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Il dopovoto. Renzi: deluso, mi dimetto. Salvini: tocca a noi. Di Maio: aperti a tutti

Marco Iasevoli lunedì 5 marzo 2018

Renzi alla conferenza stampa in cui ha annunciato le sue dimissioni da segretario Pd (Ansa)

Mentre ancora arrivano i dati dalle sezioni, l'impatto del voto sui partiti e sulle coalizioni è già significativo.

Renzi si dimette? Annunci e smentite. Poi l'annuncio

Nel pomeriggio ha tenuto banco la decisione del grande sconfitto delle elezioni, il segretario del Pd Matteo Renzi. Ieri notte l'ex capogruppo alla Camera Ettore Rosato aveva dettato la linea: "Saremo opposizione". All'ordine del giorno però c'è stata la posizione del segretario e al secondo punto la linea da assumere: la linea di opposizione netta indicata da Renzi? Una linea di disponibilità a un governo di scopo con il centrodestra? Una linea di discontinuità che apre anche a un dialogo con M5S? In mattinata poi l'ipotesi delle dimissioni del segretario è divenuta un vero e proprio giallo. Un lancio delle agenzie di stampa le annunciava al mattino come già decise, ma il portavoce di Renzi aveva smentito: "Dimissioni? A noi non risultano".

«Riconosciamo la sconfitta e apriamo una fase nuova»

E dopo un'attesa snervante, con la conferenza stampa del segretario Pd annunciata per le 16 e poi rimandata fino alle 18.10, ecco in pillole il discorso di Renzi: «Chi ha vinto le elezioni non ha i numeri per governare. Questo nasce dalla vicenda referendaria. Questa campagna elettorale è stata segnata dalle bugie. E la bugia più grande è: non faremo accordi. Lo sbaglio per noi è stato non votare nelle due finestre del 2017, quando la campagna sarebbe stata centrata sui tempi europei. Lo sbaglio per noi è stato una campagna tecnica, in cui non siamo stati capaci di comunicare le cose che abbiamo fatto e quello che avremmo voluto fare. A ciò si aggiunge il vento estremista che nel 2014 siamo riusciti a fermare e stavolta no. Per questo il risultato è deludente. L'emblema di questa delusione è il collegio di Pesaro in cui un ministro come Marco Minniti ha perso contro un candidato definito impresentabile dagli stessi 4 stelle. Io lascio la guida del Partito democratico. Matteo Orfini convocherà una assemblea nazionale per aprire la fase congressuale". Questo accadrà al termine dell'insediamento del Parlamento e del governo, quindi non nell'immediatezza, elemento che ha suscitato qualche polemica interna al partito.

Antieuropeismo, antipolitica e l'utilizzo dell'odio verbale nei confronti degli avversari politici: "Ecco le tre caratteristiche che ci dividono da Di Maio e da Salvini. Saremo all'opposizione, lì ci hanno mandato gli elettori. Saremo responsabili".

"Che cosa farò io?", si chiede Renzi. "Farò il senatore semplice del mio territorio. È una sfida affascinante". Poi l'orgoglio di chi "ha lasciato una casa in ordine". Ed elenca le cose che dividono il Pd dalle "forze antisistema" e i tre no irrinunciabili: agli inciuci, ai caminetti ristretti e agli estremismi.

Salvini: tocca al centrodestra. Ma attacca euro e Ue

Se il candidato-premier Luigi Di Maio ha annunciato una conferenza stampa a ora di pranzo, l'altro "vincitore", il leader della Lega Matteo Salvini, gioca d'anticipo: "Per noi è una vittoria straordinaria, un voto per il futuro. Ora abbiamo il diritto e il dovere di governare con il centrodestra. Siamo la coalizione più vicina ad avere una maggioranza alla Camera e al Senato, a seggi chiusi lavoreremo perché la nostra squadra arrivi a essere maggioranza". Sono parole che dimostrano la ferma intenzione di Salvini di ottenere un incarico dal capo dello Stato Sergio Mattarella. Accompagnate però da vari avvertimenti: "Resterò populista, è un dovere ascoltare il popolo. L'euro è e rimane una moneta sbagliata e una scelta sbagliata. E spero che Juncker resti presidente della Commissione il meno possibile". Per gli addetti ai lavori questa ultima parte delle sue affermazioni ha lo scopo di tenere aperta una porta a M5S per una sorta di "piano B".



