Attualità

L'intervista. Delrio: «Revisione selettiva della spesa»

Arturo Celletti ed Eugenio Fatigante giovedì 10 aprile 2014
«Vogliamo un’Italia più semplice e più coraggiosa. Un’Italia capace di offrire nuove opportunità ai giovani, di creare condizioni che diano a tutti la possibilità di mettersi in gioco. E dove ognuno sa che cosa fa e qual è la propria responsabilità. Un’Italia più simile agli altri Paesi europei, quindi meno diseguale». Graziano Delrio abbozza un sorriso velato da una leggera malinconia. «Sarà una grande fatica, anzi, lo è già da settimane. Ma serve coraggio. Il coraggio di rischiare e di dire no. Alla paura di cambiamento. E ai veti incrociati». Ancora una pausa. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio riflette qualche istante. Poi confida: «Non ci aspettiamo applausi sulla revisione della spesa. Anzi le confesso un timore che non va via: non c’è sufficiente consapevolezza di dover affrontare uno sforzo collettivo. Questo Paese è stato viziatissimo dalla politica e ancora si paga un prezzo».Palazzo Chigi, ore 11. Lo studio del sottosegretario è arredato con sobrietà. Un tavolo basso, un divano di pelle nera, tre quadri antichi alle pareti. C’è un tv acceso sul Televideo e una lavagna con cifre e grafici. Delrio ragiona ancora sulle novità del Documento di economia e finanza varato la sera prima, ma anche su quello che verrà, dalle nomine a Berlusconi, dalle riforme alla Tasi. E rivela la sua sveglia "particolare": «Con Renzi ci siamo messaggiati stamani alle 6. Per fissare la prossima sfida...». Un sorriso e un’altra pausa: «...è affrontare in maniera frontale il tema della Pubblica amministrazione, la semplificazione, l’Agenda digitale. È tutto complicato, ma tutto va fatto».Delrio, che Def è questo?Abbiamo dimostrato di aver fatto un Def prudente e pesante, che si fa carico di una situazione ancora complessa, con una ripresa che non ha la forza che ci si aspettava. Lo 0,8% di crescita indicata per il 2014? È un valore in cui non sono del tutto inserite alcune dinamiche economiche: la ripresa dei consumi, degli investimenti, il ritorno degli investitori esteri. Se noi mettiamo 6,7 miliardi nelle tasche degli italiani, spero che almeno una parte - fosse anche un 10% - ritorni in consumi e in imposte.Positiva è l’estensione del bonus agli incapienti, sotto gli 8mila euro. Come avverrà?Nelle nostre intenzioni dovrebbe essere contemporanea al pagamento degli 80 euro in busta-paga. Stiamo vedendo come realizzarlo, tecnicamente è una cosa complessissima.Come riuscirete a fare tutto restando nei 6,7 miliardi?Ci sarà una caduta più netta dei beneficiari delle detrazioni Irpef maggiorate di 80 euro. Cioè, oltre la soglia dei 25mila euro la spalmatura sarà molto ristretta, senza ampliare la platea degli ammessi allo sgravio.Pagano di più le banche.Non saranno felici. Ma abbiamo posto rimedio a un’aliquota privilegiata che non aveva giustificazione.Un altro segnale forte è il tetto di 238mila euro alle retribuzioni per i dirigenti. Palazzo Chigi darà per primo l’esempio?Sì, lo faremo. E anche se mediamente già non lo superiamo, andremo nettamente sotto il tetto. Per i dirigenti ci saranno delle decurtazioni, a partire dai prossimi rinnovi contrattuali. Poi c’è il tema dell’ampliamento ai vertici degli organi costituzionali e della magistratura: sto avendo contatti con tutti e ho trovato sempre grande collaborazione. Tutti sembrano rendersi conto che non è un messaggio irrilevante rispetto al recupero di fiducia nell’opinione pubblica, ma aspettiamo i fatti.L’aver previsto, come copertura, un maggior contributo dalle tasse vuole dire che anche il governo nutre qualche dubbio sulla fattibilità della spending review?No. La revisione della spesa, essendo una cosa seria - 32 miliardi in tre anni -, deve essere organica, non fatta coi tagli lineari del passato che continuo a considerare illegittimi, sbagliati, ingiusti. Noi non faremo così.Che vuole dire?Il 18, assieme al "taglia-Irpef", vareremo uno o più decreti per riorganizzare la spesa pubblica. Abbiamo già una base di dati immensa per farlo. E non hanno ragione di esistere 35mila centrali appaltanti per comprare beni e servizi. E qui voglio fissare un punto: non sarà un intervento uguale per tutti. Sulla sanità, a esempio, una Regione che finora ha fatto meno dovrà dare di più in termini di efficienza della spesa. Quelli, invece, che hanno agito bene non devono temere nulla. Io a Reggio Emilia per 10 anni guidavo una Panda a metano, non avevo timore quindi di perdere l’auto blu. Vuole un titolo? Colpiremo privilegi e inefficienze perchè il denaro pubblico è un bene preziosissimo. Poi un’ultima precisazione: non vogliamo fare tagli ai servizi.Altri interventi in agenda?Possiamo aggregare molto anche al livello di quella miriade di aziendine municipalizzate che fanno più o meno le stesse cose. Ci sarà un provvedimento legislativo ad hoc, con degli incentivi. Poi c’è la giustizia civile: è assurdo che una causa duri ancora 600 giorni in media, dobbiamo puntare a ridurre questo tempo del 20% l’anno in 3-4 anni.La riforma delle Province porta risparmi?Sono pronto a scommettere che, a regime, nei prossimi 8-12 mesi arriverà a dare 500 milioni di euro l’anno. Nel giro di 3-4 anni questa cifra salirà a oltre un miliardo.E il nuovo Senato? Va in porto?I paletti fondamentali vanno assolutamente rispettati. Il Senato non potrà più essere elettivo anche perchè c’é una cosa su cui non si sta riflettendo abbastanza: l’elezione diretta porta sempre con sé un pericolo di sovrapposizione delle funzioni, il bicameralismo non si supera così. Eppure nel "suo" Pd c’è chi, come Chiti, sembra non capire.La Costituzione ha una sua sacralità e va sempre cambiata con assoluta attenzione. Ma non facciamo che la riforma non sia più una riforma. Se la mettiamo in discussione nei punti essenziali, la riforma non avrà alcun effetto e questo proprio non si può accettare.Però la proposta Chiti ha il "pregio" di una riduzione più spiccata dei parlamentari, fino alla metà.Sul numero dei parlamentari, si può ragionare.  