Attualità

Famiglia. Quattro figli e 100 euro in meno, la beffa dell'assegno unico (e dell'Inps)

Andrea Bernardini giovedì 10 novembre 2022

Una famiglia al parco

Sta assumendo i contorni di una vicenda kafkiana il caso di oltre 40mila famiglie con quattro o più figli che, ad otto mesi dall’avvio della riforma dell’assegno unico, ancora attendono dall’Inps le maggiorazioni previste dalla legge. Un caso che Avvenire sta seguendo da tempo, ma che non ha avuto ancora un lieto fine.

Ieri Alfredo e Claudia Caltabiano – la coppia presidente dell’Associazione nazionale famiglie numerose, che raduna e dà voce alle 128mila coppie italiane con almeno quattro figli – hanno inviato un memorandum alla direzione dell’Inps e alle ministre del Lavoro e delle politiche sociali Maria Elvira Calderone e per la Famiglia, Eugenia Roccella, per chiedere che vengano resi immediatamente disponibili le somme non versate.

Le famiglie penalizzate – in particolare - sarebbero quelle coppie che hanno figli di 22 o più anni ancora fiscalmente a carico e comunque decisivi per il riconoscimento di status di famiglia numerosa.

«Il decreto legislativo 230 del 2021 che ha istituito l’assegno unico universale – ricostruisce Paolo Moroni (osservatorio politico Anfn) – prevede due maggiorazioni riservate alle famiglie numerose. Per ciascun figlio successivo al secondo è prevista una maggiorazione – parametrata sul valore Isee - dell’importo massimo di 85 euro mensili (se Isee è pari o inferiore a 15mila euro). Il decreto legislativo prevede inoltre una maggiorazione universale – dunque sganciata dai parametri Isee – destinata alle coppie con quattro o più figli pari a cento euro mensili per nucleo».

Questa seconda voce è, di fatto, un «diritto già acquisito da molti anni: già dal 2008 i genitori di prole numerosa lavoratori – dipendenti o autonomi - ricevevano i 100 euro in busta paga o in fase di conguaglio in dichiarazione dei redditi, sotto forma di detrazione aggiuntiva». Con l’introduzione dell’assegno unico universale quella provvidenza avrebbe dovuto essere assorbita dal nuovo strumento. Ma così non è stato. Almeno non per tutti.

Lo stallo – secondo quanto ricostruito dall’osservatorio politico Anfn – sarebbe riconducibile a un’interpretazione della norma errata (e poi corretta) e a questioni procedurali.

«Nei primi mesi di applicazione della riforma la maggiorazione è stata riconosciuta solamente ai nuclei con 4 o più figli minori o comunque fino a 21 anni ancora a carico – ricostruisce Paolo Moroni –. Dunque un nucleo familiare con quattro figli a carico dei quali, ad esempio, due minori, un maggiorenne entro i 21 anni ed uno oltre i 21 anni, risultava ingiustamente privato di tale maggiorazione».

È stato lo stesso ente previdenziale a «correggere» l’iniquità, chiarendo come nella determinazione del numero totale dei figli siano da considerare tutti i figli a carico sulla base delle regole di appartenenza al nucleo Isee, ancorché alcuni di essi non abbiano diritto all’assegno. «Dopo questo chiarimento ufficiale, l’Inps – ma solo a luglio su pressione del Forum delle associazioni familiari - ha aggiornato il modulo telematico per la trasmissione delle domande, permettendo l’inserimento anche dei figli over 21 ancora fiscalmente a carico dei genitori».

Il resto è storia recente. Le famiglie «più attente, avvertite dell’errore dell’Inps non dall’ente previdenziale, ma dai nostri canali comunicativi» si sono «rivolte ai patronati per far registrare la modifica richiesta, non sempre trovando operatori sufficientemente informati».

Risultato? «Purtroppo, ad oggi – osserva Alfredo Caltabiano – non è stato liquidato ancora alcun importo». In questa storia che richiama alla mente il film le 12 fatiche di Asterix e la prova forse più estrema (quella in cui il gallo è alle prese con la burocrazia), l’ultima chicca: «L’Inps ha comunicato che le modifiche apportate avranno effetto solo dal momento in cui sono state inserite». «E perché mai l’Inps vuole scaricare sulle famiglie i suoi ritardi?» sbotta Caltabiano, che chiede, a nome delle famiglie interessate, la corresponsione «senza remore delle somme arretrate dal 1 marzo ad oggi».