Attualità

La celebrazione a Casal di Principe. Don Diana, a 20 anni dalla morte "uno di noi"

Antonio Maria Mira lunedì 17 marzo 2014
Davvero domenica 16 marzo le strade di Casal di Principe sono state "sempre più blu". Il blu, l'azzurro delle camicie dei 10mila scout dell'Agesci che hanno attraversato le vie del paese casertano per ricordare don Peppe Diana, parroco e capo scout, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 mentre stava per celebrare la messa nella sua parrocchia di S. Nicola. Una fila colorata, gioiosa come sanno essere gli scout, ma anche piena di contenuti. Così le lenzuola bianche di protesta, esposte venti anni fa nel corso del funerale del sacerdote, sono diventate striscioni colorati. "La voglia di cambiare ci spinge a continuare", "Non una conclusione ma un inizio", "1994 c'eravamo, 2014 ci siamo" si legge su alcuni. Annunciare, ascoltare, osservare, sporcarsi le mani, sono le parole chiave di questa iniziativa, reppresentate in tanti modi dalla fantasia e creativitá dei giovani. E poco prima di giungere al cimitero dove è sepolto il sacerdote, ci si sporca le mani di terra, terra di don Peppe, per la quale è morto. Ma prima si fa tappa sotto la sua casa. Al balcone si affaccia mamma Jolanda, assieme ai fratelli di don Peppe, Marisa e Adolfo. Al collo porta il fazzolettone che poco prima le hanno portato i capi dell'Agesci. Sfilano lupetti, coccinelle, esploratori, guide, rover e scolte, roteano i fazzolettoni e così fa mamma Jolanda. "Don Peppe uno di noi, don Peppe uno di noi", è l'urlo ritmato che rimbomba nella via. E ancora: "Dopo venti anni ci siamo ancora contro la camorra qui e ora". Tanti occhi sono lucidi, ma oggi è autorizzato commuoversi. Ed eccoci nel grande piazzale del cimitero che si riempie di azzurro. Da un lato il palco col grande striscione con lo slogan "La strada è sempre più blu", dall'altro l'alzabandiera costruito in legno e legature in perfetto stile scout. Una delegazione di capi raggiunge la tomba di don Peppe. Un saluto e una preghiera in silenzio. Poi tutti insieme, tra canti, testimonianze, riflessioni. "Prometto sul mio onore di non tacere mai", parole che uniscono l'inizio della Promessa scout al titolo del documento del 1991 di don Diana e degli altri parroci della Forania, "In nome del mio popolo non tacerò". Ci si rivolge direttamente al parroco e fratello scout. "Don Peppe apri le braccia e accogli l'abbraccio di questa piazza". Sul palco salgono Adolfo e Marisa. "Voi siete testimoni di Peppino, vi vogliamo bene". Si leggono la Promessa e la Legge scout e anche i primi articoli della Costituzione. È il momento della celebrazione eucaristica. Il vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo, circondato da tanti sacerdoti, molti col fazzolettone sul camice, sottolinea "la gioia di condividere la speranza, la stessa per la quale è vissuto e morto don Peppino". Che, aggiunge, "ha sentito il fascino della chiamata di Dio che illuminava la sua vita, sempre portando agli altri la benedizione del Signore, fino al suo Calvario". Ma non è solo memoria. "Oggi - esorta il vescovo - don Peppino vive qui, nel nostro essere in cammino per annunciare la benedizione di Dio". All'offertorio anche i doni uniscono memoria e impegno: la camicia scout di don Peppe e il suo zaino, la Legge scout e la Costituzione, il "Pacco alla camorra", pieno dei prodotti delle cooperative giovanili, segno del riscatto, e infine una rete dove ogni nodo è importante ma è l'insieme che conta. Ancora canti, ancora mjgliaia di fazzolettoni al vento. Poi l'ultimo impegno. "Portate i lenzuoli alla Route nazionale di agosto e dite: vengono dalle "Terre di don Peppe Diana". Avanti, dritti al futuro. Buon cammino!". Don Peppino davvero vive ancora. E cammina coi suoi fratelli scout.