazione, ma non sapeva come fare». Andrea Franzoso è diventato il punto di riferimento per chi vuole "disobbedire". È lui il whistleblower, termine inglese poco felice che sta letteralmente per "soffiatore di fischietto". In pratica, un arbitro che ha fermato il gioco "sporco" del presidente della società per cui lavorava, l’allora numero uno di Ferrovie Nord Milano, Norberto Achille. La sua vicenda ha già fatto storia ed ora è anche un libro, "Il disobbediente", edito da Paper First, da oggi in libreria.

«Chi ha problemi, si sfoga con me – prosegue Franzoso –. Tutti vorrebbero andare avanti, denunciare ma poi non hanno il coraggio. Magari hanno una famiglia, dei figli piccoli e hanno paura del futuro». Non deve aver passato momenti facili, Andrea. Ricorda ancora la voce del padre, dura e autoritaria dall’altra parte del telefono, che lo chiama dopo aver letto che il nome del figlio è in prima pagina su tutti i giornali. Andrea ha disobbedito e ha deciso di aprire gli occhi. Lui, funzionario addetto al controllo di bilancio, non poteva lasciar passare sotto silenzio le "spese pazze" del suo presidente.

La denuncia e l'emarginazione

Quei «17.232,94 euro» spesi in «ristoranti e locali notturni», o quei «14.511,29 euro» pagati con la carta di credito aziendale per «abbigliamento». O ancora quei «3.749,30 euro» per «scommesse sportive e poker online» e «124.296,92 euro» per «le spese telefoniche riferite ai telefoni cellulari aziendali dati in uso a moglie e figli». Un lungo elenco di spese personali, quasi 500mila euro di rimborsi pagati tutti con soldi pubblici. Andrea ha disobbedito: il 10 febbraio 2015 è andato dai carabinieri a «denunciare il suo presidente». Ha firmato, sapendo che avrebbe dovuto pagare un prezzo per tutto questo.


«Lo rifarei ancora, altre cento volte» sottolinea. Il 18 maggio vengono notificati gli avvisi di garanzia. I dirigenti coinvolti nello scandalo si dimettono (nel processo abbreviato l’ex presidente Achille, accusato di peculato e truffa, «ha risarcito 465mila euro»). Nelle carte compare il suo nome, Andrea Franzoso. È lui la “gola profonda” delle Ferrovie Nord. È lui la spia e il traditore. Viene demansionato, gli creano una funzione ad hoc, di fatto inesistente. È solo in ufficio. Passa le giornate isolato. I colleghi, prima amici, lo tengono a distanza. Inizia la guerra con gli avvocati. Col legale decidono di percorrere la strada della «discriminazione personale», ma il giudice non la riconosce e la legge non aiuta.

La legge che ancora non c'è

Manca un riferimento legislativo per chi denuncia la corruzione e il malaffare. Anche dalla sua storia nasce così il disegno di legge a tutela del whistleblower, per chi segnala casi di corruzione sul posto di lavoro: è stato presentato dalla deputata del Movimento 5 Stelle, Francesca Businarolo, e approvato a gennaio alla Camera. Ora attende il verdetto del Senato.

Intanto però, un anno fa, di fronte ad altri due o tre anni di "isolamento" prospettati dall’avvocato, Andrea decide di percorrere la "via di uscita": la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Cornuto e mazziato si direbbe al bar fra amici. Dopo aver avuto il coraggio di denunciare il malaffare, di fronte a tutto e a tutti.

Andrea rimane senza lavoro, con un mutuo da pagare. Tira dritto, non si perde d’animo. Inizia a scrivere la sua storia personale: da quando, capitano dei carabinieri, decide di prendersi un anno di aspettativa per entrare nel noviziato dei Gesuiti. E poi la rinuncia e l’approdo, quasi per caso, a Ferrovie Nord Milano. In mezzo, ci sono tanti momenti spirituali: i colloqui con una monaca clarissa di Assisi, le amicizie con i certosini di Serra San Bruno, i lavori di fatica all’abbazia trappista di Tamiè, in Francia.

Nel frattempo la sua pagina Facebook e il suo account Linkedin vengono inondati di messaggi. Da chi, nella sua stessa situazione, cerca aiuto. O da chi si congratula per quello che ha fatto. A chi gli chiede, con ammirazione, perché lo ha fatto, lui risponde così: «C’è bisogno di cuori generosi, disposti a fare ciò che è giusto. Per il gusto dell’onestà».