Attualità

LA VICENDA. Genova nel caos. Bagnasco: serve l'impegno di tutti

Lucia Bellaspiga sabato 23 novembre 2013
Una città messa in ginocchio da quattro giorni di sciopero selvaggio, con mezzi pubblici fermi da martedì senza alcuna fascia di garanzia e i cittadini impossibilitati a recarsi al lavoro. Così si presentava ieri Genova, attraversata da numerosi cortei di protesta dei lavoratori dell’Amt e nell’aria la continua sensazione che le agitazioni si dovessero presto estendere dal trasporto pubblico ad altri settori, in particolare ai lavoratori di Amiu (nettezza urbana) e Aster (manutenzioni). Nel mirino, la politica del sindaco Marco Doria e della sua giunta di centro-sinistra, accusati di voler privatizzare le municipalizzate pur di risanare i conti.«Il Comune non vuole privatizzare Amt – ha ritrattato ieri il sindaco – è falso dire il contrario, ma l’azienda deve avere i conti in equilibrio e non può fallire, noi abbiamo il dovere di risanarla». L’urgenza è mettere in sicurezza il bilancio dell’azienda di trasporto pubblico, che conta 2.400 dipendenti e un rischio fallimento più che concreto. Già nel 2012 per salvarne le sorti il Comune di Genova aveva versato nelle casse dell’Amt quasi 30 milioni di euro, e altrettanti nel 2013. Uguale stanziamento – ha sottolineato ancora il primo cittadino alla fine di una giornata convulsa, tra cortei e incontri con le rapprentanze sindacali – sarebbe previsto per il prossimo 2014. Mancano ancora 8 milioni di euro per far quadrare i conti, quegli 8 milioni che nel 2013 hanno costituito il contributo degli stessi lavoratori Amt, un sacrificio che «poteva essere riproposto anche nel 2014, ma i sindacati hanno detto no e la trattativa non è potuta nemmeno iniziare», aveva sostenuto Doria giovedì, quando infatti cinque ore non erano bastate per raggiungere un accordo. Cambio di rotta ieri, quando il sindaco ha ammesso che «il Comune è disponibile a trattare sugli 8 milioni che mancano, ma dobbiamo sederci a un tavolo». Cosa impossibile se i sindacati continuano a tenere la linea dura, peraltro affiancati non solo dalla cittadinanza, solidale con i lavoratori, ma dal leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, che non ha perso l’occasione per unirsi ieri ai cortei in città: «Sarà una lotta all’ultimo sangue», ha promesso l’ex comico ai manifestanti, «la vostra è una battaglia epocale», ha poi allargato l’orizzonte della protesta: «I trasporti, il gas, l’acqua sono beni pubblici che non possono essere svenduti. Con le privatizzazioni si cedono pezzi di storia dell’Italia, abbiamo perso l’alimentare, la chimica, la nautica... Ci giochiamo tutto da Genova».Una Genova che sta a cuore e preoccupa in primo luogo il suo cardinale, Angelo Bagnasco, per il quale «lo sciopero che paralizza la nostra città deve suscitare una riflessione da parte dei responsabili sia locali che nazionali, perché il lavoro di tantissime famiglie non vada in fumo: sappiamo che senza lavoro non c’è dignità. Ho l’impressione però che a questa protesta si vogliano aggregare anche realtà in crisi, e questo desta preoccupazione». Che da Genova la protesta possa dilagare, se per Grillo è un augurio («i lavoratori Amt si devono ora unire agli altri, a quelli di Fincantieri, di Iren, in una battaglia comune»), per altri è l’incubo, non solo nella già difficile realtà lavorativa del capoluogo ligure ma sull’intero territorio nazionale: «Sono molti i governatori preoccupati dalla vertenza genovese – emerge dalla Conferenza delle Regioni – perché questa potrebbe innescare un effetto domino nelle varie municipalizzate dei trasporti», nel 50% dei casi destinate a chiudere con i conti in rosso nel 2014. «Sì, Genova è la scintilla di un incendio che si espanderà in tutta Italia, saranno i sindacati generali a diffondere le fiamme nelle altre città», ha auspicato Andrea Gatto, sindacalista della Cisal, leader della protesta genovese. Non si è fatta attendere la risposta di Bersani: «È inutile che Grillo sbandieri polemiche astratte e ideologie – ha detto l’ex segretario del Pd – per me soluzioni che lascino a piedi la gente non vanno bene, occorre garantire il lavoro. Quando si innesca la miccia, può esplodere». La procura intanto ha aperto un fascicolo di indagine contro ignoti per interruzione di pubblico servizio e l’Autorità di garanzia per gli scioperi valuterà se adottare le sanzioni previste dalla legge.