Attualità

La crisi. Grillo tace, scontro in M5s

Luca Mazza mercoledì 28 maggio 2014

​Mentre il leader si chiude in un silenzio anomalo, blindato per tutta la giornata all’interno della villa di Sant’Ilario, scoppia il caos tra gli eletti alla Camera e al Senato. Grillo tace e medita sugli errori commessi. Ma la situazione rischia di sfuggirgli di mano. Perché, tra Palazzo Madama e Montecitorio, da mattina a sera, è un susseguirsi continuo di accuse, veleni, dichiarazioni al vetriolo che rischiano di creare nuove fratture dentro M5S. Tommaso Currò, storico dissidente, arriva addirittura a chiedere la testa di Grillo: «Ha detto che in caso di mancata vittoria si sarebbe dimesso? Bene, lo faccia».La pesante sconfitta elettorale fa troppo male. E la prima conseguenza è il riaprirsi di vecchie ferite mai rimarginate davvero. Scatta così un processo interno che potrebbe durare a lungo. I critici tornano ad alzare la voce. I "ribelli" Walter Rizzetto, Aris Prodani, Tancredi Turco e lo stesso Currò pretendono un passo indietro anche da parte dei «servitori» di Grillo: «Basta con Di Battista, Morra, Taverna e i soliti che vanno sempre in tv e salgono sui palchi perché dicono che ha ragione il capo». Si parla apertamente di «cerchio magico». I mal di pancia, inoltre, sono in aumento. Molti "indecisi" sono sul punto di uscire allo scoperto perché non sopportano più certi toni utilizzati e si sentono messi ai margini.Per la resa dei conti, comunque, è questione di ore. Oggi si dovrebbero riunire i deputati, mentre domani toccherà ai senatori. Seguirà, probabilmente all’inizio della prossima settimana, un’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari per approfondire la diagnosi.A fare rumore è anche l’intervento a gamba tesa di Federico Pizzarotti: «Dobbiamo riconoscere la sconfitta e fare una doverosa autocritica», sostiene il sindaco di Parma. A pensarla esattamente così è Prodani. «È stata una batosta incredibile – ammette –. E adesso non si può far finta di nulla. Molti colleghi si stanno allineando sulle nostre posizioni. Insomma, qualcosa si muove». I fedelissimi però si schierano compatti a difesa del capo: «Quello di Pizzarotti è arrivismo», tuona Daniele Del Grosso. Come a dire: vuole solo prendere il posto di Grillo.

Intanto lo staff della comunicazione prova a ridimensionare le proporzioni del flop: «È sbagliato affermare che abbiamo perso quasi 3 milioni di elettori. Considerando l’affluenza delle europee e delle politiche in realtà si tratta di un milione di voti in meno. È un calo ma non l’emorragia di cui si favoleggia. Non abbiamo straperso». Peccato che Alessandro Di Battista, da 48 ore, non fa altro che sostenere il contrario.