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Vaccini. Via i brevetti? Europa più distante dagli Usa. Draghi: «Produzione complessa»

Giovanni Maria Del Re, Bruxelles sabato 8 maggio 2021

Mario Draghi

Il vertice di Porto si è chiuso sabato con un chiaro messaggio a Joe Biden: v

uoi sospendere i brevetti sui vaccini? Parliamone, ma la discussione è sul lungo termine, in piena pandemia le urgenze sono altre.

Una sintesi di «posizioni variegate» dei Ventisette, per dirla con il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel (con Angela Merkel che ha ribadito il suo «no»), fornita con chiarezza dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen: «Penso – dice – che sia molto importante che restiamo aperti alla discussione», ma «tutti dobbiamo esser consapevoli che

questi sono temi per il lungo termine, non per il breve e medio, non nel quadro dell’emergenza: ora la chiave è accelerare la produzione

». Una posizione in fin dei conti condivisa anche da Mario Draghi, che in linea di principio è favorevole alla sospensione dei brevetti.


«Gli esperti – premette il premier – mi dicono che un’applicazione temporanea, circoscritta, non dovrebbe essere un grande disincentivo alla ricerca e produzione di altri vaccini». Tuttavia, «liberalizzare i brevetti non garantisce la produzione di vaccini. È una produzione molto complessa, deve essere sicura. E prima di arrivare alla liberalizzazione bisognerebbe rimuovere il blocco delle esportazioni». Punto cruciale, «l’export è il modo migliore per affrontare i colli di bottiglia e la mancanza di vaccini» dice anche Von der Leyen. Dito puntato contro gli Usa, i quali, tuona il presidente francese Emmanuel Macron, «hanno esportato appena il 5%». Invece, sottolinea Von der Leyen, «l’Europa è la farmacia del mondo, ha esportato 200 milioni di dosi su 400 milioni prodotte». Insomma, conclude Draghi, «la proposta di Biden ha aperto una porta, poi vedremo».

In effetti i punti di convergenza dei Ventisette elencati da Michel non contemplano i brevetti. «Primo – spiega – constatiamo progressi significativi sul piano europeo in termini di produzione e distribuzione dei vaccini». Von der Leyen ha snocciolato le cifre: 200 milioni di dosi distribuite, 160 milioni (il 25%) gli europei che hanno avuto almeno la prima. Con l’annuncio della firma del contratto con Pfizer-BioNTech per altri 1,8 miliardi di dosi per il 2021-2023. «Secondo – prosegue Michel – dobbiamo restare attenti e vigili di fronte alle varianti. Terzo, facciamo progressi sul certificato verde digitale. Quarto, l’impegno della Ue per la solidarietà internazionale: nessuno sarà in sicurezza se il mondo intero non sarà in sicurezza».

Bruxelles, che partecipa a Covax (il programma per i vaccini ai Paesi poveri), ha incluso nel nuovo contratto con Pfizer-BionTech, ha detto Von der Leyen, «la possibilità per gli Stati di donare o rivendere le dosi. Il cui numero è così elevato per poter aiutare anche il nostro vicinato», Balcani e Africa.

In realtà il tema del vertice di Porto era l’Europa sociale lanciata a Göteborg nel 2017. Domenica, per altro, a Strasburgo sarà inaugurata la “Conferenza sul futuro dell’Europa”. La dichiarazione finale di Porto recepisce invece gli obiettivi proposti dalla Commissione lo scorso anno per il 2030: 78% degli adulti occupati, il 60% in formazione e riduzione di 15 milioni delle persone a rischio povertà. «L’Europa – si legge – deve essere il continente della coesione sociale e della prosperità», e «il Pilastro sociale europeo è un elemento fondamentale della ripresa». Venerdì c’è stato un blocco di Ungheria e Polonia che alla fine hanno ottenuto di eliminare dalla dichiarazione l’espressione «uguaglianza di genere» in un paragrafo in cui ora si parla solo di «uguaglianza ed equità per ogni individuo». La dichiarazione, ha commentato Draghi, «è la fine di un lungo viaggio per la tutela dei diritti sociali, ci sono voluti quattro anni». E questo sviluppo, aggiunge, «non sarebbe stato possibile se il Regno Unito fosse ancora nell’Ue». Il premier preme ora per rendere strutturale Sure (il sostegno Ue alle casse integrazioni nazionali).

Il programma, ha detto, «è un piccolo passo verso la creazione di un mercato comune del lavoro». In materia, avverte, «non c’è una decisione presa», se ne riparlerà, «così come la discussione sulle politiche di bilancio, nel Consiglio Europeo di giugno».