Noi abbiamo fatto una proposta leggibile e non può perdere la sua chiarezza. Se poi vogliamo giocare al rialzo, riducendo anche i deputati, per noi va benissimo. Fa parte della libera discussione del Parlamento.Per le riforme, però, serve o no Berlusconi?Berlusconi è un politico come tutti gli altri. È credibile quando rispetta gli accordi che si fanno, non lo è quando si sottrae. Finora è stato al punto e, dunque, è stato credibile, i fatti diranno se continuerà a esserlo. Ma la scelta di scrivere le regole insieme era e rimane giusta e prescinde dalle persone che hai davanti.Resta l’incognita del ritorno alle urne in agguato...Passare dal voto resta la strada più giusta. Ma ora il Paese deve mettere a posto delle questioni. Questa è una fase come fu per la Germania di Schroeder. La Grande coalizione ha il compito di fissare regole comuni per poi tornare al voto. Anche per questo si è accelerata l’uscita del governo precedente: rischiava di fare gli ultimi sei mesi in una condizione di agonia e di immobilismo dal punto di vista delle riforme. Questo esecutivo, avendo un orizzonte più lungo, può fare di più. Si va avanti fino al 2018. Non esistono retropensieri. Poi, se i partiti vogliono fare altre scelte...Risparmi sono attesi anche sul programma per gli F35. Arriveranno?Essendo un profondo autonomista, sia in senso sturziano che einaudiano, dico sempre ai ministri: questo è l’obiettivo, scegliete voi la strada. Dalla difesa ci attendiamo 2 miliardi nei prossimi tre anni. Faranno parte del cumulo della spending. I soldi che andranno in tasca agli italiani e alle imprese dipendono dai risparmi che faremo in tutti i settori. Sugli F35, in particolare, io ho sempre pensato che la revisione del programma non fosse la fine del mondo.A giugno, poi, arriverà la Tasi. Sarà una stangata che annullerà le detrazioni Irpef?No, è fuori discussione. Abbiamo lottato per fissare l’obbligo che, se un Comune aumenta le aliquote, sarà costretto a ripristinare le detrazioni. L’abbiamo voluto perché altrimenti la Tasi rischiava di essere una tassa con problemi di iniquità altissima. Invito con forza i Comuni a trasformarla, con le detrazioni, in una tassa equilibrata.Sul governo Renzi sono riposte anche le residue chances di una svolta sul trattamento fiscale per le famiglie con figli.Dopo il lavoro su Irpef e Irap, penso che il governo dovrà dare un segnale fortissimo per coloro che hanno un reddito reale inferiore rispetto agli altri nuclei. I figli sono un bene pubblico, più aumentano più si pagano contributi, più crescono i consumi. Ma sui tempi non sono in grado di fare promesse. La famiglia, in ogni caso, sta bene se sta bene il Paese, se c’è occupazione. È l’insieme delle condizioni che crea un habitat loro favorevole.Renzi delinea, nel complesso, una rivoluzione. Pensate di trovare pronto il Paese?Ho paura che non ci sia una sufficiente consapevolezza. Questo Paese teme la fatica. Pensa che le soluzioni siano fatte quando sono annunciate, ma poi ha paura della costruzione quotidiana delle soluzioni. E invece c’è una fatica quotidiana da affrontare, che va ben al di là di un sottosegretario che dorme poco, e io non supero le 5 ore. Serve uno sforzo collettivo se vogliamo liberarci da quei vincoli che ci hanno impedito di essere un grande Paese, non si può pensare solo a quello che deve fare chi ti sta a fianco. Uno sforzo fatto di grandi rinunce, ma pure di piccoli gesti: il sorriso dell’operatore del Comune, il funzionario che non ti fa attendere 7 mesi per una pratica. Purtroppo questo è stato un Paese viziatissimo dalla politica, e anche da un certo nostro atteggiamento culturale. Siamo un Paese che ancora non sta andando bene, e invece diamo a tutti dei premi di risultato. Per cosa li diamo?Ci indica un errore fatto in questi 50 giorni?Per il decreto lavoro, abbiamo un problema da correggere sull’apprendistato e il legame con la formazione, anche per adeguare in maniera coerente la normativa con quella Ue.Capitolo nomine: cosa può dire agli italiani?Saranno assolutamente sorpresi. Faremo scelte di discontinuità. Stiamo valutando con grande attenzione energie nuove, senza disperdere quelle migliori già presenti. Scelte basate sull’orgoglio delle grandi aziende che vanno bene e che meritano uomini migliori e sulla meritocrazia.Per chiudere: ma com’è da vicino Renzi?Da fuori pare uno arrogante, e invece Matteo ha un’attenzione quasi maniacale alle persone. Lo chiamo Mosè e lui è realmente come Mosè quando dice a Dio "non mi separare dal mio popolo". Matteo sta con il suo popolo, ha una capacità di ascolto che non gli viene riconosciuta. Ha fatto sempre così e continuerà a farlo.