Attualità

Prostituzione. Donne crocifisse, chi chiede scusa e chi vorrebbe riaprire i bordelli

Aldo Bonaiuto sabato 16 novembre 2019

Caro direttore, il maligno non si rassegna mai, tantomeno quando viene compiuto un gesto simbolicamente fondamentale e senza precedenti. Mentre a Fabriano, al termine della presentazione del mio libro 'Donne crocifisse', il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia, faceva con coraggio e convinzione “mea culpa”, a nome dell’intera classe dirigente del Paese, per l’abominio della tratta a scopo di prostituzione coatta, ad alcune centinaia di chilometri, il governatore della Lombardia tornava ad auspicare la legalizzazione di questa indegna forma di schiavitù.

Eppure è passata soltanto una manciata di mesi dal grido del presidente della Repubblica Sergio Mattarella «mai più schiave », lanciato al Quirinale, la “casa degli italiani” trasformata in luogo di riscatto per la Giornata della Donna dedicata nell’occasione alle vittime della tratta. Parole e impegni opposti, dunque, nelle stesse ore. Il sottosegretario Sibilia, in una sala gremita, ha segnato il limite umano e culturale da non calpestare mai più: «La dignità della persona è sacra, non si comprano un corpo e un’anima, se tutto ha un prezzo, nulla ha più valore». Aria sana, fresca, rigenerante, una richiesta di perdono senza precedenti, talmente inedita da non avere, forse, la ribalta mediatica che merita. Molto più facile e scontato appellarsi alle «necessità fisiologiche» dei maschi, come ha fatto il presidente lombardo Attilio Fontana, per cantare la stucchevole e nauseante filastrocca dei bordelli da riaprire, magari anche per raccattare qualche “marchetta” sotto forma di imposizione fiscale.

Dallo Stato pappone delle vecchie case chiuse passeremmo alla Regione pappona dei moderni ghetti dell’eros. Tre anni fa, papa Francesco venne a visitare una nostra casa rifugio per le vittime della prostituzione coatta e sentì il bisogno di chiedere perdono per tutti i sedicenti cristiani che avevano violato la dignità di quelle che don Oreste Benzi chiamava le «nostre sorelline» e che un direttore di giornale onnipresente in tv, ripetutamente sprezzante nei confronti della dignità umana, bolla scandalosamente come «puttane». Il libro 'Donne crocifisse' si conclude con un sogno: la richiesta di perdono da parte dei governanti. Ora quel sogno inizia a realizzarsi, nonostante il diavolo ci metta continuamente coda e artigli. Certo, non possiamo dire di ritenerci soddisfatti. Però adesso sappiamo cosa ribattere quando qualcuno dirà che solo un’autorità religiosa può chiedere perdono per la mancata osservanza di norme etiche e non certo un governante alle prese con l’amministrazione di questioni concrete. Nulla di più falso! Un crimine contro l’umanità è abbastanza concreto? I politici, insomma, devono scegliere di stare dalla parte di chi chiede perdono, piuttosto che schierarsi con chi vuole continuare a umiliare la dignità delle donne crocifisse.

Sacerdote, associazione Papa Giovanni XXIII