Attualità

All'Enac delle suore Canossiane. Don Ciotti si racconta ai ragazzi

Antonio Maria Mira domenica 21 novembre 2021

Don Ciotti

«Ci rivediamo. Tornerò a trovarvi». «Vieni a pranzo. Facciamo il pollo con le patatine». «Guardate che cucino anche io». «Sì, sì, cuciniamo insieme». Si chiude così, come tra vecchi amici, l’incontro tra don Luigi Ciotti e i ragazzi che seguono a Foggia il progetto “Dispersione” di Enac Puglia, l’ente formativo delle suore Canossiane, finanziato dalla Regione. Ragazzi “a rischio”, vengono dalla complicata area garganica, storie di marginalità, disagio, abbandono scolastico, alcuni segnalati dai servizi sociali per precedenti penali o perché borderline o con situazioni familiari difficili. Il progetto, residenziale a Foggia, scuola e formazione professionale, prevede anche un percorso sulla legalità, coordinato da Federica Bianchi, referente di Libera Foggia. «Lei mi ha parlato di voi in modo meraviglioso», esordisce don Luigi coi ragazzi. Ma loro sono sospettosi. «Ho visto su Google chi sei», gli dicono. Si aspettano una “lezione” sulla legalità.

O forse una ramanzina perché pochi giorni prima hanno rotto una porta. Squa- con freddezza quel sacerdote che chiede di dargli del tu. Poi, via via, le difese si abbassano e diventa un colloquio tra pari. Don Luigi si mette al loro livello. Non da saccente maestro che viene a spiegare la legalità. Racconta la sua storia di bambino emigrato a Torino. Poi di 17enne che sceglie di impegnarsi per gli ultimi, per gli scartati. Come loro. Chiede cosa facciano. «Il pizzaiolo », «il cameriere», «la pasticcera ». «Complimenti», dice don Luigi e poi rivolgendosi a suor Filomena aggiunge: «Sto scoprendo la meraviglia di questo vostro dono». «Lo facciamo per questi ragazzi, che più sono disgraziati e più sono preferiti », risponde la suora. Poi don Luigi entra nel tema ma a modo suo. «Legalità è una parola che ci hanno rubato, che usano anche quelli che non la praticano». «Siamo il paese di Arlecchino», commenta secco un ragazzo. Il ghiaccio si è sciolto. Don Luigi racconta.

Il diploma da radiotecnico. L’incontro col barbone che lo spinge a occuparsi dei ragazzi che si riempivano di alcool e psicofarmaci. E l’attenzione sale. «Allora non c’erano comunità. Abbiamo cominciato dalla strada. Il nostro impegno nasceva dalla concretezza, dai bisogni reali». E continua il parallelo. «Allora ho capito che il lavoro è fondamentale, è occasione di vita. Oggi abbiamo una cooperativa che raccoglie rifiuti e dà lavoro a 250 persone. Dare occasione come fate voi qua». Ma è il tema droga che attira più l’attenzione. «Allora si finiva in carcere o in ospedale psichiatrico. Noi abbiamo cominciato a operare sulla strada». I ragazzi ascoltano attenti e reagiscono. «Ma allora ci si distruggeva...». E don Luigi volta pagina. «Però bisogna raccontare le cose positive». Così fa codrano noscere «don Tonino Bello innamorato di Dio e degli ultimi, che lottava per loro». Ormai si guardano negli occhi, lo scambio è totale. «Mi fa piacere avervi scoperto. Che vi accolgono, vi accompagnano. Mi dà una gioia immensa. Voi siete protagonisti». Ma un ragazzo replica: «Io no. Nella vita potevo fare di meglio». «Coraggio. Ognuno di noi ha fatto errori. Pensa che sono stato espulso in prima elementare». «E io bocciato in terza».

Don Luigi ricorda quegli anni lontani. «A Torino vivevamo in una baracca. Eravamo giudicati. Eravamo i poveri». E arriva all’episodio di quando lanciò il calamaio contro la maestra che lo aveva apostrofato dicendo «che cosa vuoi tu piccolo montanaro ». «Ti consideravano diverso, ti sentivi diverso». «Se l’avessero fatta a me, mio padre sarebbe venuto a scuola e l’avrebbe appesa a un albero », commenta un ragazzo. «Mia madre mi fece capire che alla violenza verbale non si risponde con la violenza», risponde il sacerdote, però ricorda anche come i genitori dei compagni dicessero ai figli «guai se ti vedo con lui. Ero il compagno cattivo. Ho dovuto cambiare scuola». «Lo stesso che è accaduto a me perché fumavo. Non potevamo uscire insieme. Le famiglie non volevano». L’incontro finisce con la promessa di rivedersi. E quando don Luigi si allontana i ragazzi chiedono a Federica. «È sotto scorta? Come vive? Gli vogliamo chiedere se ha paura».