Attualità

Verso il 2015. Expo, corsa a ostacoli. Con qualche piano B

Daniela Fassini martedì 2 settembre 2014
A otto mesi (meno un giorno) dall’inaugurazione, con il cantiere alle porte della città che brulica di operai (2mila quelli attualmente al lavoro) e di ruspe che giorno dopo giorno innalzano i padiglioni e asfaltano il cardo e il decumano, c’è sempre spazio per le polemiche e le proteste. A farla da padrone, negli ultimi giorni, il tanto contestato progetto delle Vie d’acqua. Quell’opera cioè necessaria, secondo la società Expo 2015 Spa per far uscire l’acqua dal sito espositivo, ma inutile e dannosa per i comitati ambientalisti e dei cittadini. «Il "piano B" c’è» ha confermato l’assessore al verde, Chiara Bisconti, interpellata sulle proteste dei cittadini che hanno animato i parchi Pertini e Trenno domenica scorsa contro l’avvio dei lavori delle vie d’acqua. Dopo lo stop dell’inverno scorso, da alcune settimane le ruspe e i trattori sono nuovamente all’opera. «Ci sarà un passaggio completamente interrato nei parchi Pertini e Trenno – ha aggiunto l’assessore – senza che il verde venga interessato da scavi ma solo da trivellazioni in quattro pozzi cercando di minimizzare l’impatto sui parchi stessi. Forse non si arriverà in Darsena per l’apertura di Expo, ma sicuramente per completare quest’opera che porta l’acqua da nord a sud e che è funzionale al sito di Expo». Ma come spesso accade sui "temi caldi" legati a Expo, anche sul progetto delle vie d’acqua il divario tra comune e regione è ampio. Se da una parte Palazzo Marino getta acqua sul fuoco delle proteste, dall’altra il Pirellone incalza la società di gestione del grande evento. «La Regione – ha affermato Maroni – non ha competenza diretta, ma a me interessa che il progetto delle vie d’acqua si faccia e la società Expo deve prendere una decisione». «Una decisione per la verità – ha aggiunto – era già stata presa, era pronto un progetto già appaltato, poi queste proteste (dei "No Canal", ndr) hanno indotto la società a fermarsi. È stato un errore e io continuo a chiedere che Expo decida rapidamente». Ma c’è un altro "piano B" che accende le polemiche. Ed è quello che riguarda il futuro delle aree del sito Expo. Quel terreno di un milione di metri quadrati compreso tra i comuni di Rho e Milano per il quale la società Arexpo (controllata da Comune, Regione, Fondazione Fiera e comune di Rho) ha appena lanciato il bando per la riqualificazione urbanistica. Sul piatto ci sono 315 milioni di euro con l’obiettivo di trasformare quelle aree in un progetto di qualità (che sarà vagliato da un organismo di esperti). Le offerte dovranno essere consegnate entro il 15 novembre. Ma il rischio, con la crisi che ha colpito duramente anche e soprattutto il settore dell’edilizia è che il bando vada a vuoto. «Se non ci saranno offerte, c’è già un piano B che è quello di procedere per lotti separati» ha detto Maroni, alcuni giorni fa intervendo al Meeting di Rimini e suscitando subito la contrarietà della vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, secondo la quale «« oggi non è stato concordato alcun piano b sul post Expo». «A Maroni ricordo che le decisioni devono essere prese da tutti i soggetti coinvolti – ha aggiunto – Parlare oggi di possibile spezzettamento fa male esclusivamente alla gara in corso. Se veramente poi si dovesse mettere mano al progetto sarà l’occasione di riparare agli errori di chi ci ha proceduto, mettendo in campo un grande progetto condiviso, tra pubblico, banche e privato che consenta di mantenere per quell’area la vocazione che Expo sarà in grado di darle». Rimane ancora in sospeso, invece, lo sblocco dei 60 milioni di euro che alla società Expo 2015 spa servirebbero per coprire la quota di partecipazione della Provincia di Milano. Previsti nel decreto Sblocca-Italia approvato dal consiglio dei ministri venerdì scorso, in realtà gli aiuti dal governo non sono ancora arrivati. «Ora ci auguriamo che si crei un decreto apposito per avere la certezza di questo finanziamento» ha commentato il commissario unico, Giuseppe Sala. E anche per le due gare relative ai servizi di ristorazione per i bar e i ristoranti andate deserte, Sala non nasconde le sue preoccupazioni. «Sono andate deserte perché gli operatori ritengono di non riuscire ad ammortizzare gli investimenti che faranno per le attrezzature» ha spiegato. «La gente mangerà nei ristoranti dei Paesi, stiamo anche lavorando sul concetto di "street food" con i camioncini nelle piazze dell’esposizione – ha aggiunto – poi c’è appunto la parte residua dei bar e ristoranti per i quali credo che il problema sarà risolto».