Attualità

L'INCHIESTA. Divorzio breve, proposta di legge che toglie futuro

Viviana Daloiso venerdì 23 marzo 2012
La discussione è stata nuovamente rinviata in Commissione affari costituzionali, ieri. E grazie a cavilli e dubbi tecnici (come quello sui modi e i tempi dell’applicazione della norma), forse per qualche settimana ancora non vedremo approvato il testo di legge sul divorzio breve, a quel punto pronto per essere votato in Parlamento. “Prodigi” della politica, che in tempi di governo tecnico e priorità economiche, si concentra su temi evidentemente giudicati fondamentali per il bene comune. E la proposta viene addirittura presentata come di facile lettura e comprensione. Tanto che in commissione Giustizia – dove è stata illustrata dal relatore Maurizio Paniz (Pdl) – è piaciuta praticamente a tutti.Questi gli ormai noti contenuti: primo, si stabilisce una decisa riduzione dei tempi di durata della separazione necessaria prima di ottenere il divorzio da tre a un anno (durata che può salire sino a due anni quando la coppia ha figli ancora minorenni); secondo, si interviene sul fronte patrimoniale, disponendo lo scioglimento altrettanto rapido del regime di comunione tra i coniugi. Insomma, ecco accontentato il “sogno” di un divorzio rapido e (forse) indolore, che a chi l’ha appoggiato sin dall’inizio come il presidente della stessa Commissione giustizia, l’avvocato Giulia Bongiorno, pare una «norma di civiltà giuridica».Ma per chi? Per la coppia? O solo per chi dei due ha preso la decisione? O forse per i bambini, che nello spazio di due anni appena possono trovarsi un nuovo “compagno” di mamma e papà per casa? «È una proposta per la quale ribadiamo, come in passato, il nostro deciso "no" – ha tuonato immediatamente il Forum delle associazioni familiari, per bocca del suo presidente Francesco Belletti –. Una società che semplifica il divorzio è una società che getta la spugna innanzi alle difficoltà delle coppie, che le abbandona alle loro crisi e ai loro problemi». E in effetti ciò che più emerge, sempre nei discorsi dei sostenitori della proposta di legge, è proprio l’urgenza della “semplificazione” e quasi dell’anestesia sociale al divorzio, «mentre la vera sfida – ha fatto eco a Belletti don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia – dovrebbe essere quella di sostenere le coppie nei loro momenti bui, di aiutarle». Servizi, quelli dell’accompagnamento e della mediazione, che andrebbero rilanciati a ogni livello e di cui tuttavia da più parti si lamenta un vuoto sostanziale. E questo a differenza di molti Paesi europei, come quelli scandinavi per esempio, dove non per scelte confessionali ma proprio per questioni di civiltà e di rispetto della famiglia come nucleo fondante della società, questi servizi sono obbligatori.Il rischio di tanta “fretta” nel dividersi? «Rendere ancora più fragile il tessuto sociale, di cui la famiglia è fattore indispensabile – ha messo in luce don Gentili –. Facilitare il divorzio significa rendere anche meno consapevole la scelta del matrimonio. Scegliere di donarsi a un altra persona sapendo che in un anno si può tornare indietro, è molto lontano dal "per sempre" insito nel sacramento. E sapere che si può tornare indietro è una tentazione forte, che andrebbe scongiurata».