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Migranti. Soccorso gommone con 26 bambini a bordo. «Almeno 6 persone morte»

Nello Scavo, a bordo della Mare Jonio mercoledì 28 agosto 2019

«È pieno di bambini!», gridano nella radio mentre dalla plancia di Mare Jonio ascoltano increduli. I binocoli, a distanza di un paio di miglia, lasciano intravedere giusto qualche adulto. Ma quando i gommoni rapidi dei rescue team piombano sull’obiettivo precedendo la nave di Mediterranea, in quella che era diventata una latrina di escrementi, vomito, nafta e acqua di mare, appare un grappolo di testoline.

In tutto 22 bambini sotto i dieci anni, più altri 6 minori non accompagnati. Mai così tanti, mai così piccoli lungo la rotta dei disperati. Il “gommone dei bambini” è scampato al peggio. Ma non è un lieto fine. Qualche ora prima, nel buio stellato al largo di Misurata, il tubolare di destra si è afflosciato di colpo, come un palloncino bucato da uno spillo. Molti sono caduti in mare, tra cui sei uomini mai più riemersi, originari di Senegal, Costa D’Avorio e Mali. «Pensavamo fosse finita anche per noi», dicono alcuni ragazzi che hanno addosso l’odore del carburante che con l’acqua di mare brucia la pelle e toglie il respiro. Ancora una mezza giornata alla deriva e sarebbe stata un’altra strage degli innocenti.

Il “gommone dei bambini” manda in tilt le comunicazioni della Guardia costiera, che dapprima suggerisce al capomissione Luca Casarini e al comandante Giovanni Buscema di vedersela con i libici. Proposta irricevibile: «Li riportiamo all’inferno? Non se ne parla». Poche ore dopo la mail più inaspettata: il coordinamento dei soccorsi di Roma si incarica di chiedere alle autorità l’assegnazione di un porto di sbarco. Il primo cenno di quella «discontinuità politica» invocata da Cecilia Strada, indaffarata come tutti qui a bordo ad accudire e rassicurare mamme e bambini.

Così quando, incuranti di famiglie e bambini, l’incorreggibile ministro uscente Salvini firma il divieto di ingresso seguito dagli altri "quasi ex" Toninelli e Trenta, la Guardia costiera ha già fatto capire di non potersi voltare dall’altra parte. Nessuno sembra davvero volere prendersi la responsabilità di lasciare in mare gli innocenti scampati a un eccidio a cui avrebbe assistito solo il firmamento. E nessuna legge sarà mai abbastanza giusta se questi piccoli verranno abbandonati in balìa delle acrobazie di palazzo.

Ma non ci sono solo bambini: tra gli ultimi ad essere trasbordato dai volenterosi ragazzi di Mediterranea c’è un camerunense che non si regge in piedi. È il più anziano del gruppo, sembra un vecchio ma in realtà ha 40 anni. La dottoressa Donatella Albini lo visita e trattiene il respiro: quell’uomo è stato selvaggiamente seviziato dai carcerieri libici. Addosso ha segni mai visti, strane cicatrici, come dei morsi profondi che gli hanno strappato la pelle. «Chi ti ha fatto questo?». «I cani», risponde; E con il distacco di chi vuol spogliarsi dell’orrore racconta di come era fatto aggredire per denaro e capriccio dai mastini dei capobanda.

Delle 26 donne raccolte, 4 sono in gravidanza, alcune agli ultimi mesi di gestazione; diverse necessitano di cure mediche urgenti, quasi tutte recano segni di abusi, percosse e stupri. Tra i 50 maschi, a un primo screening, i ragazzi più giovani mostrano segni di evidenti torture, con lesioni agli arti e contusioni di varia natura; i bambini sono in condizioni di ipotermia.

A bordo, però, si fa presto a fare festa. Bastano fogli bianchi e colori. Le bambine disegnano fiori e paesaggi spensierati: è quello che sognano finalmente di trovare. I maschietti corrono dietro a modellini di auto e aeroplani appena ricevuti in dono. Una piccola ivoriana tratteggia il racconto del salvataggio: il gommone sovraffollato, alcune persone cadute in acqua, la «grande nave» che arriva a salvarli.

Il mare, però, racconta altri misteri. A cominciare dai relitti incrociati nelle ore precedenti. Il Mediterraneo «è una tomba», ripete Alarm Phone, l’organizzazione che riceve i messaggi di Sos dai naufraghi che salpano lungo tutte le direttrici marittime vero l’Europa. Un cimitero pressoché abbandonato a se stesso. Qualcuno invece nell’ombra si muove: lo mostrano proprio alcune foto scattate durante la navigazione della pattuglia umanitaria costituita dalla Mare Jonio e da due barche a vela. Con il mare calmissimo sono affiorati due gommoni completamente sgonfi, uno azzurro, l’altro bianco: sono quelli usati abitualmente dai trafficanti. Intorno non ci sono cadaveri né giubbetti salvavita.

«Probabilmente ci viaggiavano le cento persone salvate dalla Eleonore», spiega l’equipaggio alludendo all’altra nave umanitaria di cui per tutto il giorno sulla plancia di Mare Jonio sono state ascoltate le conversazioni radio con la Guardia costiera di Malta («Non avete il permesso di avvicinarvi alle nostre acque nazionali», ripeteva perentoriamente l’ufficiale di servizio). Da entrambi i relitti, però, risultano asportati i motori fuoribordo: non sapremo mai se di notte, lontano da sguardi curiosi, qualcuno sia venuto a recuperarli e rimetterli sul mercato degli scafisti.

Il gruppo messo al sicuro da Mediterranea era partito tre giorni prima da al-Khoms. Medici senza frontiere, che aveva visto riportare a terra dai militari libici un centinaio di altri migranti, ha raccolto testimonianze secondo cui alla deriva c’era un altro gommone, a circa 60 miglia da Misurata, ma i guardacoste libici facevano sapere di non avere tempo né mezzi per cercarli. Probabilmente si tratta dei 98 soccorsi ieri a 71 miglia da Misurata.

La ripresa degli scontri in Libia e il sovraffollamento delle prigioni sta facendo crescere la necessità di tornare a mettere in mare chi ha ancora qualche dinaro per fuggire dall’inferno. Un rapporto di Eunavformed (la missione europea Sophia), ottenuto attraverso fonti libiche da Tripoli, preconizza una stagione difficile. In mancanza di un vero cessate il fuoco fino a 300mila persone potrebbero lasciare il Paese; in gran parte via terra tornando a bussare alla frontiera con la Tunisia, ma moltissimi attraverso i caronte delle vite a perdere. L’esame delle spiagge di partenza dei migranti, del resto, conferma come tutti i trafficanti, mai veramente perseguiti dalla giustizia libica, siano tornati alle azioni di sempre.

Una notte diversa comincia per i superstiti sulla Mare Jonio. C’è chi prega e chi si addormenta aggrappato a moglie e figli. «È stato un miracolo», dice un marinaio ringraziando il Cielo mentre strappa la pagina dal calendario. Non c’era stato tempo di farlo. Non c’era stato tempo di accorgersi che «oggi è sant’Agostino, un santo africano».