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IL BRACCIO DI FERRO. Caso marò, New Delhi convoca ambasciatore

Lucia Capuzzi martedì 12 marzo 2013
«Siamo felici. Soprattutto perché possiamo così tornare al reparto. Siamo fucilieri di Marina e vogliamo tornare a fare il nostro mestiere». Non è ancora arrivato l’epilogo del “caso marò” che da oltre un anno tiene alta la tensione tra Roma e New Delhi. E la vicenda sembra destinata ad andare avanti ancora. Almeno, però, i due militari italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, non dovranno tornare in India, dove sono rimasti “intrappolati” dal 15 febbraio scorso. Quando una raffica di fucile sparata dalla petroliera Enrica Lexie avrebbe ucciso per errore due pescatori, scambiati per pirati. Latorre e Girone furono accusati del delitto e trattenuti in loco per essere processati. E se tre settimane fa, la Corte suprema ha concesso ai militari una seconda licenza – dopo quella nel periodo natalizio – per permettere loro di partecipare alle elezioni del 24 febbraio, ieri la Farnesina ha “forzato la mano”. E ha annunciato che al termine del periodo «non rientreranno in India». In una lunga nota, il ministero degli Esteri italiano ha spiegato in modo netto le sue ragioni. «L’Italia ha sempre ritenuto – si legge nel documento – che la condotta delle autorità indiane violasse gli obblighi di diritto internazionali gravanti sull’India in virtù del diritto consuetudinario e pattizio, in particolare il principio dell’immunità dalla giurisdizione degli organi dello Stato straniero e le regole della Convenzione Onu sul diritto del mare». Roma, inoltre, ha proposto formalmente a New Delhi l’avvio di un dialogo bilaterale per trovare una soluzione diplomatica del caso. Il prolungato silenzio alla proposta di aprire un dialogo – puntando su una più forte cooperazione nella lotta alla pirateria come, per altro, aveva suggerito la stessa Corte suprema – ha indotto la Farnesina ad agire. L’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini, ha consegnato ieri la «nota verbale» alle autorità locali. Che al momento hanno preferito reagire con un basso profilo.Nel frattempo, il ministro Terzi ha colto l’occasione per ribadire la posizione italiana su Twitter: «La giurisdizione è italiana. Siamo disponibili a trovare soluzioni con India in sede internazionale. Intanto i nostri marò restano in Italia». Mentre il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura ha aggiunto che la decisione è stata presa «in coordinamento con il presidente del Consiglio Mario Monti» e in concerto con i ministeri di Esteri, Difesa e Giustizia. La questione ora – ha detto De Mistura – «richiede un arbitrato internazionale: il ricordo al diritto internazionale o una sentenza di una corte internazionale». L’iter giuridico, dunque, proseguirà nei prossimi mesi. Per i marò e le loro famiglie, però, ora è il momento della gioia. «Ringrazio il presidente della Repubblica, tutte le istituzioni, il governo e il popolo italiano che ci ha sempre sostenuto con tantissime cartoline. Non ci hanno mai fatto sentire soli», ha detto Massimiliano Latorre. Che ha voluto anche precisare anche che: «Senza le nostre famiglie non ce l’avremmo fatta». Sono stati loro «a darci la forza e il coraggio per andare avanti».