Attualità

IL CASO ILVA. Ma ferro e ambiente si conciliano già

Paolo Lambruschi venerdì 17 agosto 2012

​Lavoro e bonifica, le due strade che Taranto sta cercando di unire le ha già imboccate la Fondazione Cem, il centro educativo dei Giuseppini del Murialdo del quartiere Tamburi. Una realtà di volontariato che aderisce al progetto Policoro della Cei e si propone l’inserimento lavorativo dei detenuti e dei ragazzi a rischio delle periferie cittadine, anzitutto quella del quartiere dormitorio confinante con l’acciaieria. I volontari sono dipendenti e pensionati dell’Ilva, aiutati da una rete di professionisti, che hanno aderito alla proposta fatta nel 1998 da padre Nicola Preziuso, cappellano della fabbrica ed ex prete operaio. Il lavoro si svolge in un ex casello Anas accanto alla fabbrica sulla statale 106, ristrutturato dai volontari, che hanno creato spazi per laboratori di lavorazione del ferro, falegnameria e pasticceria, tutti condotti da ex lavoratori nel ruolo di formatori. Come Ferruccio Carletti, 63 anni, prepensionato 10 anni fa, dopo una vita come operaio nel reparto che produce tubi per oleodotti. Rinato come educatore e come artista. «Mi dedico a creare opere in ferro battuto utilizzando residui bellici. La sfida è trovarsi davanti un rottame che magari ha ucciso esseri umani e adattarlo a un nuovo linguaggio, quello della pace». Con i ragazzi e i detenuti del Cem tre volte alla settimana affronta un’altra sfida, trasmettere loro la passione e la capacità di lavorare il ferro sfuggendo alla violenza e alle tentazioni del guadagno facile. Ed ecco l’ambiente. Due anni fa il Cem è stato sfrattato dall’Anas. Ha chiesto aiuto alla Marina militare, proprietaria di numerosi siti inutilizzate che, attraverso il demanio, ha girato in comodato per 19 anni un’area di 4,5 ettari con cinque fabbricati a Mar Piccolo, la "Cimino Mangarecchia", con annesso sbocco sul mare. Il bio architetto Giuseppe Palanca ha curato un progetto di ristrutturazione con legno e materiali naturali rendendola autonoma sul versante energetico. C’era un problema, però: inutilizzata per mezzo secolo e incustodita, l’area è stata usata come discarica abusiva e una frazione di 500 metri quadri è stata inquinata da piombo e metalli. Senza la bonifica, il cui costo è di 300mila euro, la Regione non avrebbe consentito il comodato. Grazie a un interessamento del Cern, della facoltà di Ingegneria di Bari e dell’Arpa – che stanno costituendo un polo scientifico locale – l’appezzamento diventerà oggetto di una bonifica sperimentale che inizierà piantando pioppi, piante che sulla cascata delle Marmore e nelle Murge hanno dimostrato di poter assorbire metalli. Avuto il via libera, verrà inaugurata a settembre dall’arcivescovo, che qui celebrerà la giornata diocesana di custodia del Creato.