Attualità

Focolari. Economia e fraternità nel primo bilancio di comunione

Matteo Marcelli venerdì 20 gennaio 2023

Molto più di un semplice report finanziario, ma certamente meno di un resoconto completo delle attività del movimento dei focolari, che peraltro sarebbe impossibile racchiudere in un documento del genere. Per la prima volta nella sua storia, il movimento fondato da Chiara Lubich pubblica un bilancio di missione, o meglio, di comunione come è stato deciso di definirlo. Una scelta utile a sottolineare «ciò che sta dietro il cammino compiuto finora» e che va molto oltre i numeri, come spiegato ieri nel corso della presentazione a Roma dalla presidente Margaret Karram.

Per Genevieve Sanze, co-responsabile per l’economia e il lavoro del centro internazionale del movimento, il bilancio «rappresenta un’occasione di reciprocità, trasparenza», ma esprime anche «un senso di gratitudine per i frutti generati dalla comunità nei suoi anni di impegno». Una realtà che raccoglie oltre 2 milioni di aderenti di tutte le età, culture, religioni e condizioni sociali, con 27 diramazioni che operano in vari campi civili ed ecclesiali, 16 aree geografiche, oltre 740 focolari e circa 2mila nuclei di “volontari e volontarie di Dio”. Ovviamente si tratta solo di una parte della ricchezza immateriale generata, a cui si affiancano le cifre prettamente economiche. Non tutte però, perché si parla di una presenza attiva in vari Paesi attraverso enti giuridici che la rappresentano in varie modalità, come le numerose associazioni che si ispirano ai suoi valori e fini e dipendono dalle legislazioni civili e regimi fiscali locali. Soggetti che hanno già un proprio bilancio e questo, assieme alla vastità delle azioni svolte localmente, nel rispetto del principio della sussidiarietà, non permette di presentare un rendiconto contabile unico, in grado di includere tutto quanto si realizza nelle singole diramazioni, zone e centri regionali. Di conseguenza la scelta metodologica adottata è stata quella di riferirsi solo alle attività sostenute, in tutto o in parte, dalla comunione dei beni condivisa a livello internazionale.

Ciò premesso, e passando ai numeri veri e propri, le entrate riferite al 2021 (l’anno oggetto del bilancio) ammontano a poco più di 8,6 milioni di euro, dei quali circa 5 arrivano dalla comunione dei beni straordinaria dei membri, da donazioni e da lasciti. Dalla comunione ordinaria sono stati ricavati altri 2,5 milioni, mentre circa 900mila euro vengono dalla vendita di immobili. A istituzioni esterne per progetti di formazione si deve invece l’entrata di altri 114.581.
Il totale delle uscite è di 9,4 milioni di euro, di cui la gestione del centro internazionale, l’acquisto e la manutenzione di immobili e le opere culturali e sociali rappresentano le voci che pesano di più. Cifre a cui si aggiungono altri 3.2 milioni di entrate e altrettanti di uscite dai resoconti dalle zone territoriali.

L’aspetto straordinario, come ha evidenziato il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, è la quantità di attività messe in campo e la capacità generativa del movimento, raggiunta con una cifra irrisoria, se paragonata ad altre realtà simili. «Ciò dimostra – ha chiarito lo storico – che il dato finanziario non determina marxisticamente la realtà». Certo emerge anche «l’esigenza di fare di più – ha continuato – ma non per aumentare la potenza della rete, piuttosto per essere un seme nella realtà del mondo. Perché il movimento è come una rete che trattiene la terra dallo smottamento e questo documento vuole mettere in luce gli effetti di questa comunione in una volontaria e libera condivisione». «I numeri, che nel linguaggio biblico ricorrono spesso come strumento profetico – ha fatto invece notare l’economista Luigino Bruni –, sono coessenziali al racconto in prosa delle attività contenute nel bilancio. Ma i carismi sono capaci di attivare un valore che va oltre quello del denaro. C’è un segreto nascosto nei cuori e nei rapporti tra le persone che non vogliamo misurare».