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INCHIESTA. Fattore famiglia, così si può introdurre a moduli

Francesco Riccardi giovedì 7 giugno 2012
È davvero «incompatibile» l’introduzione del Fattore famiglia con i conti pubblici, come ha detto martedì il premier Monti? Se si guarda al costo complessivo a regime – circa 17 miliardi – la cifra è certo consistente. Anche se è, più o meno, quanto si stima di dover spendere per assicurare la pensione anticipata a tutti i 350mila esodati ipotizzati dai sindacati. Il meccanismo del Fattore famiglia (una parte di reddito non tassabile perché necessaria al mantenimento dei familiari a carico) è però graduabile e scaglionabile nel tempo con impegni finanziari più ridotti.Cos’è e come funziona. Il principio è quello di quantificare il costo di mantenimento indispensabile di ciascun componente il nucleo familiare. Si determina così una «No tax area» all’interno della quale l’aliquota d’imposta è pari a zero. Superata la No tax area, invece, si applicano le aliquote progressive attualmente previste. Come si ottiene questa No tax area complessiva? Moltiplicando il costo di mantenimento per il valore di una scala di equivalenza modulata sul numero dei componenti e sulle problematiche connesse con il nucleo familiare. La scala di equivalenza, che costituisce in sostanza il Fattore famiglia, tiene conto del costo dei figli, più eventualmente di altre situazioni particolari come disabilità, monogenitorialità e altro. La No tax area può essere applicata da entrambi i coniugi dichiaranti con il peso dei figli a carico distribuito tra i due.Un esempio è però più semplice da capire. Se si prende come base di partenza per il costo di mantenimento la soglia di povertà relativa – 7.000 euro – si moltiplica questa cifra per 1,6 nel caso di 2 componenti, 2,2 per 3 componenti, 2,8 per 4 eccetera, fino a un parametro 6 in caso di 8 componenti il nucleo. La No tax area varia così da 7.000 euro per il singolo a 11.200 per due componenti, 15.400 euro per 3 persone, e così via. Questa No tax area può risultare superiore al reddito. La parte eccedente al reddito dovrebbe quindi essere tassata in modo negativo applicando la prima aliquota, diventando un credito di imposta o meglio un assegno.L’applicazione graduale. Spiegato il meccanismo torniamo alla questione dei costi. Quello complessivo, immaginando una base di partenza di 7.000 euro e un’applicazione generalizzata arriva a circa 16-17 miliardi. Tuttavia, gli esperti del Forum delle Associazioni familiari hanno già individuato almeno due strade per un’introduzione graduale. Il primo metodo consiste nell’applicarlo a partire dalle famiglie più numerose, ad esempio il primo anno quelle con 6 figli, il secondo anno i nuclei con 5, poi 4, 3, 2, 1. I gradini relativi all’impegno economico risultano proporzionali alla numerosità delle famiglie via via coinvolte. I costi sarebbero così limitati a 900 milioni di euro per la prima applicazione alle sole famiglie dai 4 figli in su. I successivi gradini di impegno aggiuntivo sarebbero di 2,7 miliardi (3 figli), 7,9 miliardi (2 figli) 5,3 miliardi (1 figlio). Fino ad arrivare ai 16-17 miliardi totali. Si può ipotizzare con una tempistica a biennali da qui al 2019.Un altro sistema di introduzione graduale potrebbe invece basarsi sul reddito, partendo dalle famiglie più in difficoltà, quelle cioè con reddito sotto alla soglia di povertà relativa. Si potrebbe cominciare con una base di 6.500 euro di No tax area e un recupero parziale per gli incapienti (con credito di imposta solo al 20%, per esempio), aumentando successivamente il credito di imposta fino a portarlo al 100% Con una base di 6.500 euro, tra l’altro, nessun nucleo familiare ci rimetterebbe rispetto al sistema attuale e il costo della manovra, a regime, scenderebbe a 12 miliardi complessivi. Eliminando al 100% la tassazione negativa si avrebbe un costo globale di circa 1 miliardo. Ammettendo un primo 20% di credito d’imposta, comunque esigibile tramite assegno, il costo salirebbe a 2 miliardi. Aumentando progressivamente il livello di tassazione negativa si può, gradualmente negli anni, arrivare a regime, sempre però partendo dalle famiglie incapienti, quindi le più povere. Insomma, gli spazi per un’introduzione graduale e modulare del Fattore famiglia ci sono. E non sembrano per nulla «incompatibili». Si può partire infatti da meno di 1 miliardo di euro.