Attualità

IL PROGETTO SANT'EGIDIO. Disabile ad alto rischio È «omesso soccorso»?

Pino Ciociola martedì 18 maggio 2010
Adesso qualcuno dovrà rispondere al Tribunale di Civitavecchia, che non potrà non chiedere conto (presto) di quanto è accaduto e accade. Visto che se già finora ad Anita, disabile gravissima, hanno sfilato il diritto a vivere dignitosamente, entro qualche mese resterà sicuramente uccisa dalle polveri dei lavori edili appena cominciati alla sua palazzina, voluti dalla Regione Lazio e benedetti dai condòmini. E visto che le preghiere del marito alle istituzioni perché venisse assegnato loro un nuovo alloggio sono, sistematicamente, finite nel nulla.Associazioni pronte a schierarsi. Questa donna è da anni ostaggio – anche "fisicamente" – dell’indifferenza e del disprezzo istituzionali. Tanto che ieri mattina è stato depositato in Tribunale, a Civitavecchia (competente per territorio), un durissimo ricorso «urgente» contro il Comune di Fiumicino, la Regione e l’Ater, nel quale il reato più pesante fra quelli ipotizzati è l’omissione di soccorso. Tanto che alcune associazioni di disabili stanno per scendere sul piede di guerra e, se necessario, sono pronte ad andare anch’esse in giudizio.Scaricabarile incredibile. Comune, Asl e Regione hanno infatti ciascuno e sempre voltato la testa, ignorando la disperazione e le paure di Francesco e Chiara, marito e figlia di Anita. Donna trentaseienne disabile al cento per cento, con minima responsività, tracheostomia e Peg, con paralisi dei muscoli volontari del corpo (a parte occhi, bocca, mano destra e braccio sinistro). Senza più un pezzo di cervello e un quinto di scatola cranica. E con un certificato medico datato 19 settembre 2009 nel quale è attestato che «necessita di respirazione libera da agenti polverosi».Inchiodata a letto e non doma. Eppure Anita piange e ride. Lo scorso Natale, faticosamente, ha scritto "Ciao Pino" su un biglietto d’auguri e di tanto in tanto, con grafia spezzata, manda così due o tre parole a chi vuol bene. Essere inchiodata in un letto l’ha resa leonessa: sfodera gli artigli dalla notte del 19 marzo 2006, quando un aneurisma cerebrale fece dire ai medici «inutile operarla, questa muore fra poco».Trenta metri quadri al secondo piano. E da quella notte ha affrontato e sconfitto una buona decina di volte la morte, che voleva portarsela via con diverse infezioni e polmoniti e crisi respiratorie. Ma i suoi artigli da soli non le basterebbero: combattono con lei e per lei Francesco, Chiara e la mamma di Francesco, Silvana. Stessa barca per loro quattro, stesso amore più forte delle umiliazioni e delle ingiustizie e stessa casa, cioè 30 (trenta) metri quadrati di un secondo piano, senza ascensore, dell"Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica". A Isola Sacra, piccola frazione di Fiumicino, dove gli aerei ti spettinano mentre atterrano e decollano. Dove Francesco, nelle belle giornate, si carica Anita sulle spalle per quattro rampe di scale in discesa e, al ritorno, in salita, naturalmente non prima d’aver fatto lo stesso con la sua speciale carrozzella.Poche parole, nessun fatto. Insomma, un gioco delle tre carte condito di promesse: l’ultima presa in giro è arrivata dalla Regione Lazio. L’allarme sulla situazione di Anita venne lanciato da queste pagine lo scorso 14 ottobre (dopo che Avvenire si era occupato della sua storia già il 22 maggio sempre del 2009): qualche giorno e un’alta funzionaria regionale telefonò a Francesco, «Non si preoccupi, signor Secci, entro una settimana vi troveremo una nuova e dignitosa sistemazione!». Passarono altri tre giorni, scoppiò il caso Marrazzo e quella funzionaria Francesco non l’ha mai più sentita. Nel frattempo dalla Asl locale si sente ripetere come un disco rotto che «non possiamo fare nulla». Nel frattempo ha aspettato mesi soltanto per essere ricevuto dal sindaco di Fiumicino, Mario Canapini.Istituzioni sorde e mute. E l’Ater, proprietaria della casa? L’unica dichiarazione ufficiale resta quella del presidente Romolo Rea nel maggio 2009, attraverso la quale fece sapere d’essere «incompetente» per un eventuale cambio di alloggio e d’«avere interessato della questione» il Comune di Fiumicino. Che, appunto, resta sordo e muto.