Attualità

Quirinale. Decreti "omnibus", nuovo monito di Mattarella ai presidenti delle Camere

Angelo Picariello venerdì 26 maggio 2023

«L'incontro di ieri al Quirinale con il presidente Mattarella sarà una prassi. Ci vedremo in maniera continuativa». Il presidente della Camera Lorenzo Fontana, intercettato al termine dell’incontro con il presidente dell’Albania Begaj, spiega così il vertice tenutosi tra le tre più alte cariche dello Stato, presente anche il presidente del Senato Ignazio La Russa. Un incontro “ordinario”, a quanto trapela anche dal Quirinale, senza che si possa parlare di una “convocazione” al Colle dei due presidenti, da inquadrare però nell’ambito di una criticità segnalata più volte da Sergio Mattarella, e in precedenza anche da Giorgio Napolitano, circa la tendenza ad inserire nei decreti, in sede di conversione, emendamenti in gran numero e in modo per niente pertinente al tema originario che sorregge la procedura di necessità e urgenza. Sono i cosiddetti “decreti omnibus”, una prassi contro la quale si spende da lunghi anni il Quirinale in difesa delle sue prerogative.

Si rende quindi necessario un monitoraggio periodico e congiunto da parte delle due Camere per consentire al Capo dello Stato di svolgere il suo compito derivante dal comma 5 dell’articolo 87 della Costituzione (nel quale si stabilisce che il presidente della Repubblica «promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti»), senza che sia di fatto “costretto” a dare il via libera in ragione della reale necessità e urgenza del locomotore al quale vengono agganciati un numero di vagoni a volte illimitati ed eterogenei.

La questione era emersa in sede di conversione del cosiddetto Milleproroghe, decreto simbolo di questa cattiva prassi istituzionale. Il Presidente della Repubblica dopo aver promulgato la legge di conversione del decreto del 29 dicembre 2022 n. 198 ("Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi") inviò contestualmente a La Russa, e Fontana, e anche alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, una lettera in cui lamentava l’inserimento, nel corso del dibattito parlamentare, di 205 commi aggiuntivi rispetto ai (già non pochi) 149 originari. L’invito era, ed è, «a ricondurre la decretazione d’urgenza entro i limiti costituzionali» e a «favorire una valutazione più rigorosa degli emendamenti». In particolare nella lettera si lamentava «in materia di concessioni demaniali», ossia sulla proroga delle concessioni balneari, la presenza di «profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive».

Di qui la necessità, si è convenuto, di vedersi periodicamente, anche per garantire un migliore esercizio della funzione legislativa, che vede il Quirinale-arbitro nel ruolo di garante.

Nessun riferimento specifico, nell’incontro di ieri, alla nuova fase emergenziale che si registra, e che renderà probabilmente necessario intervenire con nuovi decreti d’urgenza, per l’alluvione in Emilia Romagna. Mentre un primo effetto del nuovo monito del Colle scaturito nell’incontro di ieri sembra esserci sulla conversione del decreto sulla Pubblica amministrazione. Gli emendamenti presentati nelle Commissioni Affari costituzionali e Lavoro di Montecitorio due settimane fa erano 580; si è poi deciso che i gruppi segnalassero quelli importanti, che martedì scorso erano ridotti alla metà. Una riunione tra governo e maggioranza ha sbloccato oggi l'esame del decreto, un “omnibus”, sul quale i diversi ministeri attraverso i gruppi parlamentari, avevano fatto presentare emendamenti con costi complessivi eccessivi. Alla riunione sul decreto, il governo ha annunciato che troverà al proprio interno un accordo sugli emendamenti; inoltre ha chiesto ai gruppi di maggioranza di ritirare gli emendamenti a cui darebbe, altrimenti, parere contrario. Il governo chiederà lunedì un incontro anche alle opposizioni per definire quanti e quali emendamenti mandare avanti.