Attualità

BIOPOLITICA. Fine vita, ora Fini lo dice chiaro: «Non voglio legge». Eppure serve

Giovanni Grasso sabato 11 dicembre 2010
È polemica sulle dichiarazioni che il presidente della Camera Gianfranco Fini ha rilasciato ieri sulla bioetica. Parlando a una scuola a Isernia, infatti, Fini ha sostenuto apretamente l’inopportunità di una legge sul fine vita, attirandosi le critiche di esponenti del centrodestra e anche del centrosinistra. Tutto questo, mentre dodici esponenti di Fli (tra cui l’ex ministro Ronchi e il capogruppo al Senato Viespoli) firmano – insieme a tutti i deputati dell’Udc e parte dell’Api – un documento promosso da Paola Binetti (Udc), intitolato "Dalla parte della vita: sempre".Un testo che concorda con la decisione del governo di istituire per il 9 febbraio, in ricordo della morte di Eluana Englaro, la giornata dei pazienti in stato vegetativo. E che impegna i firmatari «a promuovere concretamente politiche sociali, scientifiche ed economiche volte a garantire ai pazienti in stato vegetativo e alle loro famiglie tutto ciò che può contribuire a migliorare la loro qualità di vita».Fini, parlando in Molise, ha sostenuto la tesi che, sulle questioni di bioetica, «la politica non deve fare uno, ma tre passi indietro, perché si tratta di questioni che vanno rimandate alla coscienza di ogni cittadino». E ha aggiunto: «Pensare di codificare con delle leggi un tema che ha confini sottili ed è legato a convinzioni personali, significa andare oltre ciò che è necessario alla società italiana. Non è relativismo questo, significa avere ben chiaro che non tutto può essere codificato da una norma di legge. Quando si intreccia etica e scienza, la legge è un anello debole. Non a caso Paesi più avveduti hanno leggi flessibili su questi temi». E, alludendo al caso Eluana Englaro, ha concluso: «Da noi quando si è pensato di fare una legge, poi non si è più fatta».Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha replicato a Fini a stretto giro di posta: «Sono d’accordo con lui quando afferma che non ci sarebbe stato bisogno di una legge sul fine vita: a garantire il diritto a scegliere ed eventualmente rifiutare le cure bastava l’articolo 32 della Costituzione». Ma, aggiunge Roccella, «la situazione è cambiata con la sentenza Englaro, la cui invasività è stata sottolineata da un conflitto di competenze sollevato dal Senato. Il rischio che il potere legislativo del Parlamento sia scavalcato da sentenze "creative" della magistratura dovrebbe inquietare un presidente della Camera sempre così attento alle prerogative parlamentari».Sulla vicenda, intervengono anche i vertici del Pdl al Senato. Maurizio Gasparri, capogruppo, punzecchia i possibili alleati di Fli, Casini e Rutelli, ricordando che sul testamento biologico hanno posizioni molto diverse da quelle del leader di Fli: «Si può fare un terzo polo – si chiede – mettendo insieme tutto e il contrario di tutto su questioni essenziali?». Sullo stesso tono il suo vice, Gaetano Quagliariello, che nota: «Ricordiamo a Fini che sul tema del fine vita è stata la magistratura a fare tre passi avanti, spingendosi ben oltre il ruolo che l’ordinamento le assegna: e solo per questo una legge sul testamento biologico si è resa necessaria». E anche lui ha concluso: «Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano i suoi compagni di strada, Casini e Rutelli». Intanto, come si diceva, un gruppo di esponenti di Fli ha firmato assieme all’Udc e ad alcuni parlamentari dell’Api un documento di approvazione per la scelta del governo di ascoltare richieste "dal basso"  proclamando il 9 febbraio "Giornata degli stati vegetativi" (qui sotto il testo integrale e le firme). È il primo, credibile, segnale di un diverso e più limpido sentire nel nuovo soggetto rispetto alle contrverse posizioni e scelte di Fini su cruciali questioni di carattere bioetico.