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L'inchiesta. Emergenza rifiuti a Roma: ecco perché l'immondizia resta per strada

Antonio Maria Mira venerdì 5 luglio 2019

Ansa

Roma non solo non ha impianti per la gestione ordinaria dei rifiuti, ma neanche per affrontare le emergenze, come quella attuale. Sono i siti di stoccaggio provvisorio, impianti banali, vasche di cemento o capannoni col fondo impermeabilizzato. Ogni città italiana ne ha almeno uno da utilizzare quando c’è un guasto a un impianto o quando si ferma per manutenzione. Proprio come sta accadendo a Roma, col Tmb di Malagrotta che lavora 500 tonnellate in meno. In questi siti temporanei vengono portati i rifiuti raccolti dalle strade, e devono operare finché l’impianto non viene riparato e si torna alla normalità. Ma a Roma non ce n’è neanche uno. E sarebbero preziosissimi.

Ci sono invece a Napoli, come l’ex Icm dove è stata realizzata una vasca da 10mila tonnellate. Nei prossimi mesi, con la sosta per manutenzione del termovalorizzatore di Acerra, saranno molto utili e verranno riattivati. Ma con un vantaggio rispetto a Roma. Infatti riceveranno i rifiuti secchi, usciti dagli Stir (i Tmb campani), mentre a Roma coi Tmb che funzionano in maniera ridotta, dovrebbe andare l’indifferenziato, quello preso dai cassonetti o per terra. Ma di tutto questo non si parla. Lo dovrebbe decidere Roma Capitale di concerto con Ama. Ma non decide nulla.

Ama chiese un’autorizzazione nel 2013, quando a Natale ci fu un’emergenza, per realizzarlo a Ponte Malnome, in un’area propria. Ma non si fece. Ora si potrebbe fare lì, o a Rocca Cencia e Tor Pagnotta, sempre aree Ama. Basterebbero pochi giorni per realizzarne uno. Siti, lo ripetiamo, temporanei, che si riempiono e si svuotano, dei polmoni che servono per togliere i rifiuti dalle strade, che invece in queste settimane sono usate come sito di stoccaggio provvisorio per mille tonnellate ogni giorno che potrebbero invece finire in queste vasche e Roma sarebbe pulita.

Altra questione, che si intreccia alla prima e su cui bisogna fare chiarezza, dati alla mano, è quella della raccolta differenziata. Comune e Ama dicono che siamo al 46%, ma anche che ogni giorno vengono portate ai trattamenti 3.300 tonnellate di indifferenziato, che sarebbero quindi il 54% dei rifiuti prodotti da Roma Capitale. Vorrebbe dire che la produzione complessiva al giorno di Roma è di 6.100 tonnellate: 3.300, cioè il 54%, più 2.800, cioè il 46%. In tutto 2,2 milioni di tonnellate all’anno. Ma il conto non torna perché Roma ne produce 1, 7. Ci sono dunque 500mila tonnellate di troppo. Quindi è falso dire che la raccolta differenziata è al 46%, mentre in realtà è al di sotto di 40. I numeri non dicono bugie. La vera produzione giornaliera standard non è di 6.100 tonnellate ma di 4.800, con picchi stagionali di 5mila o poco più. Se 3.300 vengono portati negli impianti di trattamento di indifferenziato, vuol dire che la raccolta differenziata arriva al massimo a 1.800 tonnellate che sono poco più del 35%.

Così alla fine Roma deve affidarsi a impianti fuori provincia. E qui sorgono altri problemi. Perché con l’arrivo dell’estate e dei turisti alcuni di questi impianti già lavorano di più coi rifiuti locali e quindi potrebbe esserci meno posto per quelli romani. Inoltre, lo ripetiamo ancora una volta, si tratta di Tmb (come quelli di Ama) che si limitano a separare i rifiuti: umidi destinati alla discarica, secchi da bruciare.

Per i primi c’è attualmente la discarica di Colleferro, che è della Regione e che andrà avanti fino a dicembre. Poi nulla. Per quelli secchi c’è il termovalorizzatore di San Vittore, che è dell’Acea, quindi del Comune di Roma e prende i rifiuti da tutta la regione ma che il 16 luglio comincerà a chiudere una linea alla volta (sono tre) per manutenzione. Quindi per un mese e mezzo avrà il 33% di carico in meno al giorno. L’impianto lavora 380mila tonnellate l’anno, quasi mille al giorno, quindi ne mancheranno poco più di 300 al giorno. Bisogna trovare un’alternativa. Magari stoccandoli temporaneamente. Ma dove?

Ancora una volta Roma sconta i ritardi ed è in mano alle decisioni degli altri. E a lungo, visto che non ha impianti, che vanno progettati e costruiti. Per un termovalorizzatore ci vogliono 7 anni, per un impianto di compostaggio 3 anni, per una discarica 6 mesi. Troppo per l’emergenza in atto. Ma in pochi giorni si potrebbero almeno realizzare i siti di stoccaggio temporaneo. E togliere così i rifiuti dalle strade, scongiurare rischi sanitari, e affrontare con tranquillità lo stop di Colleferro. Ma nessuno ne parla.