Di Maio: solo noi forza nazionale. Patto aperto a tutti già dalla presidenza delle Camere

Salvini quindi mostra due volti. Da un lato sembra voler allontanare sul nascere le voci circa eventuali alleanze con M5S, dall'altro sull'euroscetticismo cerca terreni comuni con i pentastellati. Diversa la partita che giocano i pentastellati. Ieri notte, a spoglio in corso, Alessandro Di Battista ha parlato di "apoteosi e trionfo", poi ha aperto la strada in cui si collocherà Di Maio: "Tutti dovranno venire a parlare con noi". Il giovane candidato-premier del Movimento ha poi preso la parola verso le 12.30, dopo un colloquio con Grillo e Davide Casaleggio: "Siamo i vincitori assoluti. Solo noi siamo una forza nazionale che prende consensi lungo tutto lo Stivale. Gli altri - dice con riferimento alla Lega - rappresentano solo singoli territori. Le coalizioni non hanno i numeri. Ciò ci proietta verso il governo del Paese. Sentiamo la responsabilità di dare un governo all'Italia. Gli elettori ci hanno votato per i temi, non per ideologia. Poveri e tagli alla politica, immigrazione e sicurezza, tasse e imprese. Siamo aperti a tutti, sin dall'individuazione delle figure di garanzia ai vertici di Camera e Senato". Di Maio si è detto certo della "sensibilità e autorevolezza" di Sergio Mattarella e poi ha chiosato: "Inizia la Terza Repubblica, quella dei cittadini".


Berlusconi incontra Salvini: la coalizione dovrà ottenere il mandato di governare

I tempi però sono prematuri per questi ragionamenti. Mancano i risultati dei collegi uninominali. E la situazione nei partiti non è fluida. Forza Italia, ad esempio, è attendista. Deve "leggere" bene il sorpasso interno operato dalla Lega e misurare le parole prima di pronunciarsi nettamente a favorare di un tentativo di governo guidato da Matteo Salvini. Ieri notte l'ex capogruppo forzista al Senato Paolo Romani escludeva nettamente l'ipotesi di un accordo Lega-M5S. Tuttavia gli affondi anti-euro di Salvini creano imbarazzo data l'appartenenza di Fi al Partito popolare europeo. Anche uno dei fondatori di Fratelli d'Italia, Ignazio La Russa, conferma l'indisponibilità del suo partito a governi che non siano emanazione della coalizione di centrodestra.

Nel pomeriggio Berlusconi ha incontrato Salvini: "Forza Italia ha raccolto un consenso importante - si legge in un comunicato emanato al termine dell'incontro -. Il presidente Berlusconi ha confermato a Salvini che con questo risultato le forze del centro-destra potranno rafforzare la coalizione che dovrà ottenere il mandato di governare l'Italia per far ripartire il nostro Paese".

Resa dei conti anche in Leu: non basta l'antirenzismo

Bocche cucite nel quartier generale degli altri sconfitti, in particolare in Liberi e uguali. L'unica voce pubblica è stata quella critica di Stefano Fassina: "Ci siamo presentanti come pre-renziani e post-renziani, non con un profilo autonomo". La resa dei conti interna al neonato partito di sinistra potrebbe portare ad una immediata divisione della striminzita pattuglia parlamentare eletta da Leu. Alle 14.30 conferenza stampa di Grasso con i giovani Fratoianni e Speranza. Assenti i big Bersani e D'Alema.

E Grasso si è dichiarato deluso dai risultati ma determinato a portare avanti il progetto di Leu "con pazienza e umiltà": "continueremo a essere gli alfieri dei valori della sinistra, in Parlamento". "Abbiamo preso un milione e 100mila voti», ha detto Grasso ringraziando gli elettori. Quanto al futuro, con Di Maio "c'è un confronto aperto e il luogo è il Parlamento". Con la destra però no, "non siamo pronti nemmeno a dialogare".

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