Attualità

Governo. Fisco e lavoro, ecco il piano

Nicola Pini mercoledì 12 marzo 2014
A soli 20 giorni dal giuramento il governo si gioca oggi buona parte delle sue car­te con il via libera all’annunciato 'pia­no choc' per il sostegno dell’economia. Al cen­tro dell’attenzione c’è soprattutto il taglio del cuneo fiscale, un’operazione da 10 miliardi di euro nel 2014, della quale beneficeranno i la­voratori dipendenti. Ma sul tavolo dell’esecu­tivo c’è molta carne al fuoco. Dal Jobs act su la­voro e ammortizzatori sociali al piano casa, dallo sblocco di nuovi pagamenti della Pa ver­so le imprese, all’accelerazione degli interven­ti edilizi nelle scuole. Ministri e tecnici sono impegnati su più fronti e questa mattina ci sarà un pre-consiglio per tirare le fila delle misure (diversi decreti legge e ddl) da portare nel po­meriggio al Consiglio dei ministri. Sui tagli fi­scali il Tesoro preferirebbe un rinvio di qualche giorno per definire con più precisione la que­stione delle coperture finanziare, anche per­ché il ministro del’Economia Piercalo Padoan ieri è rientrato a Roma dall’Ecofin solo in tar­da serata. Palazzo Chigi però insiste e mette fretta: le coperture ci sono, sono solide e val­gono circa il doppio di quelle che servono. Mat­teo Renzi ha annunciato una conferenza stam­pa alle 17 per illustrare i provvedimenti. Ormai superato il 'derby' tra gli sgravi alle im­prese (Irap) e quelli ai lavoratori (Irpef) a van­taggio della seconda ipotesi. Il pressing di Con­findustria è proseguito ancora ieri ma non sembra aver cambiato il vento. I benefici fiscali andranno, del tutto o quantomeno in gran par­te, ai redditi dei lavoratori dipendenti in atti- vità con un aumento delle detrazioni che la­scerà più soldi nelle buste paga fino a 15 mila euro. Oltre questa soglia le detrazioni si ridur­rebbero via via fino ad annullarsi. Con 10 mi­liardi a disposizione (comprendendo anche i 2 miliardi di sgravi già decisi dal governo Let­ta) gli stipendi potrebbero salire di 70-80 euro al mese. Oltre a questo nelle ultime ore è e­mersa anche l’ipotesi, ancora da verificare, di una rimodulazione delle aliquote Irpef con un taglio di quella intermedia dal 38% al 35%: è l’a­liquota che si paga sui redditi tra 28 e i 55 mi­la euro. In questo caso la riduzione delle im­poste riguarderebbe anche la classe media, compensata da un rialzo dell’aliquota sui red­diti più alti: oltre i 120mila euro l’aliquota sa­lirebbe dal 43 al 46%. Ieri il vice-ministro all’Economia Enrico Mo­rando ha detto che la questione delle copertu­re finanziarie al taglio del cuneo è «sostanzial­mente risolta»: saranno articolate su misure «strutturali» e «una tantum» che nel tempo «di­venteranno anch’esse strutturali». Metà alme­no delle risorse che servono sono attese dalla spending review. Giusto oggi il commissario Carlo Cottarelli presenterà il suo piano al Par­lamento. Per il resto si punta sul rientro e la re­golarizzazione dei capitali detenuti all’estero, e sulla minor spesa per interessi a seguito del calo dello spread. Nel mirino anche una ridu­zione delle spese militari (compreso il pro­gramma di acquisto dei caccia F35). Non ci sa­rebbero invece l’aumento delle imposte sulle rendite finanziarie e la stratta sulle pensioni di reversibilità. Se sul fisco il governo guarda più alle buste pa­ga gli altri provvedimenti potrebbero essere ben accolti dal fronte delle imprese. Sul lavo­ro sarà presentato un ddl delega nel quale tro­veranno spazio misure di semplificazione nor­mativa per le aziende. Riguardo ai contratti si parla dell’introduzione del contratto di inseri­mento a tutele progressive (tre anni senza ar­ticolo 18) ma anche del rafforzamento del­l’apprendistato. Il Jobs act prevede poi una riforma degli ammortizzatori sociali con la pro­gressiva sostituzione della cassa in deroga con un sussidio di disoccupazione a più largo spet­tro, destinato anche ai collaboratori a proget­to. Prevista anche la riorganizzazione delle agenzie del lavoro, finalizzata a sviluppare il progetto «garanzia giovani» lasciato in ere­dità dal governo Letta. Altra misura pro-im­prese è lo sblocco dei debiti accumulati dal­la Pa, con un potenziamento del ruolo della cassa depositi e presti. Dai 20 miliardi di rim­borsi già previsti si arriverebbe a 50-60 mi­liardi. Previste anche norme per evitare in fu­turo l’accumulo di nuovi ritardi nei paga­menti. Si chiude con il piano casa e con quel­lo per l’edilizia scolastica.