Attualità

Sciopero. Metalmeccanici in piazza. «Il governo mortifica il lavoro»

Luca Mazza venerdì 14 giugno 2019

Il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli, a sinistra nella foto

Tre grandi manifestazioni in contemporanea a Milano, Firenze e Napoli per chiedere al governo e alle imprese di mettere al centro il lavoro, il rilancio dell’industria e l’equità sociale. È il giorno dello sciopero generale dei metalmeccanici, una giornata che ha il sapore dell’ultima chiamata rivolta dal fronte sindacale a un esecutivo come quello gialloverde che fatica a tradurre gli annunci in azioni quando si parla di lavoro, di politica industriale, di investimenti e di sviluppo del Paese. «È bene scioperare, svuotando le fabbriche e riempiendo le piazze, perché o si cambia rotta o l’autunno sarà drammatico», spiega il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli che oggi sarà in piazza nel capoluogo lombardo.

La scorso fine settimana ci sono stati lo sciopero del pubblico impiego e quello dei pensionati, un mese fa a scendere in piazza sono state le categorie dell’agroalimentare, ancora prima era stata la volta degli edili e oggi tocca a voi. Come si spiega questa escalation di proteste?
Non spetta noi il ruolo dell’opposizione politica, bisogna stare sempre sul merito. Ma a più di un anno dell’azione di governo è nostro dovere fare un bilancio dell’attività dell’esecutivo. L’esordio è stato segnato dal "Decreto dignità" che ha compiuto il capolavoro di scontentare lavoratori e imprese: effetto sostituzione nei contratti a termine e a somministrazione, minori stabilizzazioni. A nessuna azienda, inoltre, è stato applicato il decreto anti-delocalizzazione, vedremo che cosa accadrà con Whirlpool. In autunno, poi, è arrivata la Legge di bilancio 2019 che da un lato ha sottratto risorse agli investimenti produttivi e dall’alto lato ha messo in campo provvedimenti elettoralistici, con platee di beneficiari ridottissime. Nel frattempo le pensioni hanno perso indicizzazione e il Def del governo stesso certifica che le misure hanno effetto negativo sull’occupazione: -0,2%. Meno male che Quota 100 e reddito di cittadinanza dovevano creare lavoro.

È un quadro disastroso...
Non solo: i principali parametri economici del Paese sono peggiorati. Il debito pubblico dopo alcuni anni di calo è tornato a salire, lo spread alto fa crescere gli interessi sul debito e aumenta la pressione fiscale (che era scesa dal 2012 in poi e adesso si è rialzata al 42,3%). Il Pil nel primo trimestre 2018 era a +1,4% ora allo 0,1%, molto al di sotto della media europea.

In assenza di una svolta, si viaggia spediti verso uno sciopero generale unitario di tutte le categorie entro il 2019?
È accettabile che, alla luce di questo bilancio dell’azione di governo, ci avviamo ad un autunno terribile in cui o approveranno una manovra lacrime e sangue o aumenterà comunque l’Iva? Piano piano gli italiani si accorgeranno che anche questo governo non cambia la solfa della propaganda per cui se le cose vanno bene è merito loro, se vanno male è colpa dell’Europa. Lo scontro con Bruxelles è una pantomima che pagano già lavoratori, pensionati e imprese. Lo sciopero generale è una decisione che spetta alle confederazioni e Annamaria Furlan mi sembra che non lo abbia escluso se il governo non cambierà al più presto rotta.

A gennaio le vertenze sul tavolo del Mise erano 138, ora siamo saliti a quota 160. Come si spiega questa impennata? La crisi industriale sta tornando a mordere?
Il ricorso alla cassa integrazione sta esplodendo, bisogna smetterla di pensare alle istituzioni, e al Mise in questo caso specifico, come una macchina della propaganda. Dopo 13 mesi parlare dei governi precedenti è penoso. Gli incontri sono convocati per inerzia e dopo molta insistenza e ci si racconta ogni volta la puntata precedente. L’area di gestione delle crisi andava rafforzata e non smontata. È sempre più frustrante portare i lavoratori al ministero e accorgersi che il lavoro di gestione delle crisi non viene più svolto.

Qual è il comune denominatore di vertenze come Whirlpool, Aferpi, Piaggio Aero, Sider Alloys, Arcelor Mittal?
Il vuoto di politica industriale. È una colpa che non imputo solo a questo governo, perché manca da troppi anni. Con l’unico intervallo positivo che è stato il piano industria 4.0. Ma siccome quest’ultimo programma – pur perfettibile – funzionava, è stato smontato. Le aziende (italiane o straniere che siano) quando vedono assenti o distanti le istituzioni hanno un buon alibi per fare da sole e come gli conviene.

La mancata alleanza Fca Renault è un’occasione persa anche per l’Italia?
Le dichiarazioni del ceo di Renault Jean-Dominique Sénard («era un progetto eccezionale») rendono l’idea dell’importanza dell’operazione. Sénard arriva 10 anni dopo a quello che Sergio Marchionne fece per liberarsi dell’establishment di ogni Paese che, in nome di un nazionalismo industriale propagandistico, fa tanto male alle imprese e ai lavoratori. Per Fca e Renault non vi sono alternative a cercare una nuova alleanza. Vedremo con chi.

Quali azioni concrete chiedete al governo?
Chiediamo di smetterla di mortificare l’Italia del lavoro e di fare retromarcia sui condoni fiscali (che invece sono stati prorogati) perché le tasse vanno ridotte a chi li paga e non ai criminali. Dai minibot alle cassette di sicurezza, ogni giorno c’è una "sparata" che indebolisce la credibilità del Paese. Noi chiediamo che invece si punti seriamente sull’industria e sulle infrastrutture con un sostegno all’innovazione tecnologica e organizzativa. Infine, vorremmo avere un rapporto di collaborazione con il Mise. Oggi, se scrivi un comunicato critico, non vieni ricevuto. Invece di affrontare le crisi, al ministero leggono in continuazione le rassegne stampa.