Attualità

Fermiamo la guerra. Gianni Alemanno: «Tanti cittadini 
contrari
 all’invio di armi»

Matteo Marcelli sabato 22 ottobre 2022

Primo firmatario del manifesto “Fermare la guerra” e promotore dell’omonimo comitato, Gianni Alemanno il 5 novembre sarà in piazza, a Roma, per la grande manifestazione a favore della pace in Ucraina. Esponente di lungo corso della destra italiana, vede nel nascituro governo «un traguardo storico» ma sulla guerra, dice, «deve rivedere le sue posizioni».

Alemanno, perché ha deciso di aderire alla manifestazione?
Abbiamo cominciato un percorso già nel maggio scorso con un convegno per la pace e la costituzione del comitato “Fermare la guerra”, che ha raccolto le firme di circa mille aderenti tra intellettuali, esponenti politici e membri della società civile. Il punto è cercare un dialogo al di là del nostro posizionamento: sono temi che non riguardano appartenenze politiche ma tutta la comunità.

Ma non si sente un po’ a disagio a manifestare assieme alla sinistra?
Se dicessi di non sentirmi per nulla a disagio non sarei del tutto sincero. Diciamo che è un disagio superato dalla gravità della situazione. Sottolineo poi che è una manifestazione senza simboli politici e promossa dalla società civile. Quindi i partiti che verranno saranno ospiti.

Qualcuno però ha provato a metterci il cappello.
Sì, anche per questo abbiamo messo le mani avanti, chiedendo da subito che non ci fossero strumentalizzazioni in senso antigovernativo. Anche perché, finché era premier Draghi nessuno è andato in piazza per la pace, ma ora che sta arrivando Giorgia Meloni cominciano le manifestazioni. Senza contare che la vera frattura, trasversale, è quella certificata da tutti i sondaggi secondo i quali, a differenza della politica ufficiale, la gran parte dei cittadini è contraria all’invio di armi a Kiev.

Quindi non vanno più fornite secondo lei?
No, bisogna sospendere l’invio e legare questa interruzione al cessate il fuoco. È assurdo che si è continuato a mandare armi e a mettere sanzioni, ma non si è fatta nessuna proposta di pace. Occorre invertire il meccanismo. Se continuiamo a mandare armi chiedendo il cessate il fuoco, i russi crederanno sempre che si tratti di una strategia per guadagnare tempo.

Spingere per una vittoria militare è sbagliato insomma?
Sì, è una guerra che nessuno dei due contendenti può vincere. Insistere significa rischiare un’escalation fino al disastro nucleare oppure, nella migliore delle ipotesi, una guerra interminabile, tipo Afghanistan ma in Europa.

Quali sono i punti fondamentali di questa pace?
I nodi da affrontare sono lo schieramento dell’Ucraina nella Nato e il tema del Donbass. Che andava visto in chiave di autodeterminazione dei popoli. Abbiamo totalmente ignorato la volontà di queste popolazioni prima dello scoppio del conflitto. Però, dopo la decisione sbagliata della Russia di indire i referendum per conto proprio, questa strada è meno praticabile e al momento l’unica via percorribile è un cessate il fuoco. Occorre un tavolo per un negoziato, che certo potrebbe essere interminabile, ma è sempre meglio di una guerra interminabile.

E sulla Nato cosa bisogna fare?
Va riportata al trattato: è un’alleanza difensiva che vale quando uno dei membri viene attaccato e non può essere utilizzata al posto dell’Onu o altri organismi come un “poliziotto” planetario. Aggiungo che ci sono Paesi Nato, come la Turchia, che non hanno inviato armi e nessuno li sta espellendo. Ciò detto, credo sia ora di pensare seriamente a una difesa europea, non nell’ambito della Nato però, non cambierebbe nulla. Viviamo in un mondo multipolare e questo tipo di schieramenti sono superati.

Cosa ne pensa delle uscite di Silvio Berlusconi sul conflitto?
Sono improvvide, perché mettono in una chiave superficiale ed amicale un tema così drammatico.