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Caos crediti. Bonus, fra costi e risparmi il bilancio è incerto

Eugenio Fatigante mercoledì 22 febbraio 2023

Davanti al mega-pasticcio sfociato nello stop alla cessione dei crediti edilizi, le varie “parti in causa” mettono in campo pro e contro di segno opposto. I 5 stelle, messi nel mirino per essere i “padri” dell’ampliamento generalizzato dello sconto in fattura e delle proroghe temporali che tanti problemi stanno creando ai conti pubblici, da sempre hanno ribattuto alle critiche sciorinando, anche nei talk in tv, una serie di dati sulle ricadute economiche in positivo delle misure adottate. Lo stesso Superbonus 110% (ora al 90%) costa tanto, ma non è che non serva a nulla. Uno degli studi più citati dai pentastellati, in questo ragionamento, è quello sfornato da Nomisma, centro di ricerca e consulenza, col suo rapporto periodico “110% Monitor”: con 71,8 miliardi di euro spesi dal pubblico, dice l’ultimo report, si è generato un giro d'affari nel Paese di 195,2 miliardi e le famiglie hanno risparmiato 29 miliardi sulle bollette energetiche, pari a 964 euro all'anno a nucleo (e gli italiani a basso reddito che hanno goduto del bonus sono stati 1,7 milioni). Inoltre, si sarebbe dato lavoro a quasi 1 milione di persone e si sarebbe aumentato il valore degli immobili di 7 miliardi. La misura voluta dal governo giallorosso per rilanciare l’edilizia e migliorare l’efficienza energetica degli immobili residenziali italiani ha sempre diviso fortemente. Sull’altro piatto della bilancia c’è l’aumento (non da poco) dei costi e del prezzo dei materiali impiegati nei lavori. Dovuto in parte a fattori oggettivi (vedi il generale rialzo delle materie prime per il contemporaneo scoppio della crisi ucraina), ma in buona parte anche alla semplice considerazione che tanto, alla fine della fiera, “a pagare non è il proprietario degli immobili, ma lo Stato”. Ragion per cui, come ha sostenuto domenica la premier Meloni, sono tutti gli italiani, anche quelli che non hanno alcuna proprietà, ad aver finito col pagare questi bonus «2mila euro a testa». È un rovescio della medaglia analizzato invece dai report dell’Enea, l’agenzia nazionale per l’energia e lo sviluppo economico sostenibile: già un anno fa, a maggio 2022, l’incremento segnalato del costo medio rispetto ad agosto 2021, in base alle asseverazioni (cioè le certificazioni dei progetti depositate per ottenere il bonus), era del 22,3% per le abitazioni singole, del 18,8% per i condomini e del 13,6% per le unità indipendenti. Secondo alcune stime, se i prezzi fossero rimasti identici a quelli dell’agosto 2021, il risparmio per le casse pubbliche sarebbe stato di 2,5 miliardi di euro. La tendenza a costi in salita è proseguita poi nei mesi, anche dopo i tentativi fatti dal governo Draghi per contenerli. Ovviamente, come sempre per i numeri, tutto dipende dall’angolazione con cui li si soppesa. C’è anche la ricerca del Consiglio nazionale dei commercialisti che arriva alla conclusione che, nel biennio 2020/21, a fronte di un euro di uscita per lo Stato sul Superbonus, sono 43,3 i centesimi che poi rientrano per l’impatto che l’agevolazione esercita sull’economia in generale. Quindi, il costo netto sarebbe “solo” di 56,7 centesimi. Viceversa, facendo un ragionamento spannometrico sui dati Enea citati prima, si può arrivare alla conclusione che se il costo globale dei crediti collegati ai vari bonus è nell’ordine dei 120 miliardi di euro, ben 24 miliardi circa di soldi pubblici siano stati usati solo per rimpinguare le casse di ditte e di fornitori privati attivi nell’edilizia. Una cifra dall’impatto mostruoso, se fosse realmente andata così. Sono considerazioni che portano a pensare che, alla resa dei conti, il bonus 110% e la cessione dei crediti si sono rivelati un affare soprattutto per le banche (che hanno visto crescere infatti in generale gli utili) e gli addetti ai lavori. E solo per una parte minima di cittadini proprietari. Una enorme manovra con non poche sperequazioni, insomma. © RIPRODUZIONE RISERVATA